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14 aprile 2021

UN MODESTO EFFETTO COLLATERALE DEL VIRUS

 


Fra gli innumerevoli danni che la pandemia ha scaricato sulle nostre vite, lasciatemi spendere due parole su un problema che potremmo, tutt’al più, considerare un modesto effetto collaterale: più la fastidiosa puntura della zanzara che il doloroso morso del serpente.

Divagare sugli effetti secondari e non concentrarsi su quelli più seri può sembrare davvero eccentrico se non proprio fuori luogo, considerati i tempi, e se lo pensate, non posso certo darvi torto.  E allora perché mi sono comunque risolto a proporvi l’argomento?

Anzitutto perché delle altre conseguenze, quelle veramente serie, si occupano già tante persone (e con ben altra competenza) e poi perché, male che vada, alla fine vi avrò solo fatto perdere qualche minuto di tempo su una questione forse futile ma comunque innocua.

Per di più, nella cupezza dei tempi che viviamo, allentare di tanto in tanto la tensione può persino risultare terapeutico. Prendiamoci dunque questa licenza e andiamo sull’argomento.

Lo abbiamo presentato come un (subdolo) effetto collaterale del virus. Quali sintomi accusa la persona che ne è colpita? Essenzialmente due: una marcata bulimia verbale e una evidente difficoltà di ascolto.

In che modo tali sintomi sono associati al fenomeno pandemico? Un esperto della materia me l’ha spiegato così.

Il virus ha unito il mondo! Non già nel senso che l’ha reso più coeso e solidale ma nel senso che ne ha uniformato le priorità, omologato il linguaggio e monopolizzato la discussione in ogni latitudine. Naturalmente ci arriva anche l’eco di altri avvenimenti ma la musica di fondo nel pianeta terra oggi la suona e la dirige il virus.

Il mostro vuole su di sé tutta l’attenzione; detta l’agenda ai governi e impone le sue regole alle persone. Insomma esige che, nel tempo del suo regno, sia sospesa ogni divagazione: vietato distrarsi in parole, pensieri e opere, come ci insegnavano al catechismo.

Da un anno a questa parte non parlano d’altro, governanti, giornalisti, economisti, igienisti, virologi, pandemisti, statistici, comici, saggisti, opinionisti, astrologi, psicoanalisti, fisioterapisti, sociologi, divulgatori, tassisti, naturalisti e, ovviamente, tuttologi.

E del resto, direte voi con qualche ragione, come potrebbe essere altrimenti?

Di fronte ad un evento così devastante; un evento che ha travolto ogni certezza, sovvertito ogni priorità, abbattuto ogni barriera, di cos’altro vuoi parlare?

Non che in tempi di distanziamento siano molte le occasioni di incontro, ma provate in una qualche conversazione, anche di quelle che si svolgono sulla macchina, a fare cenno ad argomenti diversi dal tema assegnato.

Ma cosa ti salta in mente? Ti pare un argomento serio con quello che accade? Ti pare rispettoso per i morti, per il dolore e per i sacrifici che la pandemia sta imponendo a tante persone; per gli effetti sulla loro salute e sulle loro attività?

E tu che, ovviamente, non intendi mancare di rispetto a nessuno, lasci perdere; abbandoni ogni altra futilità e riprendi la discussione sull’ordine del giorno imposto dalla circostanza: piani pandemici, indici RT, protocolli vaccinali, vaccini con RNA messaggero, vaccini vivi attenuati, vaccini inattivati, vaccini a DNA ricombinante, anticorpi monoclonali e quant’altro.

E naturalmente nel momento in cui accetti la discussione, devi dire la tua. Devi mostrare di poter padroneggiare gli argomenti e sfoggiare un linguaggio appropriato, con tutta la naturalezza di chi la sa lunga, anche se le tue cognizioni virologiche risalgono al libro di scienza della scuola media (o del liceo per i più istruiti).

Ma cosa non si fa per stare in società! Costretti a reinventarci eruditi per necessità.

Per fortuna che c’è la rete che consente, anche a chi sull’argomento ha evidenti lacune e poco tempo per colmarle, di reperire le quattro informazioni giuste per tenere testa nella conversazione e potere discettare con solide argomentazioni scientifiche anche sulle trombonate del tale professorone ascoltato la sera prima dalla Gruber.

