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08 gennaio 2024

PICCOLA PRETURA (IN NOME DELLA LEGGE) - Le Recensioni di Salvatore Marotta

PICCOLA PRETURA (IN NOME DELLA LEGGE).
Giuseppe Guido Loschiavo
Aulino editore, Sciacca 2019.

 

La riscoperta letteraria del romanzo autobiografico "Piccola pretura" del magistrato scrittore Giuseppe Guido Loschiavo si deve all'editore Aulino di Sciacca che nel 2019 ha curato la pubblicazione di una nuova edizione. Da questo romanzo, pubblicato nel 1948, fu tratto il famoso film di Pietro Germi "In nome della legge" (1949) abbastanza aderente al testo originale e che vinse tre Nastri d'argento. Loschiavo ambienta la vicenda del romanzo nel 1921 con chiaro riferimento alla sua esperienza di giovanissimo pretore a Barrafranca, nell'ennese. La trama. Il giovane pretore Guido Schiavi (chiaro il riferimento autobiografico) arriva nel paesino di Capodarso (in realtà Barrafranca) per assumere la direzione della locale pretura, lasciata dal suo predecessore "scappato" da quel luogo infido dopo appena tre mesi. Particolareggiata, nel romanzo, la descrizione del paese, dei vari quartieri e della popolazione "quasi tutta composta da braccianti agricoli e da zolfatai, ogni mattina e ogni sera percorreva a piedi da tre a cinque ore di strade per recarsi al lavoro e ritornare a casa". "In questo ambiente interessi particolari e generali, bizze ed odio, gelosie e rancori, femmine e bestie, formavano oggetto quotidiano di improvvise esplosioni di matta bestialità. Inesorabilmente nella notte dal sabato alla domenica venivano eseguite le sentenze della mafia. Così, di solito. Negli altri giorni la malavita spicciola e i banditi organizzati commettevano ruberie ed assasdinii". Da subito il pretore deve cercare di risolvere i primi omicidi, nel giorno stesso del suo arrivo, ma si scontrerà con l'assoluta omertà della popolazione. Da troppo tempo la "legge" viene riconosciuta nel capomafia massaro Turi Passalacqua e nel barone Lo Vasto. Le uniche persone in cui il pretore troverà conforto sono il maresciallo dei carabinieri, un giovane contadino di nome Paolino, e Teresa, la moglie del barone, per la quale Guido Schiavi prova subito un'attrazione (corrisposta). Quando il pretore cerca di far riaprire la miniera amministrata dal barone che ha lasciato nella disperazione duecento famiglie avviene un durissimo scontro con il signorotto del luogo, il quale cerca inutilmente di corrompere il pretore. Lo scontro con il barone gli costerà le rampogne del Procuratore "Perché si preoccupa tanto della causa civile della zolfara di Galati? Che interesse ha? Come si è permesso di recarsi in casa del Barone e insultarlo?" e anche un attentato dal quale per fortuna uscirà solo ferito. Avvilito e sfiduciato da tutte le ostilità subite il giovane pretore pensa di andarsene, ma la notizia dell'assassinio del fidato amico Paolino ad opera del mafioso Ciccio Messana per una vendetta privata (entrambi si contendevano una ragazza innamorata di Paolino) induce il pretore a restare e a compiere fino in fondo il proprio dovere, costi quel che costi. Guido Schiavi convoca la popolazione, nel libro l'incontro si svolge nel pretorio, nel film in piazza dopo aver fatto suonare le campane a martello. Il suo è un atto di accusa a tutto il paese, un vero e proprio "processo": "Voi, che invece di aiutarmi a svolgere il mio compito, mi avete considerato un nemico della vostra pigrizia. Voi, che avete creato mille ostacoli al mio lavoro, che mi avete osteggiato come e quando avete potuto, che mi avete disprezzato e ignorato, denunciandomi come un perturbatore della vostra comoda quiete. Voi tutti, uomini e donne, che vi siete lasciati avvilire dalla paura anche quando si trattava di scoprire e punire gli assassini dei vostri figli, che avete tentato di sopraffare la legge persino quando difendeva i vostri interessi". Il messaggio sembra essere capito dal capomafia Turi Passalacqua che ordina ai suoi scagnozzi di consegnare all'autorità legittima Ciccio Messana. Così il pretore arrestandolo può pronunciare la fatidica formula "In nome della legge". Occorre dire che il romanzo e il film rappresentano la prima opera letteraria e cinematografica che affronta per la prima volta il tema della mafia, primato erroneamente attribuito spesso a "Il giorno della civetta" di Sciascia. Certo, le parole usate nel romanzo con cui il pretore riconosce in Turi Passalacqua " il vero re del paese" sono oggettivamente infelici e hanno dato adito ad alcuni di criticare il messaggio trasmesso, come di una specie di "riconoscimento" del potere del capomafia, anche se, a volerla dire tutta, Passalacqua rappresenta la figura del "pentito" ante litteram. Così, infatti, fu descritto a Buscetta dai mafiosi che giudicavano il suo comportamento indegno di un "uomo d'onore".Noi crediamo che ogni cosa per essere davvero capita vada collocata nel periodo in cui viene prodotta e quando uscì il romanzo molti negavano addirittura l'esistenza della mafia! Nel film, invero, il messaggio è chiaro: il pretore guarda negli occhi Turi Passalacqua e ribadisce: "IN NOME DELLA LEGGE!".