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03 ottobre 2021

VIA 4 NOVEMBRE E DINTORNI-C'ERA UNA VOLTA ANNI 40-60 - Recensione di Lina Viola


Il ritorno, dopo 25 anni, a Pietraperzia nell'agosto 2005, di Salvatore e Maria desta nel loro animo una grande commozione. I ricordi invadono le loro menti, emozioni che ogni sradicato rivive quando torna a ripercorrere quelle stesse vie nelle quali ha vissuto l’infanzia. La casa dove si è nati, i compagni di gioco nelle strade, gli amici, i vicini e tutti i ricordi legati agli anni della nostra formazione. Ricordi ed esperienze che rimangono indelebili.

La via IV Novembre di quegli anni per Maria e Salvatore, nei loro racconti, diventa il palcoscenico su cui diversi personaggi noti e meno noti appaiono attori e anche spettatori di ciò che accade nella vita di un piccolo mondo racchiuso in un pugno di case. La strada, luogo di incontro e di gioco per i bambini, con ancora le galline lasciate libere di razzolare starnazzanti e che a volte un destino avverso li faceva finire schiacciate dalle ruote di un carretto o addentate da qualche gatto o cane randagio affamato. Ma i ricordi dell'infanzia non tutti sono lieti; essi rivivono il periodo della guerra anche se ancora piccoli.

Lo sfollamento del paese verso le campagne, in posti ritenuti più sicuri. La vita a li Minniti raccontati con occhi di bambini. Le bombe sganciate dagli aerei alleati che traumatizzarono Maria e che per molti anni il rumore dei tuoni le susciteranno paura, riportandola al triste ricordo dei bombardamenti. Vivo e malinconico il ricordo di quelle famiglie a cui erano stati tolte i loro uomini; figli, padri, sposi. Uomini tolti dalle campagne e mandati in guerra. In essi rimaneva solo disperazione e speranza del loro ritorno a casa, sani, scampati alla morte. Commovente è la storia di Pasqualino, il cuginetto, che a sette anni, dopo il ritorno dalla prigionia, conosce il padre.

Ho trovato interessante leggere di due indimenticabili personalità di Pietraperzia: il dottor Vitale e il commediografo Giarrizzo.

Il primo, medico valente e all’occorrenza anche ginecologo, apprezzato da tutti, uomo colto dedito agli studi letterari e matematico insigne. Il commediografo, forse poco conosciuto perché non avendo più un teatro, le sue opere teatrali che meriterebbero di essere riscoperte, non sono state più rappresentate.

Il libro è costituito da tre parti; i brevi e numerosi racconti risalenti a vicende e famiglie tra la via IV Novembre e corso Umberto I, da allora conosciuta e chiamata da tutti la Strataranni. Una raccolta di racconti ricchi di avvenimenti legati a persone care agli autori, tra questi l’insediamento delle Salesiane a Pietraperzia. Le voci narranti che si alternano sono quelle di Maria e Salvatore. La descrizione dei racconti, spesso minuziosa e ricca di testimonianze sulla vita di quegli anni, rendono piacevole la lettura che a quella generazione far rivivere le esperienze proprie di ogni emigrato. I racconti sono ricchi di espressioni dialettali, che rafforzano l'appartenenza identitaria a Pietraperzia. Il libro si chiude con una raccolta di poesie tra queste la strepitosa e notissima “Littra a lu me pajisi” struggente per ogni emigrato che la legge o la rilegge.

Lina Viola

Il libro può essere scaricato gratuitamente da questo link:

VIA 4 NOVEMBRE E DINTORNI-C'ERA UNA VOLTA ANNI 40-60 - Di Salvatore e Maria Giordano



26 aprile 2019

Invito alla lettura: Il veleno dell’oleandro di Simonetta Agnello Hornby





Dopo avere letto la trilogia La Mennulara, Boccamurata e La zia Marchesa, “Il Veleno dell'oleandro” non si scosta nello stile e nelle tematiche sempre riproposte dalla nostra autrice. Una scrittura sapientemente resa scorrevole con le colorite descrizione di personaggi e luoghi di una Sicilia immaginaria. Luoghi immaginari ma che emergono reali alla mente di ogni siciliano che se ne è allontanato e le rivive con nostalgia.
Una scrittura sempre elegante anche nei piccoli dettagli descrittivi che danno forma e piacevolezza ai suoi romanzi.
Il racconto “Il veleno dell’oleandro” è ancora la narrazione drammatica di una grande famiglia: i Carpinteri, che nel groviglio delle passioni morbose, delle rivalità, dei segreti gelosamente custoditi, degli amori clandestini l’autrice intreccia con la consueta maestria sentimenti e risentimenti, sapendo creare momenti di vera suspance.
Bede Lo Mondo, un giovane bellissimo, viene accolto nella sua adolescenza dalla famiglia benestante dei Carpinteri, che gli dà la possibilità di studiare e di crescere nella loro tenuta de Ceuta a Pedrara.
Bede rimarrà fedele tutta la vita ad Anna, la padrona della tenuta. Accudirà devotamente Anna, ormai vecchia e malata di una forma di demenza fino alla sua morte. Un rapporto ambiguo ha legato Anna e il molto più giovane Bede.
L’incontro con i figli Luigi, Giulia, Mara e i parenti, accorsi al capezzale di Anna accende vecchi rancori famigliari, vecchi amori, storie di tesori nascosti, passaggi segreti. Anche i rapporti con la famiglia di Bede: i Lo Mondo, e una setta segreta, vedono il ritorno dei padroni come un ostacolo allo svolgimento delle loro attività illegali. Tanti misteri si svolgono nella villa e troppi personaggi entrano nella trama del romanzo.
Simonetta Agnello Hornby, in questo romanzo, introduce “parentesi” su numerosi soggetti solo accennati, una fotografia ridondante e non sempre nitida di personaggi e situazioni inverosimili: l'anoressia, la violenza familiare sulle donne, la bisessualità, l’omosessualità, l’associazione mafiosa, lo sfruttamento degli immigrati di colore.
Veramente troppo per non dare, in certi momenti, poca credibilità alle storie complicate della famiglia Carpinteri. La scrittrice non ha voluto fare una narrazione che avrebbe appesantito il romanzo su temi troppo scontati. Forse consapevolmente si è limitata ad accennarli, mettendo così il lettore nella condizione di immaginare e riflettere su argomenti della nostra attualità


