Fra gli innumerevoli danni che la pandemia ha scaricato sulle nostre vite, lasciatemi spendere due parole su un problema che potremmo, tutt’al più, considerare un modesto effetto collaterale: più la fastidiosa puntura della zanzara che il doloroso morso del serpente.
Divagare sugli effetti
secondari e non concentrarsi su quelli più seri può sembrare davvero eccentrico
se non proprio fuori luogo, considerati i tempi, e se lo pensate, non posso certo
darvi torto. E allora perché mi sono
comunque risolto a proporvi l’argomento?
Anzitutto perché delle
altre conseguenze, quelle veramente serie,
si occupano già tante persone (e con ben altra competenza) e poi perché, male
che vada, alla fine vi avrò solo fatto perdere qualche minuto di tempo su una
questione forse futile ma comunque innocua.
Per di più, nella
cupezza dei tempi che viviamo, allentare di tanto in tanto la tensione può
persino risultare terapeutico. Prendiamoci dunque questa licenza e andiamo sull’argomento.
Lo abbiamo presentato
come un (subdolo) effetto collaterale del virus. Quali sintomi accusa la
persona che ne è colpita? Essenzialmente due: una marcata bulimia verbale e una
evidente difficoltà di ascolto.
In che modo tali
sintomi sono associati al fenomeno pandemico? Un esperto della materia me l’ha
spiegato così.
Il virus ha unito il
mondo! Non già nel senso che l’ha reso più coeso e solidale ma nel senso che ne
ha uniformato le priorità, omologato il linguaggio e monopolizzato la
discussione in ogni latitudine. Naturalmente ci arriva anche l’eco di altri
avvenimenti ma la musica di fondo nel pianeta terra oggi la suona e la dirige il
virus.
Il mostro vuole su di
sé tutta l’attenzione; detta l’agenda ai governi e impone le sue regole alle
persone. Insomma esige che, nel tempo del suo regno, sia sospesa ogni divagazione:
vietato distrarsi in parole, pensieri e
opere, come ci insegnavano al catechismo.
Da un anno a questa
parte non parlano d’altro, governanti, giornalisti, economisti, igienisti,
virologi, pandemisti, statistici, comici, saggisti, opinionisti, astrologi, psicoanalisti,
fisioterapisti, sociologi, divulgatori, tassisti, naturalisti e, ovviamente,
tuttologi.
E del resto, direte voi
con qualche ragione, come potrebbe essere altrimenti?
Di fronte ad un evento
così devastante; un evento che ha travolto ogni certezza, sovvertito ogni
priorità, abbattuto ogni barriera, di cos’altro vuoi parlare?
Non che in tempi di
distanziamento siano molte le occasioni di incontro, ma provate in una qualche
conversazione, anche di quelle che si svolgono sulla macchina, a fare cenno ad argomenti diversi dal tema assegnato.
Ma cosa ti salta in
mente? Ti pare un argomento serio con quello che accade? Ti pare rispettoso per
i morti, per il dolore e per i sacrifici che la pandemia sta imponendo a tante
persone; per gli effetti sulla loro salute e sulle loro attività?
E tu che, ovviamente,
non intendi mancare di rispetto a nessuno, lasci perdere; abbandoni ogni altra futilità e riprendi la discussione sull’ordine
del giorno imposto dalla circostanza: piani pandemici, indici RT, protocolli
vaccinali, vaccini con RNA messaggero, vaccini vivi attenuati, vaccini inattivati, vaccini a DNA ricombinante, anticorpi
monoclonali e quant’altro.
E naturalmente nel
momento in cui accetti la discussione, devi dire la tua. Devi mostrare di poter
padroneggiare gli argomenti e sfoggiare un linguaggio appropriato, con tutta la
naturalezza di chi la sa lunga, anche se le tue cognizioni virologiche
risalgono al libro di scienza della scuola media (o del liceo per i più
istruiti).
Ma cosa non si fa per
stare in società! Costretti a reinventarci eruditi
per necessità.
Per fortuna che c’è la
rete che consente, anche a chi sull’argomento ha evidenti lacune e poco tempo
per colmarle, di reperire le quattro
informazioni giuste per tenere testa nella conversazione e potere discettare
con solide argomentazioni scientifiche anche
sulle trombonate del tale professorone ascoltato la sera prima dalla Gruber.
