Questo testo di Lino Guarnaccia fu fatto stampare in poche copie e donato ai suoi amici quarant'anni fa; una copia è conservata in biblioteca.
Un uomo mite e accogliente, i suoi modi gentili non gli impedivano di denunciare l'incuria e la dispersione dei beni culturali e archeologici, per ignoranza e ignavia, di chi avrebbe dovuto preservarli. Appassionato della storia locale, per amore di Pietraperzia fino alla fine dei suoi giorni testimoniò questo suo amore con tante opere che abbiamo potuto conoscere e leggere, tante rimaste inedite e ormai purtroppo andate perdute, e molte altre ancora nei cassetti delle persone che ebbero la fortuna di conoscerlo. Della chiesetta rurale di S. Lucia e dei suoi affreschi bizantini, come per suo presentimento, ormai non rimane niente. Ci resta questa preziosa testimonianza e le sue tre fotografie a corredo del libretto.
APPUNTI
STORICI SULL’EX
CHIESA RURALE DI S. LUCIA IN
TERRITORIO DI PIETRAPERZIA (ENNA)
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Pietraperzia nasconde
nel suo territorio inestimabili tesori archeologici ed architettonici. È
triste, però, notare che pochi se ne sono occupati e che ancora non è stata
effettuata una ricerca sistematica. Chi Io ha fatto, ancora non ha dato alle
stampe i propri Iavori e questo è frenante per lo sviluppo cognitivo della
zona.
L’indifferenza e
l'apatia, specie quella critica sottile e penetrante, disarmano invero i più volonterosi
e tutto rimane come prima.
Quest’anno, nel mio
solito pellegrinare in cerca di notizie su Pietraperzia, fui accompagnato da
Francesco Fonti, Felice Guarnaccia e Giuseppe Toscano a visitare l'ex chiesa
rurale di S. Lucia.
Ne rimasi
meravigliato! La chiesa era tenuta in custodia da eremiti che vivevano delle elemosine
dei fedeli.
Questa chiesa,
unitamente a quella di Monserrato, fu interdetta al culto fin dal 1854 da
Monsignor Cesare Agostino Sajeva, vescovo di Piazza Armerina (1846-1867), con
lettera pastorale del 15 maggio 1854. Questa lettera è stata da me fotocopiata
da un volume manoscritto che si trova nell'archivio della Chiesa Matrice di
Pietraperzia per gentile concessione del parroco don Felice Lo Giudice. Della chiesa
di Monserrato (Serre), oggi non esiste più nulla. Verso il 1960 i resti che ne
rimanevano furono fatti saltare con la dinamite per aprirvi una strada per il
trasporto dello zolfo della miniera di Musalà(1), abbassando il
livello dell'antica trazzera di circa quattro metri proprio dove sorgeva
Ia chiesa. L'ex chiesa di S. Lucia, pur non essendo più conservata al culto,
conserva ancora qualche cosa di cui ci intratterremo a parlare.
L'ex chiesa rurale di
S. Lucia è situata a sud-est del paese in posizione meravigliosa, a 544 metri
sul livello del mare ed a circa due chilometri da Pietraperzia. Vi si gode uno
stupendo panorama e Io sguardo può spaziare, a perdita d'occhio, per un vasto
orizzonte.
Questa località,
forse, fu scelta in antico per la sua posizione dominante e forse vi fu eretta
qualche edicola, per come testimoniano certi massi di arenaria rimossi. Nello
scasso del terreno attorno all'ex chiesa, per mettervi a dimora una vigna, sono
venuti alla luce ossami umani e cocci di ceramica di epoche diverse. Ciò
testimonierebbe che il luogo fu abitato fin da tempi antichi. Lo testimoniano
anche le strade che passavano vicine a questo santuario.
Non lontano da S.
Lucia è stato messo in luce un pezzo di strada romana in contrada Vignagrande-Runzi,
nel fondo di proprietà di Vincenzo Barrile. Questa scoperta, fatta dal Prof.
Antonio La Lomia, potrebbe portare nuova luce agli interrogativi degli studiosi
circa la strada interna Siracusa-Agrigento dell'Itinerario Antonino.
Sappiamo che dal
fondaco di Piraino per Aidone, Madonna della Noce (Piazza) la strada perveniva
a Calloniana, stazione vicina a Barrafranca(2). Da qui la strada
Barrafranca-Pietraperzia-Caltanissetta, sembra che per la gola di Capo d'Arso,
dove Carlo V, nel 1553, fece costruire un ponte sul fiume Salso, andava ad
allacciarsi con S. Cataldo. Ma si può pensare che la strada scendesse lungo la
destra del fiume e per Sommatino-Ravanusa-Naro o Delia, andava a congiungersi a
Favara con la via d'Agrigento (Biagio Pace, Arte e Civiltà della Sicilia
Antica, p. 437).
