19 aprile 2018

Invito alla lettura: Le Rime - Antologia di Odi e Canti



Giuseppe Mistretta, poeta ennese, è un autore molto legato alle radici
dell’umanesimo classico.
È questo ancoraggio è bene evidente nella sua raccolta “Le Rime - Antologia di Odi e Canti”, Maurizio Vetri Editore 2017, ove il linguaggio poetico si presenta ricco di movenze lirico-metriche che, certo, risultano rare nello spazio della poesia moderna e contemporanea, ma che l’autore predilige in modo quasi affettivo, essendosi accostato alla letteratura classica dopo i suoi studi tecnico-professionali.
Basta scorrere i testi de “Le Rime” per scorgere in essi modelli linguistici della classicità ottocentesca (“empie” “avea” “desii” “dì” “beltà” “core” etc.) che la poesia moderna ha superato, ma che Mistretta predilige nel suo percorso per sostanziare la dimensione del suo sentire poetico e per esprimere la sua interiorità sfuggendo - come si legge nella breve osservazione sul linguaggio con cui si apre la raccolta - alla “prevaricazione dell’elemento funzionale-comunicativo sull’elemento stilistico-espressivo".
L’autore insomma, ama la parola che “ha il potere di determinare una modificazione magica della realtà” e che, altresì è “in grado di innescare processi e metamorfosi” capaci di agire “profondamente sulla struttura sociale”.
Ma al di là del dato metrico-linguistico utilizzato dall’autore, ritengo che la poesia di Giuseppe Mistretta vada apprezzata per la sua capacità trasfigurativa e simbolica, nonché per quegli orizzonti entro cui le Odi e i Canti trovano forma e consistenza.
“Le Rime” dispiegano la loro prima carica epifanica nelle Odi, alcune delle quali centrate su luoghi intesi come espressione di realizzazione e di memoria, nonché di bellezza, di fatti, di storie e di cultura; si leggano, ad esempio, le poesie “Città di Enna”, “Il Teatro di Taormina”, “Segesta“, “Canto al Duomo di Enna” che nel loro taglio descrittivo ed evocativo emanano fascino e suggestività.
In “città di Enna“ Mistretta esprime dolore e rammarico, denuncia indifferenza e pone domande:

Aggrottate e fresche mi guardan le case.
I tetti di tegola e canale sovrastano lo spazio.
Dov’è la ricchezza o radice.
Riposi ignorata e silente,
come se nulla importasse alla gente

Con un linguaggio meditativo che rifulge del ricordo che di essa egli conserva. Lo stesso fluire discorsivo e descrittivo s’impone nella poesia “Il Teatro di Taormina“, ove il verso diventa aulico: “il mare osserva di notte quando la luna è diamante”, il tono mirabile e ricco di  stupefazione: “sei la regina” e l’esaltazione della città diventa favola di salubrità: “Luogo di sollievo e grazia, di totale agiatezza,/ a chi sta fermo nel vento,/ ad ammirarne bellezza”,
La sua storia - canta il poeta - non ha eguali, pregna di mistero e mille incanti/ questa è terra di poeti, che cantarono ai Giganti”.
L’Ode a “Segesta” è, ancora, un affresco lirico-storico che coglie lo splendore di un luogo attraversato da vicende che hanno lasciato “i segni come un riflesso” e che inducono il poeta ad innalzare al cielo, con uno slancio affettivo, parole di encomio:

Tu gioiello dipinto dal contorno del sole, dal verde e le siepi
Nel loro eterno languore.
Sei distinta franchezza di un’essenza divina, di cui coglie
I segni, chi a te legger s’avvicina

In questa raccolta poetica le Odi hanno anche n taglio più intimo, atteso che il poeta pone lo sguardo su tanti aspetti dell’esistenza trasfigurati ora nella Bellezza della poesia della quale si è innamorato, ora nella nebbia:

Nebbia a rammentare l’autunno, in rotazione eterna
di cui sei il frutto

Ora nelle nefandezze di un progresso sganciato da ogni dimensione valoriale:

Progresso nefasto, che ci rubi la vita, ci distrai dal contesto,
come ragazzi alla gita.
Estorci i desii, ci maltratti gli affetti,
ci induci ad essere come dei maledetti

Ora sui fondamenti di un’ontologia umana in grado di valorizzare la conoscenza: “Conoscenza fluisca come stelle dai cieli”