Lina Viola



Il libro Il veleno dell’oleandro di Simonetta Agnello Hornby  è disponibile in biblioteca.  Puoi prenotarlo cliccando qui



10 dicembre 2018

Invito alla lettura: "Pastorale americana" di Philip Roth




Non avevo letto Philip Roth, ma l’eco suscitato dai mass media dopo la sua scomparsa, mi ha incuriosito e spinta a leggere Pastorale americana, uno dei suoi romanzi più noti.
La voce narrante è quella di Nathan Zuckerman uno scrittore appartenente alla comunità ebraica di New York che narra la vicenda personale e famigliare di Seymour Levov, detto lo Svedese, suo compagno al liceo e fratello maggiore di un suo compagno di classe. Soprannominato lo Svedese per il suo aspetto fisico e per la sua carnagione chiara. Un uomo generoso, bello, con un forte senso morale e grandi doti sportive, era stato l’idolo degli studenti.
Il romanzo racconta della famiglia ebrea dei Levov, emigrata negli Stati Uniti alla fine dell’800. Tre generazioni con gli stessi obiettivi di benessere e prosperità. Il nonno di Seymour che aveva fatto lo scarnatore di pelli in una conceria, il figlio Lou, padre dello Svedese, a 14 anni aveva lasciato la scuola ed era entrato a lavorare nella stessa conceria. Con enormi sacrifici e lavorando duramente si arricchirà creando una fabbrica di guanti per donna. Adesso Seymour Levov, lo Svedese, è subentrato al padre e la dirige con successo.
Lo Svedese sposa la cattolica Dawn Dwyer ex Miss New Jersey.
Bellissima coppia ricca e apparentemente felice. Una classica e invidiabile famiglia americana. Dal matrimonio hanno una figlia, Merry, con un difetto, la balbuzie e problemi di personalità che preoccupano il padre e rendono infelice la madre. Per correggere la balbuzie, Merry è seguita da specialisti; ma Merry, nonostante tutto, peggiorerà.
Il dramma che sconvolgerà la normale quotidianità dello Svedese e che farà crollare gli equilibri della sua vita è quando Merry, ormai adolescente, inizia la ribellione verso i genitori, criticando i loro valori e il loro stile di vita, e con il rifiuto delle convenzioni borghesi. Comincia a partecipare alle manifestazioni di protesta contro la guerra del Vietnam e alle lotte per i diritti civili delle minoranze. Sono gli anni della contestazione giovanile che la porteranno a unirsi a un gruppo di estrema sinistra, e a compiere un attentato. La conseguenza sarà la morte di una persona che la costringe alla latitanza.
Seymour Levov non accetta la figlia terrorista che ha distrutto la vita di persone innocenti. Il romanzo è permeato dalla disperazione di un padre per la perdita della figlia e sempre alla sua ricerca; l’impossibilità di comprendere i motivi che l’hanno allontanata dalla famiglia, e l’odio che l’hanno portata a compiere atti terroristici. Triste e commovente, quando anni dopo, ritrova la figlia che aveva creduto morta. Irriconoscibile nell'aspetto, vive come una senzacasa, in condizioni di estrema povertà, provata psicologicamente. Incapace di riportare la figlia a casa e toglierla dal letame nel quale vive una vita disperata, riconosce tutta la sua impotenza di fronte alle scelte distruttive della figlia.
La vita familiare di Seymour Levov è ormai definitivamente sconvolta. La moglie Dawn, dopo un lungo periodo di depressione comincia a riprendersi la sua vita; la scopre che ha una relazione con l’architetto che ha ristrutturato la loro villa.
Il romanzo è un lungo viaggio nel dolore, il racconto di come la precarietà dei sentimenti può distruggere una famiglia. Seymour Levov aveva costruito la sua vita e la sua famiglia secondo la “pastorale americana” della classe medio-alta del New Jersey, senza però aver saputo salvare la figlia dai rivolgimenti giovanili di quegli anni sessanta e il suo matrimonio dal subbuglio dei tempi moderni.
Consiglio la lettura del romanzo, un racconto potente dal quale un paio di anni fa è stato tratto un film

Lina Viola


Pastorale americana di Philip Roth è disponibile in biblioteca. 
Puoi anche prenotarlo cliccando qui








