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14 maggio 2021

Il dottor Vincenzo Vitale un uomo geniale e virtuoso





Il dottor Vincenzo Vitale nacque a Pietraperzia il 14 maggio 1861 da don Rocco Vitale di professione “aromatario” e da Angela Maria Tortorici.

La raccolta di poesie di Angela Vitale “Sentieri di vita e di amore in un cammino di fede e di speranza”, a cura di Giuseppe Ragusa, contiene una lirica (quasi prosa) inedita intitolata “A mio Padre. E’ un ritratto biografico che la figlia Angela fa del proprio padre Vincenzo Vitale. La poetessa descrive così la figura del padre: ha gli occhi verdi e profondi (che), sotto le folte ciglia nere, eran pur severi”, “la bella testa leonina e la fronte spaziosa”, era di “mente immaginosa, (e di) parola arguta”, disprezzava “agi e ricchezze”, disdegnava e rifiutava “una vita vana”, ma non “l'amore per tutto ciò ch'è bello, grande, potente, sublime!” 

Nella facoltà di medicina, frequentata a Roma, Vincenzo fu “alunno di Durante e Baccelli[1]. Invitato a specializzarsi presso l'università di Berlino dal professor Virchow [2] il dottor Vincenzo Vitale nel 1886 vi studiò le celule e la “Patologia cellulare” teoria da Virchow formulata. “Per tre volte” fu assegnato a Vincenzo Vitale il premio della “Fondazione Rolli”[3].
Essendo morto prematuramente il proprio padre, Vincenzo fu costretto, dalle necessità di famiglia, a ritornare a Pietraperzia. Il 21 novembre 1894 dove sposò Giuseppina Anzalone, figlia di don Ferdinando Anzalone e di Pietrina Pittari di Mistretta, dalla quale ebbe sette figli (cinque femmine e due maschi) generalmente laureati in lettere, scienze matematiche, ingegneria navale, in farmacia. Egli li educò ad un regime spartano fatto non di atteggiamenti amorosi, ma rigorosi (“senza baci e carezze, senza vezzi”) e trasfuse in loro “l'amore per l'opere grandi, l'amore per la poesia, l'arte, la scienza”.    Agli onori che la scienza medica poteva procurargli, egli, “uomo genuino e saggio”, preferì con grande “abnegazione e coraggio” chiudersi “nel romito angolo del tuo spirito come una pianta ancor viva alle radici che altrove si trapianta.” A Pietraperzia accoglieva i suoi pazienti (“poveri sofferenti”) in una “grande stanza semplice, pura, francescana”, che utilizzava come studio medico; vi era lì un tavolo di noce su cui teneva la storia di Tito Livio che leggeva nei momenti di riposo lavorativo. Anche a tarda età, non lesinava di andare a trovare “la povera gente” nei loro “tuguri” per “lenirne gli affanni”.

La sua attività medica la visse come “l'opera … d'apostolo”, come una “missione di bene” da compire nel silenzio, “senza compenso al tuo sacrificio immenso”. Non si lamentava della pesantezza dell'età e non camminava curvo, ma era legato fortemente alla vita (“entusiasta”). Il pensiero della morte lo rendeva “taciturno e pensoso”. “Quel popolo che t'era intorno e al qual, giorno per giorno, elargisti senza misura il dono del tuo ingegno e della tua vasta cultura, era rustico e ingenuo, e “forse”, al momento della sua morte, “non comprese … l'amico che aveva perduto”. Vincenzo Vitale fu colto dalla morte il 6 ottobre 1949 nella sua casa di Via Tortorici Cremona n. 79 all'età di 88 anni.




