OFFICINA SICILIANA
a cura di Paolo Russo
editrice MAGIKA
Il Crocifisso "umanistico" di Pietraperzia: conservazione, restauro e riconoscimento stilistico
Nel caso del piccolo Crocifisso (cm 110 ca.) che si
conserva nella chiesa Maria Santissima del Soccorso di Pietraperzia,
nell'entroterra siciliano, lo stato conservativo in cui era pervenuta la statua
in legno ne rendeva incomprensibile il reale orizzonte estetico (fig. 1).
Opera «di antichissima Religione nel Publico», il
Crocifisso è tenuto ancora oggi in grande venerazione dalla comunità locale
che, come nel passato, conduce l'antico simulacro per le vie cittadine il
giorno del Venerdì Santo, celebrazione nota come "Lu Signuri di li
fasci", per via delle numerose fasce di lino bianco che i devoti legano ad
un anello di ferro posto sotto un globo policromo ubicato alla estremità di una
lunga trave di cipresso, di più di otto metri, su cui è issato il piccolo
Crocifisso, il tutto ancorato sopra una vara condotta in processione. La
chiesa, appartenuta ai padri Carmelitani, è annoverata tra le più antiche di
Pietraperzia, per quanto non se ne conosca con precisione l'epoca di
costruzione. La sua fondazione dovette cadere, ad ogni modo, prima del 1584,
anno della donazione di donna Giulia Moncada, moglie del principe di Pietraperzia
Pietro Barrese, a Girolamo Mo[z]zicato, Superiore della Compagnia del Soccorso
che aveva sede nella suddetta chiesa"11.
A quel tempo, a giudicare dall'attuale aspetto
stilistico, il Crocifisso doveva già essere stato scolpito dall'ignoto
intagliatore, verosimilmente siciliano. Quanto prima è possibile ipotizzarlo
sulla base del suo assetto stilistico-formale originario. Nel corso dei secoli
il Crocifisso ha subito il comune destino toccato alla maggior parte di questa
classe di manufatti, oggetto di successivi interventi di manomissione e ridipintura
che vi hanno apportato una consistente stratificazione materica apocrifa,
occultando di fatto l'immagine originaria.
Il recente restauro ha rivelato, al di sotto della
posticcia crosta opaca, un'opera inedita, di discreta qualità formale e
sorvegliata tecnica esecutiva, aggiungendo una testimonianza preziosa
all'evoluzione del tipo in Sicilia nella prima età moderna (figg. 2-4 e tavv.
1-2)12
1. Crocifisso (prima del restauro). Pietraperzia, chiesa Maria Santissima del Soccorso, vulgo del Carmine |
La figura del Cristo in croce presenta un impianto
frontale, la linea orizzontale tracciata dall'ampia apertura delle braccia che
misurano in larghezza lo spazio, con arti esili e corti che si concludono in due grandi mani dai palmi aperti,
incrocia la falcata perpendicolarità del corpo. La parte superiore del torso
affusolato, dal morbido modellato anatomico, si restringe improvvisamente sotto
l'addome, dove l'innaturale strozzatura del tronco enfatizza il ventre arrotondato.
È questa una formula che caratterizza quei crocifissi in legno e in legno e
mistura, o semplicemente in mistura, prodotti in particolare dalle officine di
"crocifissai" messinesi tra la seconda metà del XV e il tardo XVI
secolo, ricondotti per lo più alle botteghe familiari dei La Cuminella, dei
Pilli e dei Tifano o "de li Matinati", con larghissima diffusione
lungo
i versanti costieri settentrionale e ionico
dell'isola, e distribuiti anche oltre i confini regionali13.
2. Crocifisso (dopo il restauro). Pietraperzia, chiesa Maria Santissima del Soccorso, vulgo del Carmine |
Il Crocifisso
di Pietraperzia, tuttavia, pur condividendone le scelte formali di mediazione
tra tradizione medioevale e modernità pseudorinascimentale, si differenzia da
quei modelli. Nella studiata anatomia della figura, lo scultore tende con più
convinzione ad abbandonare i tradizionali schematismi gotici intrisi di stile
inter-nazionale, ricercando una misurata attenzione al naturale, dove l'acuto
realismo descrittivo cede a un inedito idealismo formale. La sopravvivenza
della formula figurativa gotica, di sotto della misurata ortogonalità
compositiva rinascimentale, è tradita dalla inclinazione della figura sul lato
destro, con il leggero sollevamento dell'anca, mentre la spalla sinistra avanza
impercettibilmente, trasmettendo una viva impressione di moto all'esile
architettura del corpo. La testa reclina dolcemente sulla spalla destra; il
volto, tipizzato, ha tratti regolari, l'ovale polito è segnato dal corrugamento
della sella del naso e dalla prominenza degli zigomi arrotati; gli occhi
socchiusi; la bocca dischiusa: dietro le labbra livide si intravede la chiostra
bianca di piccoli denti (tav. 2).
