27 agosto 2018

Invito alla lettura: Di notte... le stelle


Ho iniziato a leggere la prefazione e mi sono immedesimata nell'autrice, una insegnante, che prova interesse per lo studente che confida problemi, situazioni, sogni, aspettative sul suo non facile avvenire. È accaduto alla scrittrice, insegnante in una scuola molto speciale, la Casa Circondariale "Luigi Bodenza" di Enna.
Nel carcere di Enna fu rinchiuso Faisal, un ragazzo di colore proveniente dal Ghana, educato in una famiglia che, nonostante tutto, conduceva una vita serena e dignitosa. Una famiglia numerosa con un padre severo che diventa spesso manesco alle sue tante bugie. Faisal cresce con una disciplina quasi militare.
L’andamento famigliare peggiora con le crisi economiche del Ghana e la difficoltà del padre a trovare un lavoro.
Faisal a diciannove anni, con la tristezza nel cuore di ogni migrante lascia la madre, la casa, abbandona il suo paese e si trasferisce in Libia.
In Libia, prima della rivoluzione e la caduta di Gheddafi, si inserisce subito, trova un lavoro e con quello che guadagna riesce ad aiutare la sua famiglia.
Dopo qualche anno la situazione politica cambia. Campagne di accuse a paesi stranieri causano un clima di diffidenza e di odio verso la gente di colore. La rivoluzione, le violenze e la caduta di Gheddafi fanno decidere Faisal ad abbandonare la Libia.
Un'impresa che si presenta subito difficile e piena di ostacoli; il paese è chiuso, anche riattraversare il deserto verso sud, attraverso il Niger, non è possibile. Unica via di fuga è il Mediterraneo.
A Faisal la traversata verso il “sogno dell’Italia” sembra facile, ha denaro a sufficienza e la volontà di mettersi in salvo.
La testimonianza di Faisal sul viaggio di questi tanti disperati, uomini, donne, bambini piccolissimi, è un incubo angoscioso che nessuno dovrebbe essere costretto a vivere.
L’Avaria dell’imbarcazione, porterà a momenti di follia e di ferocia e alla morte di molti di loro. Dopo molti giorni di deriva le motovedette italiane salveranno i superstiti: Faisal è uno di loro.
Alla gioia di essersi salvato segue quasi subito il tormento e la sofferenza del carcere. Viene accusato di omicidio e di delitti che non ha commesso, da innocente è condannato a 14 anni.
Per descrivere l’afflizione del carcere l’Autrice scriverà: “vedo chiudere alle mie spalle ben sette, dico sette, tra porte di ferro blindate e pesanti cancelli”. Ho immaginato di vedere quegli uomini dietro le sbarre, nelle loro celle, trascinarsi in una vita che perde di senso con la perdita della libertà personale.
Durante la carcerazione Faisal fa tesoro dei diversi insegnamenti, impara a cucinare, a leggere e parlare l'italiano e questo gli permette di lavorare ed entrare in contatto con insegnanti ed educatori, capaci di ascoltarlo e consigliarlo. Faisal è un giovane non rassegnato, fiducioso nella Legge.
Dopo 4 anni di carcere Faisal avrà giustizia..."è stato assolto per non aver commesso il fatto".
Nella postfazione di questo agile volumetto, che si legge in poco tempo; il suo avvocato difensore descrive, in un breve resoconto, come superati i pregiudizi iniziali si convince dell’innocenza del ragazzo. Per la verità un resoconto troppo breve; avrebbe potuto spendere qualche riga in più per spiegare la situazione kafkiana nella quale viene scaraventato Faisal.
Non si comprende chi sono gli accusatori che lo portano in carcere e il perché di accuse tanto gravi fatte a un innocente. Incomprensibile anche la motivazione dell’assoluzione che ci da l’avvocato. Faisal sarebbe stato assolto perché da buon musulmano, come tale, non avrebbe potuto commettere omicidi per superstizione o per riti magici, e perciò credibile, a differenza di altri accusati, suoi compagni di traversata, poi condannati definitivamente , ma di religione cristiana.
Dopo l’assoluzione, Faisal è un uomo libero, ha trovato un lavoro come mediatore culturale e vive a Enna. Ha conosciuto e si è innamorato di una ragazza, una operatrice del centro di accoglienza, e con lei è nato un amore.
Consiglio la lettura “Di notte... le stelle”. Un libro breve ma intenso. Pagine che ci mettono davanti agli occhi un resoconto terribile e terrificante di una umanità in fuga da guerre, persecuzioni e fame. Una storia reale di uomini, donne, bambini che muoiono in situazioni angosciose.
Pagine che dovrebbero fare riflettere, soprattutto coloro che girano indifferenti la testa da un’altra parte, e quei cuori che hanno perso ogni briciola di umanità.

