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18 giugno 2018

Eccidi Borbonici a Pietraperzia e Garibaldi nella casa della famiglia Di Blasi


A Pietraperzia il pensiero conservatore, configurato nella politica borbonica e appoggiato da una parte del clero istituzionale, si oppose alla cultura liberal-massonica di tipo progressista che fu prevalente nella seconda metà dell'Ottocento fino agli inizi del Novecento e che, tendenzialmente, era legata alle vicende storiche dell'unità d'Italia, soprattutto al garibaldinismo.
La mattina del 26 maggio 1860 la guarnigione borbonica, composta di 2000 uomini e comandata dal Maresciallo Afan de Rivera, arrivò a Pietraperzia. Essa proveniva da Caltanissetta ed era diretta a Catania. Quei soldati e i loro comandanti, esasperati probabilmente dalle notizie delle sconfitte che i loro commilitoni avevano subito a causa dei volontari garibaldini, che erano sbarcati a Marsala l'11 Maggio 1860, e vedendo come un dileggio l'accoglienza gioiosa dei pietrini - che imprudentemente avevano issato il tricolore sulla torre del castello - attaccarono la folla "con diverse scariche di fucile a punte di baionette", uccidendo quattro persone e ferendone molte (1). La gente attribuì alla Madonna della Cava il miracolo che le vittime fossero state soltanto quattro. L'esperienza dolorosa e tragica causata dai soldati borbonici convinse diversi volontari pietrini, assistiti economicamente da sponsor di Pietraperzia con 38 ducati raccolti, a recarsi a Palermo per stare agli ordini di Garibaldi. In un documento riportato dalla "Rivista Storica del Risorgimento" (Torino 1934) Luigi Enrico Pennacchini ci fa sapere che dal 21 luglio al 22 agosto 1860 si riunirono a Caltanissetta 72 giovani "anticipando tutte le spese necessarie di propria tasca" per formare il battaglione "Niederhausern". Dai cognomi riferiti sembrerebbe che alcuni siano di provenienza pietrina.
Le nuove idee liberaleggianti, che circolarono con la venuta di Garibaldi in Sicilia, influenzarono l'andamento politico della nostra contrada, dove per iniziativa del liberal-massone Filippo Perdicaro, fu istituita il 9 marzo 1862 una sezione della "Società Unitaria Nazionale" di ispirazione garibaldina, divenuta poco dopo "Associazione Emancipatrice Italiana". Essa aveva due scopi: appoggiare economicamente le campagne militari dei garibaldini e inviare dei volontari per liberare i territori di Roma e Venezia che ancora non facevano parte dell'Italia. In quella prima seduta del 9 marzo i soci nominarono Giuseppe Garibaldi Presidente onorario dell'Associazione e il "patriota Francesco Crispi" socio onorario.


Il 13 luglio 1862 la "Società Unitaria Emancipatrice di Pietraperzia", su proposta del suo presidente Filippo Perdicaro, invitò Garibaldi a venire a Pietraperzia. Garibaldi accolse quell'invito, tramite una delegazione di pietrini facoltosi che andarono a trovarlo a Caltanissetta. il poeta e cultore di cose patrie, Francesco Tortorici Cremona, in un interessante articolo intitolato "Notizie Storiche di Pietraperzia", scrisse: "nello scorcio dell'estate del 1862 Giuseppe Garibaldi con i suoi volontari fra le acclamazioni entusiastiche del popolo, entrava trionfalmente in Pietraperzia, dove la famiglia Di Blasi gli offerse generosa ospitalità quale si conveniva a tanto uomo. La marea della gente, accorsa in Via S. Francesco (attuale Via Principessa Deliella) per vederlo e sentirlo parlare, obbligò il duce ad affacciarsi al balcone da cui pronunziò parole inneggianti alla libertà conquistata a prezzo di sacrifici. Terminò il suo dire col grido "O ROMA O MORTE! " e l'eco si ripercosse in migliaia di petti e migliaia di voci ripeterono le fatidiche parole."


Fu ospitato in Via San Francesco (oggi via Principessa Deliella) nella casa della famiglia Di Blasi, cioè dei suoceri di Filippo Perdicaro che aveva sposato donna Agata Di Blasi. Si ritiene che il giorno della presenza di Garibaldi a Pietraperzia sia stato l'11 agosto.
La propaganda garibaldina di volontari per la spedizione della liberazione di Roma e Venezia ebbe a Pietraperzia buon esito. Si raccolse una consistente somma con cui si equipaggiò un battaglione di 60 pietrini al comando di Michele Furitano. Essi dopo il 16 agosto si disposero a partire.

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Nell'articolo di Francesco Tortorici Cremona così si legge: "L'indomani si videro capi di famiglia prendere concedo dai figli e dalla sposa; giovani plebei e di famiglie agiate tralasciare il lavoro, gli studi, disinteressarsi della carriera, abbandonare i genitori, le amanti e tutto ciò che avevano di più caro, di più sacro, per seguire la sorte dell'Eroe." 


tratto da: PIETRAPERZIA n° 1 Anno VI Gennaio/Marzo 2009 - Sac. Filippo Marotta
(foto di Antonio Caffo)


(1)    Il Priore dei francescani di Pietraperzia, fra' Francesco Nicoletti, in data 27 e 28 maggio 1860 invia lettere di protesta e scrive che furono uccisi «fanciulli innocenti, imbelli donne, pacifici ed inermi contadini... si deplorano sinora circa trenta vittime, si son trovati dei cadaveri divorati da cani, si fa ricerca di fanciulli dispersi o uccisi nelle campagne vicine» (Lino GuarnacciaIl Castello di Pietraperzia, Tipografia Di Prima, Pietraperzia, 1985, p. 151). 

Nel registro dei morti della Matrice dell’anno 1860 le annotazioni con le vittime uccise dai soldati borbonici vanno dal n°147 al n°151 del giorno 27 maggio e riportano la dicitura “quia intefectus fuit a Militia Regis”, mentre nei registri comunali e riportato il luogo dove vennero uccise e la data della morte, che fu il 26 maggio. 
Le vittime accertate furono cinque:
Salvatore Guarnaccia di anni 64, ucciso presso la propria abitazione;
Rosario Culmone, di anni 66 , ucciso nella campagna vicino il canalicchio;
Leonardo Fiore, di anni 28, ucciso nella campagna dietro alla Santa Croce;
Luigi Miccichè, di anni 15, ucciso nella casa rurale della Santa Croce;
Vincenzo Viola, di anni 18, ucciso nella porta dell’orto dello spezio.