3. Crocifisso (dopo il restauro). Pietraperzia, chiesa Maria Santissima del Soccorso, vulgo del Carmine |
La pacata espressività del viso comunica la
sofferenza interiorizzata del martirio. I baffi sono intagliati a ciocche
lunghe e ondulate che si ricollegano ai peli della barba delineati a punta di
pennello, assumendo all'altezza del mento un'evidenza plastica nell'intaglio
simmetrico dei due corni nei quali si spartisce simmetricamente la barba. Un
trattamento accurato è riposto anche nell'intaglio della matassa dei capelli
che, ricadendo, ricoprono l'omero destro, distendendosi lungo il crinale della
spalla sinistra.
4. Crocifisso (dopo il restauro). Pietraperzia, chiesa Maria Santissima del Soccorso, vulgo del Carmine |
La struttura del corto perizoma, decorato a larghe
fasce verticali alternate azzurro e oro, si distingue per la modernità del
panneggio aderente al corpo. Il drappo di stoffa è segnato da pieghe orizzontali
parallele che si restringono sul fianco sinistro scoprendo l'inguine,
annodandosi con un lembo ripiegato ad occhiello nella parte superiore, mentre
l'estremità più lunga e pendente è ravvolta in pieghe tubolari schiacciate che
scivolano parallele alla coscia sinistra. Dei numerosi confronti che possono
essere fatti in merito alla foggia del perizoma, si citano a titolo di esempio
il Crocifisso della omonima chiesa di
Montemaggiore Belsito (Palermo), databile agli inizi del XVI secolo; o il Crocifisso con braccia snodabili della
Matrice Nuova di Castelbuono, attribuito a Sebastiano de Auxilia con una
datazione alla fine XVI, ma che io ritengo doversi anticipare all'inizio del
secolo14.
5. Antonello Gagini, Crocifisso (particolare dei fili d’oro nelle ciocche della barba e dei capelli). Alcamo, chiesa madre |
Per altro verso, l'interpretazione eminentemente pittorica della forma plastica è in linea con la
tendenza della ricca produzione prima segnalata. L'organico rapporto tra
intaglio e pittura, che si osserva in particolare nella definizione della barba
(fig. 4), è realizzato con la stessa sottigliezza esecutiva che si riconosce
nel Crocifisso di Alcamo di Antonello Gagini, dove fili d'oro illuminano le
ciocche di barba e capelli (fig. 5)15; ovvero nel bel Crocifisso, in mistura come quello di Alcamo, della chiesa del
Santissimo Salvatore di Messina, recentemente restaurato (fig. 6).
6. Crocifisso, particolare. Messina, Chiesa del Santissimo Salvatore |
Il recupero della policromia originale del
crocifisso messinese rafforza le nostre conoscenze su tale tipologia di
oggetti, evidenziando quella concezione eminentemente pittorica della statua
che costituisce aspetto caratterizzante, a mio parere, dell'antica produzione
dei Crocifissi siciliani a cavaliere
tra XV e XVI secolo: l'accurata finitura policroma concorre alla definizione
della forma ai diversi livelli di rappresentazione, dal naturalismo delle ossa delle costole e dello
sterno, alla stilizzazione grafica della struttura anatomica; all'iperrealismo
delle vene, dei peli dell'ombelico e delle ascelle16.
Per quanto strettamente legato al filone figurativo
prima segnalato, mancano però al momento stringenti confronti lignei in Sicilia
con l'esemplare di Pietraperzia, databile, a mio parere, per i caratteri sopra
evidenziati, tra la fine del XV secolo e i primi anni del successivo.
Note:
11. Le poche
notizie in merito sono tratte da Fra Dionigi di Pietraperzia, Relazione
critico-storica della prodigiosa invenzione d'una immagine di Maria Santissima
chiamata comunemente della cava di Pietrapercia, Palermo, presso Gio. Battista
Gagliani, 1776, p. 264. Sulla processione denominata “lu Signori di li fasci'',
episodio tra i più caratteristici e seguiti della Settimana Santa in Sicilia,
cfr. A. Plumari, La Settimana Santa in Sicilia. Guida ai riti e alle tradizioni
popolari, Troina 2003, pp. 173-174.