Lina Viola


Il libro di Filippa La Porta è disponibile in biblioteca. Prenota qui.



20 agosto 2018

Invito alla lettura: Ogni Respiro di Nicholas Sparks


Ogni Respiro
è il ventesimo romanzo di Nicholas Sparks. Un romanzo d'amore, che lo scrittore, come sempre, sa ben confezionare.
Tru Walls divorziato, con un figlio, fa la guida in una riserva naturale in Africa, nello Zimbabwe, e si occupa di safari. Hope Anderson è un’infermiera con un fidanzamento in crisi alla ricerca della solita pausa di riflessione.
Tru riceve una lettera da un uomo che dichiara di essere suo padre e che non ha mai conosciuto. Il padre ormai malato lo invita a recarsi a Sunset Beach nel North Carolina per riconoscersi e affrontare il mistero della sua infanzia.
Dal padre conoscerà la commovente storia di sé e di sua madre morta in un incendio. 
Tru e Hope s'incontrano casualmente in spiaggia e tra loro nasce la solita simpatia che si trasformerà nel solito colpo di fulmine e subito in un amore che li travolge.
Un amore idealizzato che dura e non muta nel tempo, nonostante le scelte egoistiche ed opportunistiche di Hope, gli abbandoni, e in età avanzata la malattia di lei.
Bella e romantica la descrizione della cassetta della posta chiamata Kindred Spirit sull'isola di Bird Island che esiste nella realtà e serve all’autore come spunto per il suo romanzo. Un pezzo di autentica bravura di Nicholas Sparks che qui padroneggia il mestiere nel genere sentimentale-romantico.

La cassetta postale invita a scrivere a coloro che la trovano i loro pensieri, le loro preghiere, i loro sogni.

Questa storia d'amore “fantastica” sbocciata a Carolina Beach, la spiaggia dov'è ambientata, fa da sfondo, da impalcatura, per raccontarci e descrivere i safari e i paesaggi incontaminati “della sua Africa”.
Nicholas Sparks ama l'Africa. Ama le pianure sconfinate delle savane, ama le inaccessibili foreste pluviali e la sua vegetazione, l’infinita varietà di ogni specie di animali, ama il clima e descrive in maniera quasi pittorica come un grande affresco gli ambienti incontaminati dei grandi parchi africani.
Nel romanzo non mancano i riferimenti storici e le turbolente vicende politiche del continente.
Non mancano le pagine che ti fanno pensare, come il paragone delle nostre vite alla vita delle foglie: "Vivi come meglio puoi per tutto il tempo che ti è concesso finché non arriverà il momento di staccarsi e lasciarsi andare serenamente".
Un libro da leggere sotto l'ombrellone.

Lina Viola



Il libro "Ogni respiro" è disponibile in biblioteca. Prenotalo qui.