La strada però
potrebbe essere quella proveniente da Philosofiana (Mazzarino) che, superata la
fiumara Rastello, andava ad allacciarsi a quella della Tardara(3)-Runzi-Vignagrande-Pietraperzia
e per Montagna di Cane, Monte Pisciacane, il Salso andava a congiungersi con S.
Cataldo (vedi schizzo).
La chiesa non ha più
le tre arcate originarie ed il porticato ma conserva due arcate più l'abside,
la sacrestia ed alcune stanze che servono d'abitazione. Di questo santuario o
chiesa rurale, si conosce molto poco.
L'unico che disse
qualche cosa a riguardo fu padre Bongiovanni Dionigi dei Minori Riformati di S.
Francesco da Pietraperzia (1744-1801), nella sua Relazione critico storica
della prodigiosa Immagine di Maria Santissima della Cava - Stamperia Divina
Provvidenza, presso Gio Battista Cagliani, Palermo 1776.
Dice che la chiesa
rurale era antichissima ed era dedicata a S. Lucia Siracusana. All'interno,
dice, vi era raffigurata una immagine della Madonna, detta dell'Esperta, dal
popolo, perché esaudiva immediatamente le invocazioni dei devoti. Le donne
attribuivano questo affresco ad opera di S. Luca, ma le donne, dice il frate
stesso, dicono delle "scioccaggini".
Nell'anno 1582,
ancora padre Dionigi dice che un certo Giovanni Gilberto Riccobene, per atti
del notaio Antonino Volpe addì 8 maggio 1582, 5^ Ind., legava alla chiesa di S.
Lucia un ducato annuo sopra una sua vigna, perché il sacerdote don Francesco
Pavone vi officiasse ogni anno una messa. Questa ex chiesa oggi appartiene ai
coniugi Fonti Fioribello e Clorinda Sapia, che l'acquistarono da una loro zia
emigrata negli Stati Uniti d'America, nei primi anni del 1900 ed era pervenuta
a questa da certo Salvatore Bevilacqua.
Gli attuali
proprietari hanno dovuto sostenere notevoli spese di rifacimento e con encomiabile
intelligenza, hanno lasciato alla costruzione l'aspetto antico e salvato parte
dell'affresco che si trova nell'abside.
Questo luogo dovette
essere meta di pellegrinaggio; qui la gente affluiva, con le sue pene, recando
suppliche e doni. Si ignora quando, da chi e per quale devozione fu costruita,
e sarebbe molto interessante portare luce in questo senso.
Le opere che in essa
vi si trovano sono le mura e questi pochi frammenti di affresco da me
fotografati nel catino absidale. Tutto il resto è scomparso!
L'interno dell'ex
chiesa è a pianta quadrata senza cupola con archi a sesto acuto e con un'unica
navata centrale. Il soffitto non sappiamo come fosse in origine, ma guardando
la ricchezza dell'affresco, le travature dovevano essere riccamente dipinte. Il
pavimento sembra fosse stato in larghi lastroni di arenaria, come si può
constatare nell'ingresso. L'abbattimento del porticato ha fatto arretrare la
costruzione di circa quattro metri togliendola, in parte, allo sguardo del
paese. Non sappiamo se anche le pareti furono affrescate e se la Santa
Esperita, fosse anche questo un affresco, né a quale epoca attribuire gli
affreschi. Sicuramente tutti i motivi sono bizantini. L'abside è
perfettamente orientata ad est, le arcate si concordano in simmetria e la
figura del Cristo, nel catino absidale, è la sintesi di tutta la costruzione.
L'affresco
dell'abside forma un disegno a due stadi: nello stadio superiore troneggia il
volto del Cristo con un'ampia aureola e quel volto è di straordinaria bellezza
ed effetto. Sullo sfondo si intravedono vari disegni che lascerebbero pensare a
delle allegorie. L'aureola del Cristo è molto ampia e di un colore arancione,
contornata da vari segmenti in bianco e nero. Del mantello poco si vede,
soltanto un po’ dell'accollo e poi più in basso si riscorge con le mani e parti
del ricchissimo mantello. I colori sono delicati, sul celeste e verde scuro,
mentre la tunica è tra il rosa ed il giallo. La mano destra, che si intravvede
spuntare da sotto il mantello in un gesto oratorio e di bell'effetto, mentre
l'altra raccoglie quasi sul petto i lembi del mantello mettendo in evidenza la
bellissima orlatura in un drappeggio morbido ed elegante. La tunica che si
scorge è meravigliosa sia nei colori rosa che nel drappeggio.
