Gesualdo Bufalino (1920-1996)

 Consolo, Sciascia, Bufalino

Il 14 giugno 1996, moriva in un incidente stradale Gesualdo Bufalino. Nunzio Zago, professore di letteratura italiana nell'Università di Catania, ricorda che in quel 14 giugno di anni diversi e lontani sono morti Giacomo Leopardi (1837) e Jorge L. Borges (1986). Per il primo "nutriva un'ammirazione sconfinata", il secondo lo innalzò a "poeta prediletto, forse, nella stagione più matura".

"La Sicilia" ha dedicato al grande scrittore di Comiso un bell'inserto, da cui traggo, oltre alle citazioni di Zago, un invito rivolto da Bufalino ai ragazzi sulla lettura e la scrittura:

Ora, ragazzi, vi dico perché si scrive e perché si legge. La scrittura, ragazzi, è tre cose: religione, medicina e amore. E' religione perché è una confessione. Uno scrittore che scrive si confessa e anche quando narra storie di altri non fa che narrare se stesso. E' medicina perché serve a curarsi. Anche voi scrivete il vostro diario per guarire da una pena segreta, da una malinconia senza perché. E' amore, perché scrivere significa inventare un personaggio che non corrisponde alla realtà ma che è frutto della nostra fantasia e del quale ci innamoriamo.

Si scrive per narrare e si narra per non morire. Lo scrittore è Shahrazade, che più racconta e più si allunga la vita. E si legge perché senza libri si diventa Calibano il mostro, che nella 'Tempesta' di Shakespeare dice di Prospero il mago: "Per liberarsi di lui per prima cosa bisogna togliergli i libri". . Leggiamo allora: per restare dei maghi che hanno il potere di cambiare il mondo. Ho fatto incidere nella biblioteca che ho donato al Comune questa massima latina: "Tecta lege, lecta tege": 'leggi i libri qui custoditi, custodisci i libri dopo averli letti'. I miei libri son il mio harem e mi ci trovo meglio che se fossero delle donne. io ci ho passato la vita.

Passateci la vita anche voi. Sapete, nei miei fogli per lettere ho fatto disegnare un 'ex libris' dove si vede sul fondo di un mare in tempesta la prua di una nave che affonda e in primo piano una mano che affiora e che tiene un libro. Ecco, quel libro rappresenta la nostra Arca di Noè.

Sciascia, Bufalino, Consolo, insieme in contrada Noce, il 'buen retiro' di Sciascia. Rivederli in una celebre fotografia di Giuseppe Leone, che ogni siciliano dovrebbe tenere sul tavolino o appesa ad una parete, rende pungente la mancanza di quei tre grandi intellettuali.

 

Paolo Fai

 

 

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