13 agosto 2018

Invito alla lettura: La porta di Magda Zsabó



Questa scrittrice ungherese di cui ignoravo completamente l’esistenza è stata per me una grande scoperta. Mi sono innamorata di questo libro prima ancora di averlo tra le mani, leggendo una recensione trovata in rete. Sarà perché ha come protagonista una scrittrice o semplicemente perché i ruoli principali sono affidati a due donne, Magda ed Emerenc per l’esattezza.
Magda è la scrittrice e vive con il marito anche lui scrittore in un piccolo paese dell’Ungheria. Hanno necessità di un aiuto domestico, per poter dedicare il loro tempo esclusivamente al lavoro.
Ecco dunque entrare in scena Emerenc, una portinaia conosciuta da tutti in paese per la sua fermezza di carattere, per il suo metro di giudizio ferreo e anche per le sue stravaganze: prima di accettare il servizio afferma di voler valutare le referenze dei suoi eventuali padroni. Rovescia completamente le parti, è lei a scegliere se restare, è lei a fissare il compenso che calcola in base alle esigenze dei datori di lavoro e dal loro grado di sciatteria.
Il rapporto tra la scrittrice e la sua domestica è inizialmente difficile e faticoso, le due donne sono diffidenti e sospettose, ignare di quanto la relazione le coinvolgerà fin quasi alla reciproca dipendenza. Questi dettagli li sappiamo tutti fin dall’inizio, in quanto i fatti sono già accaduti, è Magda a raccontarceli in un lungo flashback.
La figura di Emerenc è poderosa e riempie ogni pagina del libro, una donna tutta d’un pezzo, senza lacrime né sorriso, che governa la sua vita e quella degli altri con una dedizione totale, una volta riusciti ad entrare sotto la sua ala protettiva.

La fastidiosa arroganza che proviamo per Emerenc diventa via via ammirazione quando apprendiamo i trascorsi del suo tragico passato nell’Ungheria postbellica, mentre lo spessore intellettuale della scrittrice si assottiglia a più non posso e i suoi raffinati cavilli mentali crollano miseramente di fronte alle lezioni morali impartite con severità dall’umile serva.
Un cane trovatello e una porta chiusa che sigilla un segreto sono i due elementi che incorniciano questo straordinario rapporto affettivo basato su un bene incondizionato e quindi violento, impetuoso, travolgente, perché come dice Emerenc “una passione non si può esprimere pacatamente”.
La Zsabò è una scrittrice dal talento indiscutibile, dotata di una singolare capacità di analizzare i sentimenti e capace di una prosa sublime. Il finale magistrale e quasi surreale rende il romanzo indimenticabile e consegna alla memoria del lettore le due figure potentemente tratteggiate insieme alla consapevolezza di aver appreso una grande lezione di vita. Consigliatissimo.


Fabiola Gravina


06 agosto 2018

Escursione Archeologica a "CUDDARU di CRASTU" Pietraperzia

Cuddaru di Crastu – Pietraperzia – Insediamento Siculo-Sicano (foto di Antonio Caffo)

Avevo sentito parlare di "Cuddaru di Crastu" ma non mi era mai capitata l'occasione di visitare questa località che si trova a sud-ovest dell'abitato di Pietraperzia. La prima volta che la potei visitare fu il 7 novembre 1974 assieme al signor Liborio Alletta ed un'altra persona di cui non ricordo più il nome e ne riportai una profonda impressione, tanto che negli anni successivi vi ritornai ancora per cercare di meglio approfondire le mie conoscenze.
A Milano, dove abito, andai in cerca di notizie sui primi abitatori della Sicilia ed in modo particolare sui Siculi e sui Sicani, perché secondo quanto poi pubblicato da Antonio Lalomia e Rosario Nicoletti, Cuddaru di Crastu non è altro che la Krastos Sicana che ancora oggi conserva importanti ed imponenti vestigia dopo 3000 anni. Le antiche fonti ci fanno conoscere le sedi di insediamento di queste popolazioni preelleniche della Sicilia, ma allo stato attuale gli storici e archeologi moderni non sembra siano giunti a conclusioni univoche. Non ci sono, o non si conoscono, documenti che dicano che "Cuddaru di Crastu" sia l’antica Krastos Sicula o Sicana che altri collocano a Castronovo di Sicilia o ancora tra Alcara Li Fusi e Longi.
I primitivi abitanti di Cuddaru di Crastu si fanno risalire al 1270 anni a.C. (sic).
Questi popoli ebbero le loro colonie, coltivarono la terra, ebbero le loro leggi e lentamente acquistarono una forma di civiltà prima dell'arrivo dei Greci. — Abitarono in villaggi fatti di capanne, di cui sono state rinvenuti molti resti, ogni villaggio aveva un suo capo e amministrava la giustizia ed era a capo di una milizia. Le loro abitazioni erano in prevalenza site sulle cime dei colli in modo da potersi difendere meglio dagli attacchi esterni. 