14 novembre 2018

Invito alla lettura: Il bordo vertiginoso delle cose




Nel romanzo di Gianrico Carofiglio mi ha incuriosito questa frase: “da bambino avevo paura di tutto”. Queste parole mi hanno riportato alla mia infanzia. Le mie paure erano le stesse che lo scrittore evoca nel suo romanzo. Alcuni incubi, sempre gli stessi, che mi svegliavano la notte chiamando la mamma per essere rassicurata da lei. Le paure poi con le quali tutti conviviamo tutta la vita, le ansie che ci tormentano e a volte ci paralizzano e ci impediscono di portare a termine un’attività, un lavoro. È quello che accade nel romanzo ad Enrico, Il protagonista del racconto, dopo il suo primo libro di successo non ha idee per scriverne un secondo, quello in cui potrà avere la conferma del suo talento letterario, ma non rinuncia e si rifugia con apparente rassegnazione nel ruolo di Ghostwriter, scrivendo libri per altri scrittori.
Mentre leggo il romanzo che si può definire “romanzo psicologico”, ho come una immedesimazione col protagonista, la sensazione di stargli fianco a fianco. Ascoltare le sue lunghe digressioni, il racconto delle lezioni di filosofia che spiega come farebbe un insegnante con i suoi allievi. I ricordi della sua adolescenza nella sua città di origine, Bari, mi riporta alla mia adolescenza e alla mia prima giovinezza e a tutte le mie difficoltà che, come per il protagonista, fanno fuggire da una realtà che sembra non dare un futuro accettabile.
A Firenze, dove Enrico vive da anni, gli capita di leggere casualmente una notizia di giornale che lo travolge psicologicamente. Un suo ex amico e compagno di Liceo, Salvatore, da poco uscito di galera, durante una rapina, è stato ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri.
Enrico decide tornare a Bari e affrontare quei fantasmi del passato dai quali è scappato. Inizia così in un racconto dove l’autore alterna capitoli che riguardano gli avvenimenti della sua adolescenza e altri dove racconta della varia umanità che incontra nella visita alla sua città di origine, personaggi del suo passato e personaggi incontrati casualmente.
Enrico è stato un adolescente insicuro, ma tutto inizia a cambiare con l’arrivo nel suo liceo di una supplente di filosofia. Celeste è la giovane professoressa, libera e disinibita, della quale Enrico s’innamora, che ha saputo fargli amare e fare amare a tutta la classe la sue lezioni di filosofia. Un altro incontro importante che lo cambierà profondamente è l’amicizia tra lui e Salvatore, un suo compagno più grande di lui e più volte ripetente. Salvatore è un attivista della sinistra extraparlamentare, come venivano definiti allora certi movimenti di sinistra formati perlopiù da studenti. Dopo una rissa violenta con alcuni ragazzi Salvatore gli insegna le tecniche di lotta facendolo allenare alle arti marziali e all’uso delle armi. Enrico si farà coinvolgere in piccole rapine e persino in un attentato a un avversario politico. La fine della supplenza di Celeste, la scoperta di una relazione sentimentale tre lei e il suo amico Salvatore, e il carcere di questi per rapina lo allontaneranno per sempre da lui.
Il romanzo di Gianrico Carofiglio, alle prime pagine, mi aveva scoraggiato nel continuare a leggerlo; ma dopo un avvio faticoso ho iniziato ad apprezzarlo sia per i temi che per l’abilità narrativa di Carofiglio.
Trovarsi nel "bordo vertiginoso delle cose" può capitare a chiunque, il racconto ci dice che dobbiamo lottare e non farci trascinare "nell’abisso", conta non cedere alle grandi delusioni che la vita immancabilmente ci riserva e che non spingersi oltre quel "bordo"può offrire nuove possibilità di futuro.

Lina Viola


Il libro Il bordo vertiginoso delle cose di Gianrico Carofiglio
è disponibile in biblioteca. Puoi anche prenotarlo cliccando qui
 






22 ottobre 2018

Invito alla lettura: La zia marchesa di Simonetta Agnello Hornby


Per completare la trilogia di La Mennulara e Boccamurata di Simonetta Agnello Hornby ho letto La zia marchesa, suo secondo romanzo in ordine cronologico di pubblicazione. Il romanzo racconta la saga di una famiglia nobile: i Safamita (quanti cognomi improbabili nei suoi romanzi). Come nei libri precedenti siamo in Sicilia e ancora una volta srotola le vite di tre generazioni della seconda metà dell’800. Anche in La zia Marchesa le storie personali dei personaggi s’intrecciano con gli infiniti spunti storici che l’Autrice utilizza per costruire i suoi romanzi. Nel romanzo non mancherà la comparsa effimera dell’isola Ferdinandea, il brigantaggio, i Fasci siciliani, lo sbarco dei mille, i campieri mafiosi...
Ci sono più voci narranti, sempre di persone al servizio dei Safamita, balie, camerieri, cocchieri... Amalia Cuffaro è stata fino alla sua morte la balia di Costanza, la Marchesa, la protagonista del romanzo, che ha amato come una figlia, e ci farà conoscere gradualmente la storia della Marchesa intanto che la racconta alla nipote Pinuzza, mentre la spidocchia seduta al sole della Muntagnazza. La marchesa Costanza dai capelli rossi e la carnagione lentigginosa era la secondogenita di Caterina Safamita, una figlia indesiderata, non amata, affidata alla balia Amalia, crescerà senza mai una carezza. Solo nell'adolescenza conoscerà un po' di affetto della madre. Il padre invece la vuole bene, la protegge, la stima e per lui sarà sempre la figlia dell'amore. Costanza per tutta la vita si chiederà il perché sua madre non avesse potuto amarla. Una donna che visse triste e infelice sempre incinta di figli che abortisce e madre solo di Stefano il prediletto, Costanza che non amava e Giacomo il ribelle.
Nel romanzo sono presenti sempre gli stessi temi che fanno definire a Simonetta Agnello Horby “trilogia” i suoi primi tre romanzi: l’invidia, l’odio familiare, i tradimenti, le perversioni, e in questo suo secondo romanzo anche l’incesto.
I personaggi, come al solito, sono tantissimi sempre ben caratterizzati, perlopiù gli umili, inseriti con abilità nei molteplici contesti storici, tanti “attori” che si piegano sempre ai loro padroni e cederanno sempre ai ricatti e alle sopraffazioni di campieri e mafiosi. Soprattutto le donne, sottomesse e prede sessuali dei loro padroni.
Per me è sempre piacevole leggere espressioni con la parlata chiara siciliana; a mio parere, danno anche più forza al racconto.
Per dare senso al romanzo, una morale, concludo citando un proverbio siciliano: “Cu li sordi s’accatta tutto, ma nun s’accatta ne l’onuri ne la filicità". È quello che più si adatta alla famiglia Safamita. Ricchissima, ma tutti infelici. Vittime e artefici della loro avidità e della malvagità. Si conoscerà solo alla fine il segreto di Costanza sulla sua nascita e quella dei suoi due fratelli.