                                                   
 STUDI E OPERE  

Nell'ambiente pietrino, il dottor VINCENZO VITALE, era però un misconosciuto poiché i suoi lavori sia nel campo della medicina che della matematica hanno trovato collocazione e giusto riconoscimento solo negli studi e nei lavori di altri pensatori. Basti pensare che già da semplice studente universitario ricevette per tre anni consecutivi TRE PREMI ROLLI, in seguito a sue ricerche su particolari aspetti della medicina. Laureatosi con lode in medicina e chirurgia a Roma il 14 luglio 1886, fu invitato da un illustre medico tedesco, il professor Virchow , a specializzarsi nella sua clinica di Berlino. Quivi trascorse due anni. La passione del dottor Vitale per la matematica e per la fisica fece di lui un pensatore che può essere definito il pioniere e l'antesignano di alcune proprietà dei triangoliNella sua opera “ANALOGIE E RELAZIONI fra Perpendicolari, Mediane, Bisettrici, Radiali, Lati ed Angoli del Triangolo”, gli studiosi e appassionati di geometria potranno notare le novità apportate a questa branca della matematica dal Vitale. Quest'uomo, nel campo delle figure piane, diede un apporto tale che va al di là delle conoscenze acquisite dagli studenti delle scuole medie superiori. Qualche autore di libri di geometria ha fatto riferimento al lavoro del dottor Vitale, inserendo in detti testi le trovate geniali di questo medico che sono state di valido ausilio agli studenti. Le figure piane, i triangoli ad esempio, hanno alcune proprietà che prima del dottor Vitale non erano conosciute. Il dottor Vitale soleva ripetere in vita che nessuna scienza sembra più utile, più bella e più facile della matematica. Un altro lavoro che ha lasciato il dottor Vitale è: “ FORZA UNIVERSALE” in cui, partendo dalla forza di gravità dei corpi, che egli estendeva ai fenomeni dei corpi celesti, affermava che tali fenomeni non sono disgiunti da quelli della terra, ma ripetono le medesime cause e producono gli stessi effetti e sottostanno alle stesse leggi di gravità. Riporta egli, scientificamente, tanti esempi sulla caduta e sul lancio dei corpi, sulla forza, sul gioco delle acque, sul movimento delle molecole e sulla forza di attrazione. Egli arriva a spiegare, con i suoi esempi convincenti, che il moto di attrazione e di spinta dei corpi ha origine in una causa sola: la forza di attrazione. In sostanza egli non esprime vane teorie, ma afferma che sono fenomeni che si svolgono ogni momento sotto i nostri occhi. Con questo lavoro il Vitale dà un apporto notevole alla conoscenza dei fenomeni fisici. Concludiamo con un'affermazione del Vitale: “Nelle forze fisiche non si erano mai ravvisate che semplici agenti di moto, fattori meccanici; la gravità era rimasta oscura, ed in me veramente, quando compresi che l'azione di essa non si poteva circoscrivere dentro i limiti di un certo meccanismo si affacciò netta l'idea di una forza superiore, di una forza vitale e, quando intravidi le intime e necessarie relazioni di esse con le forze fisiche, e di queste con quelle della vita, compresi che tutte erano una sola forza, la forza universale: la vita.”

Altre opere del dottor Vincenzo Vitale:

- Relazione tra le linee interne ed esterne dei triangoli;

- Scritti ed appunti di fisica, medicina e matematica, rimasti inediti e incompiuti.

Purtroppo nella biblioteca comunale di Pietraperzia non è presente alcuna opera del dottor Vincenzo Vitale.

 

 

“Mettile dei libri in mano e falla leggere, falla leggere quella bambina”.

Il dott. Vincenzo Vitale, esperto in medicina generale ed in chirurgia, appassionato di matematica e fisica, era anche specializzato in ginecologia e, nel ruolo di ginecologo, egli aiutò a nascere molti bambini del nostro paese. 