Cuddaru di Crastu – Pietraperzia (foto di Antonio Caffo)

Le zone dove essi abitavano erano in prevalenza boscose ed offrivano abbondante selvaggina, frutti e legna per le loro capanne, ma coltivavano anche la terra o almeno conoscevano il grano selvatico che cresceva spontaneo nelle nostre contrade.
La collina di "Cuddaru di Crastu" dove è ubicata la fortezza non è molto agevole da raggiungere. Dopo avere lasciato la macchina in fondo alla "trazzera" si prosegue a piedi in direzione Fastuchera. Il terreno, quando vi andai, era arato di fresco e si faceva molta fatica a salire, ma ci portò a scoprire moltissimi "cocci" di ceramica di varie epoche, specialmente greca con vari disegni illeggibili a causa della pezzatura minuta dei cocci. Assieme a questi trovammo diversi "raschiatoi litici", punte di frecce in selce ed una triangolare di bronzo. Prima di salire sulla sommità, mi fu mostrato un enorme masso che era rotolato, chissà in quale periodo, dalla fortezza e vi si scorgevano ancora dei gradini ritagliati nella roccia, che ritrovai poi uguali a mezza costa da dove s'era staccato il masso. Dopo d'esserci arrampicati fini lassù in cima, trovammo uno spiazzo abbastanza ampio dal quale si gode un panorama superbo ed incantevole. 

Monte Grande – Valle del Salso – Pietraperzia (foto di Antonio Caffo)

Da qui si scorge tutto il corso del fiume Salso da Capodarso fino al Canneto ed oltre. La scala ritagliata nella viva roccia non era l'unica opera di quei nostri lontani avi, ma vi erano molte celle abbastanza ben conservate. Altra opera era una specie di pozzetto, anche questo scavato nella roccia per la raccolta delle acque o altro.
Lo spettacolo è molto suggestivo, specialmente al tramonto del sole quando esso proietta gli ultimi suoi raggi e "Cuddaru di Crastu" assume l'aspetto in lontananza di un ariete coricato con la testa rivolta verso sud.
La toponomastica di questa contrada conserva ancora l'etimologia saracena, pertanto per chi voglia conoscere quale sia stato il nome originario del luogo rimane deluso.
Circa il toponimo di "Cuddaru di Crastu" per la prima volta si trova menzionato da Rosario Nicoletti e Antonio Lalomia in “Storia del territorio di Pietraperzia dalle origini agli Aragonesi” - Caltanissetta, 1982. Fra Dionigi parlando di questa località dice: "fra mezzogiorno e ponente, vi sono le vestigia di un fortissimo castello, quasi due miglia distante da Pietraperzia detto il Castellaccio, posto in cima ad una collina, in cui si saliva per una scala scolpita in viva pietra, come adesso si ammira vicino la Fastuchera ove si trova vari e diversi monumenti di antichità ..." (fra Dionigi, Relazione critico storia di M.SS. della Cava, Palermo 1776, pag. 32).

Monte Grande – Tombe a grotticella – Pietraperzia (foto di Antonio Caffo)

Per raggiungere "Cuddaru di Crastu" bisogna prendere la SS.191, la Pietraperzia Caltanissetta via Besaro e giunti in località "Iardiniddu" (giardinello), si svolta a sinistra in direzione Monte Grande (lu Muntiranni). Giunti in località Nagargia (dall'arabo al-Naggar falegname, carpentiere o ana-Hagar, spelonga, cavema), si prosegue in direzione Fastuchera (dall'arabo Fustaq, pistacchio). Questo triangolo tra Donna Ricca, Monte Cane, Fastuchera ha dato molti reperti archeologici della cultura di Castelluccio e vi si notano ancora molte tombe a grotticella.

Tramonto da Monte Grande (foto di Antonio Caffo)

Guardare queste colline verso il tramonto sembra che qualcuno di lassù scruti i nostri passi e cordialmente agita la mano in segno di un cordiale arrivederci.



Tratto da un articolo di Lino Guarnaccia in:
“L’informatore centro-siculo” Anno VI luglio 1990