Lina Viola


Il libro La zia marchesa di Simonetta Agnello Hornby 
è disponibile in biblioteca. Puoi prenotarlo cliccando qui




14 settembre 2018

Invito alla lettura: Boccamurata di Simonetta Agnello Hornby


“Boccamurata” è il terzo romanzo della cosiddetta trilogia, come l’autrice stessa l’ha definita. Una trilogia, per la verità, senza punti in comune con i romanzi precedenti: “La Mennulara” e “La zia marchesa”. Ma trilogia la dobbiamo chiamare. Pur diversi per personaggi, ambienti sociali, situazioni ma così simili per le passioni, la sensualità prepotente degli “attori” che Simonetta Agnello Hornby mette in scena, costruiti con la solita e riconoscibilissima maestria, la “parlata siciliana”, i paesaggi sempre descritti da suscitare nostalgia ai siciliani che ne sono lontani.
Toccante per me lo sguardo su un peschereccio che si osserva da lontano "navigava orizzontale, come una foglia trasportata dalla corrente".
Il romanzo si apre con una tranquilla e tradizionale riunione familiare: il compleanno del nonno Tito attorniato da figli e nipoti. Mariola, la moglie, che imbandisce la tavola con tutti i suoi piatti preferiti.
Un quadretto famigliare perfetto; Tito soddisfatto, osserva divertito da patriarca autorevole. Chiama figli e nipoti con i nomignoli che ha dato a ognuno di loro: capellini, rigatoni, spaghetti... nomignoli, che senza nessuna fantasia, affibbia loro per essere il proprietario del grande pastificio ereditato dal padre. Ma il personaggio sulla quale s’innerverà il racconto è la zia Rachele.
Custode attenta della casa, è per Tito, da sempre, un punto di riferimento imprescindibile. Tito che non ha conosciuto la madre è stato cresciuto ed educato da questa zia, che ancora adesso lo guida e lo consiglia sulle decisioni importanti che riguardano la famiglia e il pastificio.
Questo rassicurante interno famigliare è solo apparente, nasconde invidie e tradimenti. Lo stesso Tito vive un grande dolore, il tormento di non avere conosciuto la madre.
Nel clima sereno della festa il nipote Titino, il preferito, per un compito assegnatogli a scuola gli chiede di aiutarlo a fare la "La ricostruzione dell'albero genealogico della sua famiglia".
Questa richiesta riapre la grande ferita, riportandolo al suo difficile passato. Alle sofferenze e alle difficoltà vissute nell'infanzia e poi nella sua adolescenza. Quello che lui sa è quello che il padre, Gaspare, gli aveva sempre raccontato. Di essere il frutto di un amore con una donna sposata e che da questa relazione clandestina, per salvare l’onore della donna amata, l’aveva cresciuto nella sua casa e affidato alle cure della sorella, la zia Rachele.
La scrittrice ricostruisce lungo tutto il romanzo la personalità di Tito della sua complicata famiglia è di sua “zia” Rachele che aveva rinunciato a sposarsi e dedicarsi completamente all'educazione di Tito.
La spasmodica ricerca della verità sulle sue origini, che scoprirà cinquant'anni dopo, con l'incontro di Dante, figlio di una ex compagna di scuola di Rachele. Tito viene in possesso di un pacco di lettere scambiate da Rachele con la mamma di Dante che gli riveleranno quello che non avrebbe mai sospettato. Le lettere dell’allora giovane Rachele gli sveleranno una verità sconvolgente.
Un tabù che lo porta a riconsiderare la figura di Rachele. Una rivelazione che gli da finalmente la serenità cercata tutta la vita e che gli farà dire di Rachele “la donna più trasgressiva che abbia mai conosciuto".
La zia è sempre vissuta con “la bocca murata” custode del suo segreto e del destino di Tito.
Un romanzo che ho apprezzato per l’apparente facilità di scrittura e che mi ha turbato per la scabrosa vicenda di Rachele. Consigliatissimo.