Noi, con le informazioni prèt à porter che la giungla ci mette a disposizione, arriviamo subito al punto. Un giretto nel web e il gioco è fatto; la citazione di una rivista scientifica (naturalmente mai letta), una statistica orecchiata, una opinione che suona bene (possibilmente con corredo di termini inglesi) ... e tutti pronti alla discussione: e che discussione! Una valanga di asserzioni, convinzioni e certezze, altro che quei cacadubbi degli scienziati che più stanno chiusi nei laboratori, più studiano i problemi, e più dubbi si fanno venire e ti fanno venire.

Non scordiamoci che siamo impegnati in conversazioni su argomenti dei quali non capiamo un accidente e con persone alle quali vogliamo dimostrare che loro non capiscono un accidente; e se ci si imbatte in un momento di difficoltà dialettica (sempre possibile: al nostro tavolo di conversazione tutti hanno fatto il loro giretto nel web per rubacchiare opinioni scientifiche) si può sempre ricorrere alla vecchia e consolidata tecnica di scaricare sulla conversazione fiumi di parole utili solo a confondere le acque, dissimulare i concetti e colmare così le lacune; se questo non basta allora si alza il volume della voce; se non basta ancora, si da sulla voce del contraddittore e se ne neutralizza ogni via di comunicazione.

Naturalmente per tenere sempre allertato il circuito cervello/bocca c’è bisogno di energia e concentrazione supplementari che la persona attinge dal circuito cervello/orecchie che nella conversazione viene di conseguenza disattivato. Infatti, come mi spiega un ricercatore nel campo delle neuroscienze, di mia conoscenza, studi approfonditi mostrano che il cervello deve mantenere un'omeostasi per cui le energie si bilanciano all'interno degli stessi circuiti neurali e il circuito del linguaggio comprende sia la comprensione verbale sia la produzione verbale.

Ed ecco manifestarsi i due sintomi associati di cui si diceva: logorrea e caduta della capacità di ascolto.

È così che nel conto dei danni che il mostro ci infligge si è aggiunto anche quest’altro; un danno che, beninteso, non è grave come altri ma che comunque è pur sempre un danno: davanti ad un argomento così complesso che appena appena riusciamo ad inquadrare, piuttosto che cercare di capirne di più, vogliamo solo dirne di più.

Ma a preoccupare maggiormente, a sentire l’esperto di cui vi parlavo, è l’estrema contagiosità del fenomeno; l’ignaro si trova coinvolto in una discussione con persone che hanno sviluppato i sintomi e ne subisce fatalmente il contagio.

Il soggetto è subito preso dalla irrefrenabile cupidigia di esibire il suo bagaglio di erudizione acquisita nel giretto pomeridiano nella rete; di tirare fuori la quantità di parole ed il volume della voce richiesta dalla durezza della discussione e dalla pervicacia dell’interlocutore, finché non ne ha avuto ragione.

E così a quel tavolo di conversazione si ritrovano solo persone che parlano (si parlano) alzando progressivamente i decibel della voce e moltiplicando la quantità di parole, nessuna delle quali arriva all’orecchio (e per suo tramite al cervello) degli altri: rumore, rumore, rumore!

Si può scansare il contagio? Purtroppo pare che lo stesso vaccino risulti di scarsa efficacia e la sola prevenzione consiste nell’adottare precise tecniche di dissimulazione quando si entra in contatto con i soggetti contagiati (la evidenza dei sintomi vi deve subito mettere in allerta).

Innanzitutto bisogna lasciare a loro la conduzione del discorso; non interromperlo, non contraddirlo e complimentarsi spesso per la competenza e l’acutezza delle argomentazioni che propone.

Sulle prime ne sarà lusingato ma ben presto vacillerà. Non è preparato a fronteggiare un atteggiamento così arrendevole.

Non trovando resistenza e non ravvisando la necessità di dovere caricare tutte le sue batterie per stroncare l’interlocutore, perderà grinta e motivazione e la discussione inevitabilmente si appiattirà; quello è il momento giusto per voi di assumere un tono fintamente svagato, provando a portare il discorso su altro. La conversazione potrebbe così prendere aria ma soprattutto avrete dato un piccolo aiuto al vostro amico a contenere i sintomi che lo affliggono.

Per il fatto che viviamo tempi difficili non è detto che dobbiamo impegnare le nostre energie, tante o poche che siano, nel renderli ancor più insopportabili.

Salvatore Di Gregorio