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04 marzo 2024

VIAGGIO NELLA SICILIA DA LEGGERE - Le recensioni di Salvatore Marotta

Il colpo di spugna.
Trattativa Stato-Mafia:
il processo che non si doveva fare"

Nino Di Matteo, Saverio Lodato,
Edizioni Fuoriscena 2024.


"Il colpo di spugna. Trattativa Stato - Mafia: il processo che non si doveva fare" è un libro intervista del magistrato Nino Di Matteo, attualmente alla Direzione nazionale antimafia e all'epoca Pm di punta del processo Stato -Mafia, assieme a Saverio Lodato, giornalista e scrittore tra i più esperti di mafia, antimafia e Sicilia. Il libro si oppone al vero e proprio "colpo di spugna" sulla trattativa in seguito al verdetto assolutorio della Cassazione. Di Matteo dice che le sentenze si rispettano ma si possono criticare e il magistrato esercita il diritto di critica senza timori reverenziali e senza peli sulla lingua accusando la sentenza della Cassazione:" Poche pagine pretendono di smontare la valenza probatoria di fatti emersi in anni e anni di lavoro". E ancora:" Con un vero colpo di spugna la Cassazione spazza via tutto, anche fatti che in realtà neppure considera, preferendo semplicemente ignorarli". L'intervista ripercorre questi fatti in modo puntuale, il libro risulta un vero vademecum sull'intera vicenda processuale. Ma cosa s'intende per "trattativa Stato-Mafia"? S'intende l'aver instaurato un canale di comunicazione da parte degli ufficiali del ROS dei carabinieri Subranni, Mori e De Donno, grazie a Vito Ciancimino, con i capi di Cosa Nostra "volto a sollecitare eventuali richieste per far cessare la strategia omicidiaria e stragista". In sostanza, mi alleo con Provenzano per fermare Riina. Ebbene, questo patto scellerato tra uomini dello Stato e la mafia ci fu altrimenti non si spiegherebbe la mancata cattura di Provenzano e la protezione della sua latitanza e soprattutto non si spiegherebbe la scandalosa mancata perquisizione del covo di Totò Riina consentendo ai mafiosi di portar via i segreti del capo mafia e centinaia di documenti scottanti compresa, con ogni probabilità, la famosa agenda rossa di Paolo Borsellino. Che la trattativa non sia stata "fuffa dell'antimafia "lo ha stabilito la sentenza di primo grado che dopo cinque anni di processo, il 20 aprile 2018, la Corte presieduta da Alfredo Montalto " riconosceva in pieno la fondatezza dell'ipotesi di accusa e condannava Bagarella a 28 anni di reclusione, Cinà, Dell'Utri, Mori e Subranni alla pena di 12 anni, De Donno e Massimo Ciancimino (che rispondeva di calunnia in danno di Gianni De Gennaro) a 8 anni di carcere. Con una motivazione particolarmente analitica e approfondita la Corte spiegava, tra l'altro, che gli ufficiali del ROS dei carabinieri e Dell'Utri avevano svolto in tempi diversi - 1992 e 1993 Subranni, Mori e De Donno; 1994 Dell'Utri - il ruolo di istigatori e agevolatori, sollecitando i boss mafiosi a formulare e inoltrare le richieste di benefici in cambio della cessazione della strategia di violento attacco allo Stato". Tre anni dopo, però, la sentenza viene ribaltata i giudici d'appello assolvono Subranni, Mori e De Donno perché "il fatto non costituisce reato" e Dell'Utri " per non aver commesso il fatto". Intendiamoci, la sentenza d'appello non nega la trattativa ma spiega che essa, anche se "improvvida", fu fatta a fin di bene, per evitare altre stragi. Una cosa davvero inquietante. "E proprio per questa ragione - spiega Di Matteo- per evitare che diventasse definitiva una sentenza che, pur assolutoria nei loro confronti, sanciva verità così imbarazzanti, i carabinieri proponevano ricorso per Cassazione". E così si arriva alla sentenza della Cassazione che il 27.04.2023 assolve Mori, De Donno e Subranni non più perché "il fatto non costituisce reato " ma "per non aver commesso il fatto ". Le motivazioni della sentenza saranno espresse in 91 paginette a fronte delle 5237 pagine della sentenza di primo grado e delle 2971 pagine della Corte d'appello. Il colpo di spugna è stato dato sembra verificarsi quello che diceva Leonardo Sciascia:" Se lo Stato italiano volesse davvero sconfiggere la mafia dovrebbe suicidarsi".