Lina Viola




27 agosto 2018

Invito alla lettura: Di notte... le stelle


Ho iniziato a leggere la prefazione e mi sono immedesimata nell'autrice, una insegnante, che prova interesse per lo studente che confida problemi, situazioni, sogni, aspettative sul suo non facile avvenire. È accaduto alla scrittrice, insegnante in una scuola molto speciale, la Casa Circondariale "Luigi Bodenza" di Enna.
Nel carcere di Enna fu rinchiuso Faisal, un ragazzo di colore proveniente dal Ghana, educato in una famiglia che, nonostante tutto, conduceva una vita serena e dignitosa. Una famiglia numerosa con un padre severo che diventa spesso manesco alle sue tante bugie. Faisal cresce con una disciplina quasi militare.
L’andamento famigliare peggiora con le crisi economiche del Ghana e la difficoltà del padre a trovare un lavoro.
Faisal a diciannove anni, con la tristezza nel cuore di ogni migrante lascia la madre, la casa, abbandona il suo paese e si trasferisce in Libia.
In Libia, prima della rivoluzione e la caduta di Gheddafi, si inserisce subito, trova un lavoro e con quello che guadagna riesce ad aiutare la sua famiglia.
Dopo qualche anno la situazione politica cambia. Campagne di accuse a paesi stranieri causano un clima di diffidenza e di odio verso la gente di colore. La rivoluzione, le violenze e la caduta di Gheddafi fanno decidere Faisal ad abbandonare la Libia.
Un'impresa che si presenta subito difficile e piena di ostacoli; il paese è chiuso, anche riattraversare il deserto verso sud, attraverso il Niger, non è possibile. Unica via di fuga è il Mediterraneo.
A Faisal la traversata verso il “sogno dell’Italia” sembra facile, ha denaro a sufficienza e la volontà di mettersi in salvo.
La testimonianza di Faisal sul viaggio di questi tanti disperati, uomini, donne, bambini piccolissimi, è un incubo angoscioso che nessuno dovrebbe essere costretto a vivere.
L’Avaria dell’imbarcazione, porterà a momenti di follia e di ferocia e alla morte di molti di loro. Dopo molti giorni di deriva le motovedette italiane salveranno i superstiti: Faisal è uno di loro.
Alla gioia di essersi salvato segue quasi subito il tormento e la sofferenza del carcere. Viene accusato di omicidio e di delitti che non ha commesso, da innocente è condannato a 14 anni.
Per descrivere l’afflizione del carcere l’Autrice scriverà: “vedo chiudere alle mie spalle ben sette, dico sette, tra porte di ferro blindate e pesanti cancelli”. Ho immaginato di vedere quegli uomini dietro le sbarre, nelle loro celle, trascinarsi in una vita che perde di senso con la perdita della libertà personale.
Durante la carcerazione Faisal fa tesoro dei diversi insegnamenti, impara a cucinare, a leggere e parlare l'italiano e questo gli permette di lavorare ed entrare in contatto con insegnanti ed educatori, capaci di ascoltarlo e consigliarlo. Faisal è un giovane non rassegnato, fiducioso nella Legge.
Dopo 4 anni di carcere Faisal avrà giustizia..."è stato assolto per non aver commesso il fatto".
Nella postfazione di questo agile volumetto, che si legge in poco tempo; il suo avvocato difensore descrive, in un breve resoconto, come superati i pregiudizi iniziali si convince dell’innocenza del ragazzo. Per la verità un resoconto troppo breve; avrebbe potuto spendere qualche riga in più per spiegare la situazione kafkiana nella quale viene scaraventato Faisal.
Non si comprende chi sono gli accusatori che lo portano in carcere e il perché di accuse tanto gravi fatte a un innocente. Incomprensibile anche la motivazione dell’assoluzione che ci da l’avvocato. Faisal sarebbe stato assolto perché da buon musulmano, come tale, non avrebbe potuto commettere omicidi per superstizione o per riti magici, e perciò credibile, a differenza di altri accusati, suoi compagni di traversata, poi condannati definitivamente , ma di religione cristiana.
Dopo l’assoluzione, Faisal è un uomo libero, ha trovato un lavoro come mediatore culturale e vive a Enna. Ha conosciuto e si è innamorato di una ragazza, una operatrice del centro di accoglienza, e con lei è nato un amore.
Consiglio la lettura “Di notte... le stelle”. Un libro breve ma intenso. Pagine che ci mettono davanti agli occhi un resoconto terribile e terrificante di una umanità in fuga da guerre, persecuzioni e fame. Una storia reale di uomini, donne, bambini che muoiono in situazioni angosciose.
Pagine che dovrebbero fare riflettere, soprattutto coloro che girano indifferenti la testa da un’altra parte, e quei cuori che hanno perso ogni briciola di umanità.

Lina Viola


Il libro di Filippa La Porta è disponibile in biblioteca. Prenota qui.



20 agosto 2018

Invito alla lettura: Ogni Respiro di Nicholas Sparks


Ogni Respiro
è il ventesimo romanzo di Nicholas Sparks. Un romanzo d'amore, che lo scrittore, come sempre, sa ben confezionare.
Tru Walls divorziato, con un figlio, fa la guida in una riserva naturale in Africa, nello Zimbabwe, e si occupa di safari. Hope Anderson è un’infermiera con un fidanzamento in crisi alla ricerca della solita pausa di riflessione.
Tru riceve una lettera da un uomo che dichiara di essere suo padre e che non ha mai conosciuto. Il padre ormai malato lo invita a recarsi a Sunset Beach nel North Carolina per riconoscersi e affrontare il mistero della sua infanzia.
Dal padre conoscerà la commovente storia di sé e di sua madre morta in un incendio. 
Tru e Hope s'incontrano casualmente in spiaggia e tra loro nasce la solita simpatia che si trasformerà nel solito colpo di fulmine e subito in un amore che li travolge.
Un amore idealizzato che dura e non muta nel tempo, nonostante le scelte egoistiche ed opportunistiche di Hope, gli abbandoni, e in età avanzata la malattia di lei.
Bella e romantica la descrizione della cassetta della posta chiamata Kindred Spirit sull'isola di Bird Island che esiste nella realtà e serve all’autore come spunto per il suo romanzo. Un pezzo di autentica bravura di Nicholas Sparks che qui padroneggia il mestiere nel genere sentimentale-romantico.