Noi, con le
informazioni prèt à porter che la
giungla ci mette a disposizione, arriviamo subito al punto. Un giretto nel web
e il gioco è fatto; la citazione di una rivista scientifica (naturalmente mai
letta), una statistica orecchiata, una opinione che suona bene (possibilmente
con corredo di termini inglesi) ... e tutti pronti alla discussione: e che
discussione! Una valanga di asserzioni, convinzioni e certezze, altro che quei
cacadubbi degli scienziati che più stanno chiusi nei laboratori, più studiano i
problemi, e più dubbi si fanno venire e ti fanno venire.
Non scordiamoci che
siamo impegnati in conversazioni su argomenti dei quali non capiamo un
accidente e con persone alle quali vogliamo dimostrare che loro non capiscono
un accidente; e se ci si imbatte in un momento di difficoltà dialettica (sempre
possibile: al nostro tavolo di conversazione tutti hanno fatto il loro giretto
nel web per rubacchiare opinioni
scientifiche) si può sempre ricorrere alla vecchia e consolidata tecnica di
scaricare sulla conversazione fiumi di parole utili solo a confondere le acque,
dissimulare i concetti e colmare così le lacune; se questo non basta allora si
alza il volume della voce; se non basta ancora, si da sulla voce del
contraddittore e se ne neutralizza ogni via di comunicazione.
Naturalmente per
tenere sempre allertato il circuito cervello/bocca c’è bisogno di energia e
concentrazione supplementari che la persona attinge dal circuito
cervello/orecchie che nella conversazione viene di conseguenza disattivato. Infatti,
come mi spiega un ricercatore nel campo delle neuroscienze, di mia conoscenza, studi
approfonditi mostrano che il cervello deve mantenere un'omeostasi per cui le
energie si bilanciano all'interno degli stessi circuiti neurali e il circuito
del linguaggio comprende sia la comprensione
verbale sia la produzione verbale.
Ed ecco manifestarsi i
due sintomi associati di cui si diceva: logorrea e caduta della capacità di
ascolto.
È così che nel conto dei danni che il mostro ci infligge si è
aggiunto anche quest’altro; un danno che, beninteso, non è grave come altri ma che
comunque è pur sempre un danno: davanti ad un argomento così complesso che
appena appena riusciamo ad inquadrare, piuttosto che cercare di capirne di più, vogliamo solo dirne di più.
Ma a preoccupare
maggiormente, a sentire l’esperto di cui vi parlavo, è l’estrema contagiosità
del fenomeno; l’ignaro si trova coinvolto in una discussione con persone che
hanno sviluppato i sintomi e ne subisce fatalmente il contagio.
Il soggetto è subito
preso dalla irrefrenabile cupidigia di esibire il suo bagaglio di erudizione
acquisita nel giretto pomeridiano nella rete; di tirare fuori la quantità di
parole ed il volume della voce richiesta dalla durezza della discussione e dalla
pervicacia dell’interlocutore, finché non ne ha avuto ragione.
E così a quel tavolo
di conversazione si ritrovano solo persone che parlano (si parlano) alzando progressivamente
i decibel della voce e moltiplicando la quantità di parole, nessuna delle quali
arriva all’orecchio (e per suo tramite al cervello) degli altri: rumore,
rumore, rumore!
Si può scansare il
contagio? Purtroppo pare che lo stesso vaccino risulti di scarsa efficacia e la
sola prevenzione consiste nell’adottare precise tecniche di dissimulazione
quando si entra in contatto con i soggetti contagiati (la evidenza dei sintomi vi
deve subito mettere in allerta).
Innanzitutto bisogna lasciare
a loro la conduzione del discorso; non interromperlo, non contraddirlo e
complimentarsi spesso per la competenza e l’acutezza delle argomentazioni che
propone.
Sulle prime ne sarà
lusingato ma ben presto vacillerà. Non è preparato a fronteggiare un
atteggiamento così arrendevole.
Non trovando
resistenza e non ravvisando la necessità di dovere caricare tutte le sue
batterie per stroncare l’interlocutore, perderà grinta e motivazione e la
discussione inevitabilmente si appiattirà; quello è il momento giusto per voi
di assumere un tono fintamente svagato, provando a portare il discorso su altro.
La conversazione potrebbe così prendere aria ma soprattutto avrete dato un
piccolo aiuto al vostro amico a contenere i sintomi che lo affliggono.
Per il fatto che
viviamo tempi difficili non è detto che dobbiamo impegnare le nostre energie,
tante o poche che siano, nel renderli ancor più insopportabili.
Salvatore Di Gregorio