Un esile filo d’acqua
da remota stenta sorgiva
lento scorre nella grande gebbia,
esigua pozza per le vaste esigenze
Eppure unico luogo di frescura
di questa terra assolata a Cerere cara.
Spazio d’incontro, punto di richiamo,
i gessai vi scendevano dalle loro fornaci,
madida la fronte di sudore, gli occhi arrossati,
a rinfrescarsi la faccia,
sciacquarsi la bocca impastata di polvere,
tergersi il collo, il petto e il dorso arroventati.
A contenderla al sole e alle zanzare,
il muso i muli accostavano assetati
a quella stretta pozza.
All’imbrunire i contadini incontrarsi,
a condividere eventi,
commentare sulla secca stagione,
sulla pioggia tarda ad arrivare.
Umile e modesta,
protagonista ignara del luglio di fuoco del ‘43 .
A lungo negletta, rinata a nuova vita,
un rettangolo di azzurro ora inquadra la gebbia.
È un’aiuola fiorita,
erbe verdi e pratoline ne adornano i bordi,
per gli escursionisti pausa amena.
Ninfe tersicoree
danze vi sciolgono intorno nelle notti di luna piena
e i riti rinnovano di questa terra di miti.