La cassetta postale invita a scrivere a coloro che la trovano i loro pensieri, le loro preghiere, i loro sogni.

Questa storia d'amore “fantastica” sbocciata a Carolina Beach, la spiaggia dov'è ambientata, fa da sfondo, da impalcatura, per raccontarci e descrivere i safari e i paesaggi incontaminati “della sua Africa”.
Nicholas Sparks ama l'Africa. Ama le pianure sconfinate delle savane, ama le inaccessibili foreste pluviali e la sua vegetazione, l’infinita varietà di ogni specie di animali, ama il clima e descrive in maniera quasi pittorica come un grande affresco gli ambienti incontaminati dei grandi parchi africani.
Nel romanzo non mancano i riferimenti storici e le turbolente vicende politiche del continente.
Non mancano le pagine che ti fanno pensare, come il paragone delle nostre vite alla vita delle foglie: "Vivi come meglio puoi per tutto il tempo che ti è concesso finché non arriverà il momento di staccarsi e lasciarsi andare serenamente".
Un libro da leggere sotto l'ombrellone.

Lina Viola



Il libro "Ogni respiro" è disponibile in biblioteca. Prenotalo qui.


16 luglio 2018

Invito alla lettura: La Mennulara



Leggendo “La Mennulara” 
di Simonetta Agnello Hornby ho avuto la sensazione di avere assistito ad un’opera teatrale; ogni volta che una famiglia finiva di spettegolare sul personaggio principale si abbassava il sipario e quando si rialzava, come in un altro atto, una nuova famiglia, continuava a spettegolare.
Il pettegolezzo si era acceso alla morte di Maria Rosaria Inzerillo detta “la Mennulara”. Prima di morire aveva dato disposizione precise per il suo funerale fatto scrivere gli annunci mortuari e anche il necrologio da pubblicare sul giornale più importante dell’isola.
Il romanzo è ambientato in un paese siciliano, arroccato in una collina che negli anni ’70, con la speculazione edilizia, si era espanso nella parte bassa e abitato dalle famiglie più povere e da piccoli artigiani, mentre nella parte alta abitavano nobilotti e notabili benestanti.
Maria Rosaria Inzerillo, orfana di padre, detta “la Mennulara” fin da bambina raccoglieva mandorle nelle campagne e con il suo lavoro provvedeva alla mamma e alla sorellina, entrambe malate; subendo e sopportando umiliazioni e violenze.


A 13 anni viene assunta come “criata” da una famiglia nobile: gli Alfallipe.
Con gli anni e con l’età, dando prova di sapere governare la casa ma continuando a fare la domestica, aveva assunto il ruolo di amministratrice. Nessuna decisione poteva essere presa senza il suo benestare. La Mennulara, aveva saputo salvare le proprietà della famiglia di Orazio Alfallipe.
I figli del vecchio Alfallipe sarebbero cresciuti senza proprietà e senza avvenire e la loro madre, la vedova di Orazio dopo la morte del marito sarebbe rimasta sola in una grande casa vuota.
Maria Rosaria Inzerillo la conosciamo, nel romanzo, solo attraverso le voci rancorose e piene d’invidia dei suoi compaesani. Ogni famiglia di Roccacolomba, il paese della Mennulara, compresi alcuni degli Alfallipe, hanno molti motivi per detestarla. Solo il medico Mendicò e il prevosto Padre Arena apprezzano l’onestà e il coraggio della protagonista. Con la sua forte volontà, con la sua intelligenza, e per essere andata anche oltre i propri doveri, aveva raggiunto ogni obiettivo per il bene dei suoi padroni. Per il benessere e la ricchezza che aveva saputo creare, anche per sé, era ritenuta da tutti anche come donna vicina alla mafia.
In questo suo romanzo di esordio Simonetta Agnello Hornby crea un personaggio affascinante. Una donna forte e discreta; poco amata e molto invidiata e odiata, una serva padrona determinata, capace di nascondere segreti inconfessabili. Segreti che durante la lettura si intuiscono e altri vengono svelati. Segreti che hanno condizionato la vita della protagonista, che l’hanno resa forte, ma che ha conservato la sua fedeltà agli Alfallipe.
Sorprendente è l’eredità che lascerà ai suoi padroni.
La ricerca del testamento che viene narrato come una caccia al tesoro, così l’aveva voluta e organizzata la Mennulara prima di morire, si trasformerà in momenti di scoramento per chi, tra gli eredi, si sentirà tradito. Una specie di sceneggiata che strappa qualche sorriso al lettore.
Un romanzo piacevole anche se a volte le vicende e certe situazioni sono decisamente inverosimili.
Molto piacevole è anche la descrizione dei luoghi dove sempre mi immedesimo come spettatrice privilegiata. Conoscitrice, come siciliana, dell’ambiente tipico di un paese dell’interno; con personaggi verosimili che solo la Sicilia sa produrre. L’uso sapiente del dialetto rendono i dialoghi ancora più sapidi ed espressivi. Consiglio la lettura di questo romanzo anche a coloro che hanno poco tempo per leggere. Una lettura piana e piacevole con argomenti in chiave tutta siciliana.

