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11 giugno 2018

Il castello di Pietraperzia: di Jeanne Villepreux-Power



Lato esterno a est del castello. In primo piano la torre quadrangolare, la bifora la finestra per il Gran Salone. (Foto proprietà Giuseppe Maddalena)

Del castello di Pietraperzia abbiamo una preziosa testimonianza di Jeanne Villepreux-Power che lo visitò e lo descrive com'era ancora intorno al 1840. All'epoca il castello era adibito a prigione e si era conservato ancora pressoché integro. L’autrice, una naturalista francese, per vent'anni viaggiò per la Sicilia, soprattutto lungo le coste, descrivendo e disegnando paesaggi, monumenti d’arte, personaggi illustri. Una vera guida per i viaggiatori dell’epoca nella quale non dimenticava di inserire le migliori locande e corrieri, il valore delle monete, le principali fiere, la tariffa de' cavalli di posta.

Guida per la Sicilia - opera di Giovanna Power nata Villepreux,

Napoli, dallo stabilimento tipografico di Filippo Cirelli, 1842


Pietraperzia, distante sette miglia da Caltanissetta conta 9292 abitanti.
Si vuole che derivi dall’antica Caulonia, le cui rovine, Cluverio (Filippo Cluverio storico-geografo vissuto nel XVII secolo) le colloca vicino Pietraperzia; ma poiché questo dato si basa su argomenti molto incerti, lasciamo critiche e disquisizioni archeologiche ai dotti, dirò soltanto ciò che fu questa deliziosa terra nei tempi antichi.
Ruggero il Normanno la donò ad Abbo Barresi; i discendenti di esso furono spogliati da Federico II; ma Abbo III in grazia della Regina Eleonora, riebbe la sua baronia.
Sotto Carlo V d'Asburgo, ed ai tempi del Fazzello, Matteo III Barresi ne fu investilo con titolo di Marchese. Nel 1364 Filippo II ne nominò principe Pietro Barresi, come si rileva da una lapide che ancora oggi si conserva intatta nel castello.
Il castello è ammirevole, sul quale mi tratterrò forse lungamente; ma lo reputo degno di particolare nota. Lo visitai, ed il mio cuore restò vinto dalla meraviglia e dal rispetto. Sorge a tramontana del paese, in mezzo a forti merlati baluardi, e a mezzogiorno c’è l'entrata. Da qui è il miglior punto per vederlo, offrendoci il suo prospetto e la parte laterale della gran sala, con tre grandi finestre di gusto Normanno, e qualche mensolone rimasto lungo la cornice. L'accesso è breve e a mancina. Prima d'entrare nel cortile, in una nicchia di marmo bianco, ornata nello stile del cinquecento, si vede un busto, forse di uno di casa Barrese. Dirimpetto vi è la cappella intitolata a S. Antonio; la porta, di marmo bianco, è abbellita da ornati e figure anche del cinquecento, ma l'interno, soprattutto la parete del fondo, è pieno d'ornati moreschi, e con nettezza sono scolpiti quei fogliami traforati e spinosi. Lungo i piedritti della soffitta si leggono alcune sentenze bibliche della Genesi, scritte nel vernacolo siciliano di quei tempi. Di fronte all'ingresso del cortile si conservano le arcate, composte di grossi pilastri quadrati, ogni angolo delle quali è composto da colonnette e fasce, che girano nell'imposta; e nelle alette vi sono zoccoli capricciosamente scolpiti, con animali ed altre figure aggruppate. Sopra le arcate si apre una gran finestra, con bei profili; sul fregio si vedono emblemi baronali e segni dello zodiaco; i grossi zoccoli laterali al parapetto, sono ingombri di animali.
Dall'ingresso si sale una scala molto decorata, che da una parte conduce al prospetto bugnato della grande sala; è la gran porta di stile Normanno, con molte colonnette, ed in uno dei pilastri si osserva ancora una statua corrosa dal tempo. Gli intagli sono di pietra di duro travertino. In mezzo alla scala, su di un torrione, s'alza una statua di S. Michele. L'altro braccio di scala porta in un’ampia loggia, che introduce a numerose stanze e a sotterranei incavati nella viva pietra; da questi incavi nella pietra e da questi trafori si vuole, da alcuni, l’origine al nome del paese, perché da Pierre percée è facile derivarne Pietraperzia; altri però preferiscono altre etimologie, e farebbero derivare il nome dagli arabi. Dai diversi stili d'architettura, sembra l'edificio appartenere a diverse epoche. E a noi piacerebbe, se tra questi memorabili avanzi di arte medioevale, al posto di vedervi sgherri, carceri e carcerati, vi trovassimo cose che abbellissero e rallegrassero quella veneranda solitudine. Prima che parli del territorio di Pietraperzia è utile avvertire il viaggiatore che questa terra è stata sempre feconda di elevati ingegni; ma per quella sventura che spesso accompagna i migliori, sono stati trascurati dagli storici. Il suo territorio contiene dell'asfalto; presso la strada che porta a Barrafranca vi è un tratto di terreno calcareo contenente delle ostree fossili (ostriche fossili).