All’epoca i parti avvenivano generalmente in casa, parti spontanei per cui tante volte era sufficiente l’assistenza della levatrice se non l’aiuto di una persona della famiglia o di una vicina particolarmente esperta, ma nei casi più difficili, quando neanche l’ostetrica era in grado di affrontare la complicazione imprevista, si chiamava il dott. Vitale ed egli interveniva con urgenza: «Currimmu ca masculu jè», diceva. Aveva sperimentato, infatti, che erano i maschietti a presentare le maggiori difficoltà a venire al mondo. Altra espressione tipica del dottore era la risposta al parente di una persona colpita improvvisamente da qualche malore, che sollecitava il suo intervento: «Vossì s’allibberta duttù ca ma matri sta mmurinnu.» E il dottore, sicuro del soccorso che poteva dare la medicina ma anche consapevole dei limiti di essa di fronte all’ineluttabilità, «Figliju mì - rispondeva- si nun gnè l’urtima arrivammu ‘ntimpu» (Faccia presto dottore, mia madre sta morendo”. “Figlio mio, se non è l’ultima, se non è il colpo definitivo, arriviamo in tempo”)Meta della uscite del dottore, quando non erano visite ad ammalati, era la “Società Operaia Regina Margherita” in Piazza Vittorio Emanuele, dove era atteso per la consueta lettura del giornale quotidiano. 
Come in un rito il dottore, attorniato da un buon numero di soci, eseguiva la rassegna stampa accompagnando la lettura delle notizie con spiegazioni e commenti e fornendo i chiarimenti che gli venivano chiesti. Quando i minuscoli caratteri di stampa rappresentarono un problema per i suoi occhi, e il leggere ad alta voce lo stancava, il dottore fu sostituito da Giuseppe Maddalena, lo storico di cose pietrine, che leggeva in maniera spedita e corretta ed aveva una voce chiara e tonante. Così il dottore metteva al servizio dei soci del sodalizio non solo la sua competenza professionale ma la sua cultura nel senso più ampio. Nei liberi discorsi tra loro e a casa con i familiari gli ascoltatori riportavano le novità udite dove “l’ha ditto lu dutturi Vitali” equivaleva a zittire ogni opposizione. Il dottore amava i giovani e, riguardo ad essi, aveva idee molto chiare. I giovani costituivano l’avvenire delle famiglie e del paese, attori dello sviluppo futuro, ma niente debolezze e divagazioni per loro; le distrazioni toglievano ore allo studio, che doveva essere serio, rigoroso e continuo. Questo era il criterio che ispirava i suoi rapporti con i giovani: la stessa serietà, lo stesso rigore con i quali aveva educato i figli. Lo stabile di casa Vitale, in via Tortorici Cremona,  comprendeva anche un secondo piano dove abitava, all’epoca, la famiglia di una delle figlie del dottore, Elena, che aveva sposato il farmacista dottor Salvatore Mendola. I coniugi Mendola-Vitale avevano due figli, Salvatore, chiamato Rino, e Cristina i quali purtroppo rimasero, ancora giovani, orfani del padre e donna Elena, conseguita la laurea in farmacia, proseguì l’attività del marito. La Farmacia Mendola, situata in via La Masa, passata successivamente dalla madre alla dott.ssa Cristina, costituisce ancora una della farmacie storiche del nostro paese.

Epilogo…6 ottobre 1949

“Era un ottobre ancora caldo quello del 1949 quando morì il dottore» racconta Maria. “Quella mattina la signorina Cecilia ci bussò alla parete come eravamo soliti quando avevamo bisogno gli uni degli altri per motivi urgenti. E, affacciatici ai rispettivi balconi, ci diede la notizia. Era triste ma ce la comunicò con un tono ed un’espressione di normalità: “Questa notte è morto papà”. Volli subito andare a stare vicina a lei, anche se avevo otto anni e mai avevo visto un morto. Era sola, la signorina Cecilia, e fu lei stessa che mi prese per mano e mi accompagnò nella camera del padre. Il dottore era composto sul suo lettino, vicino a quella scrivania di noce che non avrebbe mai più usata, accanto alla quale tante volte, piena di soggezione davanti a lui, l’avevo visto intento a scrivere o a studiare. Il dottore indossava il vestito nero elegante come quando usciva per andare alla Società Regina Margherita; aveva mantenuto la sua espressione severa, che ora mi parve più addolcita. Mi sembrava impossibile che non l’avrei più rivisto né sentito le sue parole rivolte a Cecilia, le volte che andavo a casa sua: “Mettile dei libri in mano”. E mi aspettavo che, improvvisamente, aprisse la bocca e si mettesse a parlare per ricordare ancora alla figlia: “Falla leggere, falla leggere quella bambina”.

(Estratto da “Nostalgia del paese” di Maria e Salvatore Giordano)

  



[1] Guido Baccelli (1830-1916), romano, professore di medicina e chirurgia operatoria, nonché uomo politico, più volte ministro della P.I. A lui si devono, tra l’altro, i Programmi didattici della Scuola elementare del 1894 e la promozione della costruzione del Policlinico Umberto I della capitale. Fu medico di casa reale ed archiatra.

Francesco Durante (1844-1934), di Letojanni (ME), professore di patologia speciale chirurgica e senatore del regno, cofondatore con Baccelli del Policlinico Umberto I.

[2]  Rudolf Virchow (polacco di nascita, 1821 - Berlino, 1902), professore di anatomia patologica dell’Università di Berlino, scienziato e uomo politico antibismarchiano. Noto per la sua teoria della “patologia cellulare”, punto di svolta nella storia della medicina. Candidato al Premio Nobel del 1902.  

[3] Il “Premio Rolli” era istituito dall’Università La Sapienza” di Roma sulla base di un lascito testamentario del medico e botanico romano Ettore Rolli (1818-1876) per premiare studenti particolarmente meritevoli, contribuire a far raggiungere i loro obiettivi e incentivarli all’ottenimento di risultati eccellenti.