Lina Viola


Il libro di Simonetta Agnello Hornby "La Mennulara" è disponibile in biblioteca.





02 luglio 2018

Invito alla lettura: La ragazza del treno




Quando si inizia a leggere un libro può capitare alle prime pagine che vorresti abbandonarlo. Non ricordo chi tempo fa mi disse: leggi le prime 30 pagine, solo allora ti renderai conto se vale o no la pena di continuare. Di questo romanzo ho avuto questa tentazione, di tralasciarlo, perché mentre leggevo perdevo il “filo” del racconto nel collegamento temporale, narrato dai tre personaggi come in un diario. Subito però, il romanzo ha iniziato ha interessarmi, sia la trama che il profilo psicologico dei personaggi. Tre donne Rachel, Anna e Megan raccontano ognuna dal suo particolare punto di vista, la stessa storia originale, che ci accompagnerà fino al suo epilogo. Rachel e Tom sono due sposi felici. Rachel rimane incinta ma sfortunatamente non riesce a portare a termine la sua gravidanza perdendo il bimbo; sopraffatta dal dolore inizia a bere cadendo nell'alcolismo e nella disperazione. Perde il lavoro, perde se stessa e perde il marito. Tom s’innamorerà di un’altra donna, Anna, si sposeranno e avranno una figlia.
Rachel ha lasciato la sua casa e si è trasferita a Ashbury, periferia di Londra, dalla sua amica Cathy, alla quale ha nascosto di avere perso il lavoro. Ogni mattina prende il treno per raggiungere Londra girando a vuoto tutto il giorno. Il treno è sempre affollato di pendolari, ognuno coi propri pensieri, chiacchierano, chi legge il giornale, chi un libro, c’è chi ascolta musica, chi sonnecchia e chi si perde con lo sguardo nel paesaggio. Rachel, estranea a tutti, guarda dal finestrino le case che costeggiano la ferrovia, guarda in particolare la sua casa dove adesso vivono Anna e Tom con la loro bimba. In un terrazzino accanto osserva per giorni una coppia di sposi che si scambiano tenerezze, felici e innamorati, immaginando che la sua vita sarebbe potuta essere perfetta e somigliare a quella coppia.
Una mattina vede la donna sul terrazzo baciarsi con un altro uomo. Il giorno dopo sul terrazzo non c’è più la donna e dai giornali viene a conoscenza della sua scomparsa. il nome è Megan una donna attraente, una vita alle spalle travagliata, irrequieta, sempre alla ricerca di una felicità mai raggiunta. Il marito Scott è tra gli indagati. Rachel va alla polizia e racconta ciò che ha visto dal finestrino (dell'altro uomo) ma non viene creduta, ne tanto meno presa in considerazione, ritenuta poco credibile a causa del suo stato di alcolizzata. Inizia per suo conto a indagare e a scoprire la verità sconvolgente di Megan.
Un romanzo mozzafiato che si legge con la voglia di conoscere subito il finale e solo alla fine sarà chiaro ogni avvenimento. L’autrice tesse un abile labirinto dove ogni sospetto e ogni sospettato si confonde. La vita di tre donne molto diverse, vittime e protagoniste di una storia con un finale, naturalmente, inaspettato.


Lina Viola



08 giugno 2018

Invito alla lettura: La notte della volpe



La notte della volpe di Jack Higgins è una lettura appassionante. Un romanzo storico che attraverso fatti storici fa rivivere l'occupazione delle isole della Manica, al largo delle coste inglesi. L'isola di Jersey fu occupata dai tedeschi nel 1944. Jersey, oggi paradiso fiscale della City di Londra, è l'isola più grande del canale della Manica.
Il racconto inizia nel 1985, dopo tre anni di difficoltose ricerche, il professore Alan Stacey tramite un amico della CIA, viene a conoscenza che è stato trovato il corpo di Harry Martineau e che a Jersey avranno luogo i funerali con una nuova sepoltura. Harry Martineau nel gennaio 1945 risultò disperso dopo un volo su un Arado 96, un biposto da addestramento utilizzato dai tedeschi e ritrovato due settimane prima, con il relitto dell’aereo, in un acquitrino dell’Essex in divisa da ufficiale tedesco della Luftwaffe.
Harry Martineau è il personaggio principale del romanzo; professore di filosofia morale a Oxford, lavorava presso il Ministero dell'Economia bellica come agente del controspionaggio inglese SOE, costituito nel 1940 da Churchill per coordinare la resistenza e i movimenti clandestini in Europa.
Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, durante un esercitazione nel Canale della Manica, due unità americane vengono colpite e affondate da motosiluranti tedesche, con la perdita di seicentocinquanta marinai, tra questi rimane ferito il colonnello Hugh Kelso. L’ufficiale americano è a conoscenza di informazioni segretissime riguardanti l'ora è il luogo dello sbarco in Normandia. Il colonnello si salva approdando fortunosamente nell’isola di Jersey occupata dai tedeschi. Viene soccorso e salvato da Helen de la Ville che lo cura e lo nasconde nella sua casa. Il generale Eisenhower, comandante a capo delle forze Alleate in Europa, viene informato che il colonnello Kelso è sfuggito alla morte e ha trovato rifugio nell’isola.
Al comando Alleato c'è molta preoccupazione per la sorte del colonnello, se dovesse essere catturato e torturato potrebbe rivelare le informazioni riguardanti lo sbarco.