L’emozione: “Emozionarsi fortemente, ci induce ad un’alchimia tale,/ da poter fermare il tempo”

Ed ancora la luce: “Fulgida la luce mi appare attorno”

Il pensiero, le relazioni, le amicizie (Si leggano, ad esempio, “Ricordo di Giovanni”, “ Lucrezia“, “Ode al figlio Lorenzo“).
La seconda parte de “Le Rime“ si snoda in “Canti” che viaggiano all’interno di coordinate tematiche che toccano il paesaggio, la natura, il lavoro, la denuncia sociale, il viaggio ed elementi esperenziali rilevanti per la vita del poeta.
Questi si intenerisce di fronte al crescere delle spighe:
Assurgono le spighe verdastre e luccicanti
in un sibilo o lamento nel campo ad allungarsi

Prova emozioni per l’inoltrarsi della primavera:
Al mattino il fresco  di Maggio portava l’urlo delle gazze,
sin dentro la mia finestra chiusa

Nonché della stagione estiva:
A giugno il vento fresco soffiò alle nubi

Respira squarci di cielo con l’auspicio di trovare forza di cambiamento:
(“Squarcio nel Cielo”)
Una striscia bianca nel cielo…
Quanto tempo ancora dovremo aspettare,
perché i potenti in silenzio sappian ascoltare

(“L’Ambulante“)
Oggi tutto si compra col vile denaro,
anche la vita di un uomo, col destino lontano

Giuseppe Mistretta ci dà in questo libro la sua versione della realtà e della storia e lo fa con testi che in alcuni casi risultano dettati da occasioni, in altri da intenti didascalici, in altri da esigenze sociali e problematiche di cui il nostro tempo è caratterizzato.
È un autore che tende a far risuonare nei sui versi i valori più autentici di umanità bistrattata e consumata da un progresso che non guarda all’essere ma all’avere che tende ad ingannare l’uomo sulle domande di senso che da sempre lo accompagnano.
La poesia di Giuseppe Mistretta è limpida nel suo fluire, realistica nella sua tessitura concettuale e attraversata da sogni e incanti; il poeta pronunzia il suo atto di fede nella vita anche alla vista di studenti che gli riaccendono i filmati della memoria  giovanile:

il canto di scolari festanti all’uscita,
eredità delle genti in terra,
mi riportano alla gioia per  oggi,
al coraggio per domani,
alla ricerca della felicità come esempio,
per l’imminente futuro

La ricca gamma di sensazioni, aspirazioni ed emozioni che fluttua nell’animo del poeta prorompe con genuinità sia nelle Odi che nei Canti; la forza le immagini (“il tono del vento”, “le foglie in terra“, “pecore in balia dei lupi”, “frizzi di luce“, “un bacio d’amore”, “un sussurro  sopito”, “il manto degli angeli”, etc.) offre al lettore una versificazione dai cui trasuda tutto il processo creativo del poeta e la carica allusiva e simbolica delle sue policromie interiori.
Giuseppe Mistretta riporta infatti nei suoi versi tutta la sua carica umana e spirituale con un linguaggio e con parole che si fanno epifania di un tormento e di una apertura ai valori del trascendente, capace di donare equilibrio alla sua vita:

Non è semplice
ma alle volte è possibile trovare
quell’equilibrio interno
che ci fa pensare

E il poeta si disvela come uno che pensa, che legge, che si abbevera a fonti di vario genere, tant’è che in queste “Rime” c’è un appendice in cui esprime un “Grazie figurato” a vari autori dell’antichità e contemporanei, tra i quali Seneca, Aristotele, Leonardo da Vinci, Giuseppe Parini, G.B Marino, S. Francesco d’Assisi, Guttuso, Friedrich Nietzsche fino a giungere ad Umberto Eco, quasi a volere dire quanto il suo rapporto con il mondo dell’arte, della letteratura e della filosofia sia entrato nella sua dimensione esistenziale con forza e convinzione.
Le sue pagine sanno di vita, di domande, di sussurri e di riflessioni; sanno di responsabilità e di amicizia, di sentimenti che imperlano ogni scelta linguistica, la quale si mostra coraggiosa e convinta superando possibili perplessità, e regalando ai suoi lettori le armonie più vere della sua fantasia e della sua immaginazione.


Domenico Pisana




Il Prof. Domenico Pisana è poeta, scrittore e saggista, vive
a Modica. Ha compiuto studi su Quasimodo, Montale e
sulla poesia dialettale.




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