La donna che inventò l’acquario: la storia, le ricerche, i tributi




Jeanne Villepreux nasce il 25 settembre 1794 a Juillac, un piccolo paese francese a circa 400 chilometri da Parigi. Le condizioni della famiglia, di cui è la primogenita, sono modeste: il padre, Pierre, è un calzolaio, la madre, Jeanne Nicot, è una donna colta per l'epoca; il suo nome appare nella lista delle donne che possono istruire i bambini del comune, al posto degli istitutori decimati dalla Rivoluzione. Dota sua figlia di un tesoro raro per una donna di semplice estrazione di quel tempo: le insegna a leggere e a scrivere. Muore quando Jeannette ha solo 11 anni.
Nel 1812, a diciotto anni, forse per dissidi familiari, Jeanne decide di recarsi a Parigi. Le scarse notizie biografiche non permettono di ricostruire con esattezza come la giovane donna, dopo alcune iniziali disavventure, abbia potuto cavarsela. Giunta a Parigi, davanti ad una vetrina di un negozio di moda, la proprietaria la nota ed inizia a chiacchierare con lei. La giovane è spigliata ed entusiasta; le viene offerto un posto di lavoro. In breve tempo Jeanne lavora come ricamatrice nell'atelier di moda.
Deve avere avuto sicuramente talento se dopo quattro anni dal suo arrivo nella sartoria le viene affidato l'incarico che cambierà radicalmente il suo destino; il ricamo del vestito da sposa di una principessa di sangue reale: Maria Carolina di Borbone, nipote del re Ferdinando I delle due Sicilie, con Carlo Ferdinando d'Artois, Duca di Berry, nipote del re di Francia Luigi XVIII. È l'evento spartiacque nella vita di Jeanne Villepreux.
È in questa circostanza che la giovane ricamatrice incontra James Power, gentiluomo irlandese di nobili origini, nato nelle Antille il 28 febbraio 1791, destinato dopo due anni a diventare suo marito.
Si narra che James Power, si trovasse a Parigi nei giorni dei festeggiamenti per il matrimonio principesco. Nel vedere l'abito nuziale, colpito dallo splendore dei merletti e dei ricami, avrebbe chiesto di incontrare l'anonima autrice per manifestarle la sua ammirazione.
Sarebbe avvenuto così l'incontro che in un breve volgere di tempo avrebbe condotto, in tutt'altro contesto, anche Jeanne Villepreux all'altare, per unirsi in matrimonio al giovane mercante irlandese James Power.
La cerimonia nuziale tra la sposa di ventiquattro anni e lo sposo di tre anni più anziano, si svolge il 4 marzo 1818, nella Chiesa di S. Luca, a Messina. Ed è sulle rive dello stretto, dove James Power esercita una solida attività commerciale, rapidamente affiancata da iniziative finanziarie ed imprenditoriali, che Jeanne Villepreux Power vive i prossimi 25 anni della sua vita.
Nel 1843, quando lascia la Sicilia, è associata ad almeno diciotto tra accademie e istituzioni scientifiche internazionali, carica di riconoscimenti per i suoi studi naturalistici e le sue scoperte di biologia marina, le viene anche attribuito l’invenzione dell’acquario, muore nel paese dov’era nata il 25 gennaio 1871.