Eisenhower dà una settimana di tempo per trovare la soluzione e portare via dall’isola il capitano Kelso. Di salvare e trasferire Kelso dall'isola viene incaricato Harry Martineau. Una persona speciale, freddo e spietato, utilizzato come killer, in grado di compiere missioni difficili e pericolose. Deve riuscire a portare via da quella fortezza “inespugnabile pullulante di nemici” Kelso, o altrimenti ucciderlo: Martineau è perfettamente in grado di svolgere questa difficile operazione. Pronto a piantare una pallottola in mezzo agli occhi di Kelso se necessario.
Travestito da ufficiale tedesco, assumerà il ruolo di un colonnello nazista. Viene affiancato da Sarah Anne Drayton, nipote di Helen de la Ville nata a Jersey e agente del SOE. Sarah è una affascinante infermiera con il ruolo di “puttana e di amante”. Con dei lasciapassare falsi cercheranno di raggiungere Jersey.
Al di là della ricostruzione storica dello sbarco in Normandia, personaggi  storici reali e personaggi del romanzo vengono descritti e agiscono in un clima di guerra che fa riflettere sulle tremende condizioni di vita delle popolazioni, costrette a sopravvivere sotto una dominazione feroce.
Un romanzo carico di suspense una trama incalzante costruita con continui colpi di scena e un finale mozzafiato.

Lina Viola


l libro "La notte della volpe" sarà disponibile in biblioteca a Luglio





30 maggio 2018

Invito alla lettura: Caffè amaro




Il romanzo di Simonetta Agnello Hornby è ambientato in Sicilia ed è frutto di una lunga escursione storica che inizia a fine '800 per arrivare alla prima metà del secolo scorso.
La scrittrice in questo romanzo dal titolo apparentemente leggero, "Caffè amaro", racconta la storia di Maria, una ragazza di quindici anni, molto bella, che viene chiesta in sposa da un "signorotto blasonato" molto più grande di lei e innamorato perdutamente.
Pietro è un uomo colto, con la passione per i viaggi, collezionista di reperti archeologici. È un cultore di arte, teatro, amante della buona musica. Insomma un uomo di mondo che a modo suo ama godersi la vita.
Maria appartiene ad una famiglia borghese non molto agiata, il padre un avvocato con idee socialiste, la lascia libera di decidere del suo destino. Consapevole delle difficoltà economiche della sua famiglia, vede i vantaggi della proposta di Pietro e decide di farsi sposare.
Pietro non farà fatica a farsi amare; la riempie di premure e di dolci attenzioni che finiranno per conquistarla.
Avrà una vita piena con Pietro. Ormai donna matura, irrompe nel racconto, Giosuè, un amico d'infanzia che il padre di Maria ha cresciuto nella loro casa. Figlio di un suo amico, a cui ha fatto, prima di morire, la promessa di mantenerlo agli studi e avviarlo alla carriera militare. Giosuè dopo avere abbandonato la vita militare diventerà un uomo politico e per Maria il disvelamento di una seconda possibilità nella sua vita di donna affermata e consapevole della sua emancipazione.
La trama non particolarmente originale è quasi un pretesto per far scorrere tra le pagine il romanzo di Maria che si intreccia con la storia d’Italia e della Sicilia e le “storie” di tante famiglie italiane. Un'incessante carrellata che parte dai Fasci siciliani per concludersi con la seconda guerra mondiale e il bombardamento di Palermo. Pagine capaci, a volte, di un grande fascino evocativo,   come quando descrive le case bombardate di Palermo o i viaggi con Pietro. 
Visiteranno Crespi d’Adda, in Lombardia, dove la famiglia Crespi, grandi imprenditori, realizzarono un paese ideale per i loro operai. Maria, imprenditrice nelle miniere del suocero, da quella visita trarrà ispirazione per migliorare le condizioni di lavoro dei suoi "carusi". Una improbabile e inverosimile possibilità che serve solo come spunto all'autrice per descrivere il paese lombardo e la differenza delle condizioni di vita degli operai di Crespi e i minatori siciliani.

Nel libro vengono ricordati i temi che da sempre affliggono la Sicilia. L’incuria delle strade, le epidemie di tifo per la mancanza di fognature e dell’acqua potabile nelle case, le terre incolte, le miniere di zolfo, lo spreco del denaro pubblico, la violenza mafiosa, l’emigrazione.
E poi i viaggi, il fascismo, le colonie, le leggi razziali. Un guazzabuglio di Storia e di “storie” che a tratti mi hanno disorientato.
Le pagine che più mi sono piaciute sono quelle capaci di suscitare certi ricordi pieni di rimpianti, che pesano su tutti coloro che hanno dovuto lasciare la propria terra. La mia infanzia a Pietraperzia e poi l’adolescenza, poi giovane studentessa a Palermo; una città per me allora sconosciuta, bellissima nei miei ricordi, città ricca d'arte, coi suoi teatri, i suoi monumenti, i suoi artisti, l’odore delle "stigliole" e i colori dei mercati della Vucciria e di Ballarò. Il ricordo e lo stupore, ancora nei primi anni 70, per le macerie di quei palazzi bombardati della seconda guerra mondiale, e poi per lavorare, emigrata al nord.
Ricordi legati, sicuramente, alla nostalgia anche per la nostra autrice, che come tanti siciliani ha dovuto vivere lontano dalle sue origini, e che nonostante tutto hanno realizzato i propri sogni nelle città del nord, dove sono stati accolti.

Lina Viola



Il libro "Caffè amaro" è disponibile in biblioteca