Il volto del Cristo è
perfetto: occhi celesti, naso e bocca ben conformati, ciglia e barba sul
biondo, ma non folti. I capelli non si vedono essendo rimasti nascosti dal muro
tirato su per nascondere l'abside dalla navata. Sotto il Cristo Pantocratore vi
sono rimaste alcune figure di Santi in atteggiamenti diversi, avvolti in
meravigliosi pepli e tuniche che fasciano il corpo in ampi drappeggi. Il colore
dominante è il rosso mattone, il giallo oro e sullo sfondo domina il verde.
I colori applicati
allo strato di gesso hanno molto risentito del lungo abbandono e delle varie
vicissitudini alla quale sono stati sottoposti nel tempo. Questo affresco ha
dello stupendo. Le linee sono perfette ed il dosaggio dei colori è
meraviglioso. Il Cristo Pantocratore corrisponde ad una tecnica perfetta e
testimonia l'evoluzione dell'arte bizantina. Le immagini dei santi col gesto
del dito, che una volta stavano ad indicare l’Agnello Divino, ora indicano il
Cristo Pantocratore sopra di loro. In funzione di trasmettere alla Chiesa la
realtà della pienezza della Legge. La pittura sembra voglia spiegare il
messaggio cristiano prendendo su di sé i peccati del mondo. L’immagine che
anima questo affresco, o quello che ne rimane, in origine deve essere stata
stupenda.
Ancora oggi, nei suoi
residui, ci offre la gioia delle sue luci e dei suoi colori oltre alle linee
perfette di uno spirito realistico e, ad un tempo stesso, perfettamente
religioso.
Se questi affreschi
avessero avuto miglior fortuna, Pietraperzia oggi potrebbe ammirare e vantare
un'opera stupenda e ci potrebbero, gli studiosi, raccontare tante cose.
L'arte aulica era
arrivata dunque fino a Pietraperzia, in questo paese dalle mille vite e dagli
occulti pensieri. L'espressione autoritaria del Cristo, la grandezza sovrumana
di mistica inaccessibilità di quel volto, incute nell'osservatore, ancora oggi,
rispetto e raccoglimento. La rappresentazione dei personaggi è disposta in modo
che questi tributano rispetto e venerazione, con l'espediente di principale
profondità. Il rigido atteggiamento della figura rappresentata frontalmente
induce, in chi guarda, ad una disposizione spirituale.
L'artista, ignoto,
esprime in questo atteggiamento la propria venerazione per lo spettatore che
egli immagina sempre nella persona del basileus, suo committente e protettore.
La massima attrattiva
di questo santuario fu senza dubbio questo Cristo Pantocratore, oltre
all'amenità del luogo ed alla vicinanza del paese.
(1) Musalà in arabo vuoi dire "luogo della preghiera"
(2) Angelo Li Gotti, Identificazione definitiva di Calloniana in A.S.S.O. - 1951
(3) Tardara, significa vallone dei morti, da G. Alessio, L'’Elemento Greco della Toponomastica della Sicilia, in 'Bollettino di Studi Filologici e Linguistici Siciliani". Palermo 1955, fasc. 3 - o. 257.
Lettera d’interdizione al culto delle chiese
di Monserrato e S. Lucia
Pietraperzia in corso di sacra visita 15 maggio 1855
Vescovato di Piazza
N. 498
Oggetto:
Interdetto ed assegno dei beni delle chiese filiali di Monserrato (Serre) e S. Lucia.
Rev.mo Signore,
In rigor del presente decreto di sacra visita, restano interdette le chiese filiali e rurali Monserrato e di S. Lucia e ordiniamo quindi che tanto i mobili che gli immobili e rendite delle chiese suddette passino a fare parte il patrimonio della Matrice Chiesa ed è perciò che da oggi innanzi ne rimane investito il Parroco Arciprete qual solo e legittimo amministratore dell'unica parrocchia del comune.
Ella pubblicherà questa determinazione e me ne farà tenere l'atto di affissione ed esecuzione.
Il Vescovo
Cesare Agostino Sajeva
Si pubblichi e si affissi:
Sac. Giovanni Nicoletti Vicario
Pietraperzia 16 maggio 1855
Il presente decreto è stato pubblicato ed affisso
Sac. Emmanuele Ballati maestro notaro.
Lino Guarnaccia
stampato in Milano - Luglio 1978