12. Il
restauro è stato realizzato nel 2013 da Gaetano Correnti di Misilmeri
(Palermo), sotto l'alta sorveglianza della Soprintendenza per i beni culturali
e ambientali di Enna. Un precedente intervento, risalente al 1986, è imputabile
a Rosolino La Mattina di Caltanissetta (comunicazione orale del Governatore
della Confraternita Maria SS. del Soccorso e degli Agonizzanti che ha
finanziato il restauro, Giuseppe Maddalena).-
13. Cfr. F.
Campagna Cicala, Per la scultura lignea
del Quattrocento in Sicilia, in Le
arti decorative del Quattrocento in Sicilia, catalogo della mostra a cura
di G. Cantelli (Messina, chiesa dell'Annunziata dei Catalani, 28 novembre
1981-31 gennaio 1982), Roma 1981, pp. 108-112, 115-117, con bibliografia
precedente; e più recentemente, C. Ciolino, Crocifissi messinesi (1447-1551) in
Aspetti della scultura a Messina dal XV
al XX secolo, a cura di G. Barbera ("Quaderni dell'attività didattica
del Museo Regionale di Messina”, 13), Messina 2003, pp. 9-26; Eadem, I mastri crocifissai messinesi, in Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra
Rinascimento e Barocco, a cura di T Pugliatti, S. Rizzo, P. Russo, Catania,
Maimone, 2012, pp. 367-383;V. Buda, La
produzione dei Li Matinati in Sicilia tra XV e XVI secolo. Lo stato attuale
degli studi, in il Crocifisso in mistura di Giovannello li Matinati. Ricerche e
restauro, a cura di G. Musolino e V. Buda, Palermo 2014. pp. 29-35. Cfr.
anche P. Russo, La scultura in legno del
Rinascimento in Sicilia. Continuità e rinnovamento, Palermo 2009, pp.
112-123, dove è riassunto quel passaggio nell'industria dei crocifissi in legno
dal crocifisso cosiddetto gotico doloroso" al crocifisso umanistico. Per
la diffusione oltre lo Stretto, si veda ad esempio, per la Calabria, P. Leone
de Castris, schede nn. 14-16, in Sculture
in legno in Calabria. Dal Medioevo al Settecento, catalogo della mostra
(Altomonte, Museo Civico, 30 luglio 2008-31 gennaio 2009), a cura di P. Leone
de Castris, Napoli 2009, pp. 148-154.
14. Per
questo e il precedente cfr. G. Fazio, La
cultura figurativa in legno nelle Madonie tra la gran corte vescovile di
Cefalù, il marchesato dei Ventimiglia e le città demaniali, in Manufacere...,
cit., p. 198, fig. 2; pp. 219-220, fig. 18 e nota 132. Sempre qui, nella
Matrice Nuova di Castelbuono, ma proveniente dalla chiesa intitolata al Santo,
è il San Sebastiano attribuito a
ignoto scultore madonita del XV secolo, che presenta un motivo analogo: P
Russo, La scultura in legno del
Rinascimento..., cit., p. 78; S. Anselmo, Pietro Bencivinni Magister civitatis Politiis" e la scultura
lignea nelle Madonie, Bagheria 2009, p. 169, n. 128. Mentre a Naso si può
infine ricordare il Crocifisso in mistura della chiesa di sant'Antonio Abate,
più vicino ai modelli messinesi: cfr. A. Barricelli, Scultura devozionale e monastica del Rinascimento, inedita o poco nota
dei Nebrodi, in “Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Arte Medievale e
Moderna. Facoltà di Lettere e Filosofia. Università di Messina”, 15, 1991, fig.
34, p.45. Al di fuori del contesto siciliano, per il particolare
disegno del perizoma si possono citare le rassomiglianze con crocifissi
prodotti in area veneta nel tardo XV secolo: Crocifissi ispirati o direttamente
esemplati sul Crocifisso di Santa
Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, realizzato tra la fine del settimo e i
primi anni dell'ottavo decennio del Quattrocento: cfr. A. Markham Schulz, Il Crocifisso di Santa Maria dei Frari e i
suoi epigoni, e I. Matejčič, II
Crocifisso rinascimentale della basilica Eufrasiana di Parenzo e altri esempi
di manufatti lignei tra le due sponde dell'Adriatico, in Crocifissi lignei a Venezia e nei territori
della Serenissima. 1350-1500. Modelli
diffusione restauro, atti del convegno internazionale (Venezia, Gallerie
dell'Accademia, 18 maggio 2012), a cura di E. Francescutti, Padova 2013, pp.
93-107 e 133-144, e specialmente pp. 138-139, tavv. 52, 54, 56,62, 93, 94, 96. Cfr. anche A. Markham
Schulz, Woodcarving and Woodcarvers in
Venice 1350-1550, Firenze 2011, pp. 425-435, figg. 122-133, e cat. n. 3, pp. 212-214.
15. Si veda
il bel dettaglio fotografico qui riprodotto in Manufacere..., cit., fig. 16, p.
63. Sul restauro del Crocifisso, cfr.
R. Alongi e L Biondo, La memoria restituita,
Palermo 2008.
16. M.
Scalisi, Il Crocifisso ritrovato.
restauro, in II Crocifisso in mistura..., cit., pp. 37-48, figg. 50-53.