È
questo ancoraggio è bene evidente nella sua raccolta “Le Rime - Antologia di
Odi e Canti”, Maurizio Vetri Editore 2017, ove il linguaggio poetico si
presenta ricco di movenze lirico-metriche che, certo, risultano rare nello
spazio della poesia moderna e contemporanea, ma che l’autore predilige in modo
quasi affettivo, essendosi accostato alla letteratura classica dopo i suoi
studi tecnico-professionali.
Basta
scorrere i testi de “Le Rime” per scorgere in essi modelli linguistici della
classicità ottocentesca (“empie” “avea” “desii” “dì” “beltà” “core” etc.) che
la poesia moderna ha superato, ma che Mistretta predilige nel suo percorso per
sostanziare la dimensione del suo sentire poetico e per esprimere la sua
interiorità sfuggendo - come si legge nella breve osservazione sul linguaggio
con cui si apre la raccolta - alla “prevaricazione dell’elemento
funzionale-comunicativo sull’elemento stilistico-espressivo".
L’autore
insomma, ama la parola che “ha il potere di determinare una modificazione
magica della realtà” e che, altresì è “in grado di innescare processi e
metamorfosi” capaci di agire “profondamente sulla struttura sociale”.
Ma
al di là del dato metrico-linguistico utilizzato dall’autore, ritengo che la
poesia di Giuseppe Mistretta vada apprezzata per la sua capacità trasfigurativa
e simbolica, nonché per quegli orizzonti entro cui le Odi e i Canti trovano
forma e consistenza.
“Le
Rime” dispiegano la loro prima carica epifanica nelle Odi, alcune delle quali
centrate su luoghi intesi come espressione di realizzazione e di memoria,
nonché di bellezza, di fatti, di storie e di cultura; si leggano, ad esempio,
le poesie “Città di Enna”, “Il Teatro di Taormina”, “Segesta“, “Canto al Duomo
di Enna” che nel loro taglio descrittivo ed evocativo emanano fascino e
suggestività.
In
“città di Enna“ Mistretta esprime dolore e rammarico, denuncia indifferenza e
pone domande:
Aggrottate e fresche
mi guardan le case.
I tetti di tegola e
canale sovrastano lo spazio.
Dov’è la ricchezza o
radice.
Riposi ignorata e
silente,
come se nulla
importasse alla gente
Con
un linguaggio meditativo che rifulge del ricordo che di essa egli conserva. Lo
stesso fluire discorsivo e descrittivo s’impone nella poesia “Il Teatro di
Taormina“, ove il verso diventa aulico: “il
mare osserva di notte quando la luna è diamante”, il tono mirabile e ricco
di stupefazione: “sei la regina” e l’esaltazione della città diventa favola di
salubrità: “Luogo di sollievo e grazia,
di totale agiatezza,/ a chi sta fermo nel vento,/ ad ammirarne bellezza”,
“La sua storia - canta il poeta - non ha eguali, pregna di mistero e mille
incanti/ questa è terra di poeti, che cantarono ai Giganti”.
L’Ode
a “Segesta” è, ancora, un affresco lirico-storico che coglie lo splendore di un
luogo attraversato da vicende che hanno lasciato “i segni come un riflesso” e che inducono il poeta ad innalzare al
cielo, con uno slancio affettivo, parole di encomio:
Tu gioiello dipinto
dal contorno del sole, dal verde e le siepi
Nel loro eterno
languore.
Sei distinta
franchezza di un’essenza divina, di cui coglie
I segni, chi a te
legger s’avvicina
In
questa raccolta poetica le Odi hanno anche n taglio più intimo, atteso che il
poeta pone lo sguardo su tanti aspetti dell’esistenza trasfigurati ora nella
Bellezza della poesia della quale si è innamorato, ora nella nebbia:
Nebbia a rammentare
l’autunno, in rotazione eterna
di cui sei il frutto
Ora
nelle nefandezze di un progresso sganciato da ogni dimensione valoriale:
Progresso nefasto,
che ci rubi la vita, ci distrai dal contesto,
come ragazzi alla
gita.
Estorci i desii, ci
maltratti gli affetti,
ci induci ad essere
come dei maledetti
Ora
sui fondamenti di un’ontologia umana in grado di valorizzare la conoscenza: “Conoscenza fluisca come stelle dai cieli”
L’emozione:
“Emozionarsi fortemente, ci induce ad
un’alchimia tale,/ da poter fermare il tempo”
Ed
ancora la luce: “Fulgida la luce mi
appare attorno”
Il
pensiero, le relazioni, le amicizie (Si leggano, ad esempio, “Ricordo di
Giovanni”, “ Lucrezia“, “Ode al figlio Lorenzo“).
La
seconda parte de “Le Rime“ si snoda in “Canti” che viaggiano all’interno di
coordinate tematiche che toccano il paesaggio, la natura, il lavoro, la
denuncia sociale, il viaggio ed elementi esperenziali rilevanti per la vita del
poeta.
Questi
si intenerisce di fronte al crescere delle spighe:
Assurgono le spighe
verdastre e luccicanti
in un sibilo o
lamento nel campo ad allungarsi
Prova
emozioni per l’inoltrarsi della primavera:
Al mattino il
fresco di Maggio portava l’urlo delle
gazze,
sin dentro la mia
finestra chiusa
Nonché
della stagione estiva:
A giugno il vento
fresco soffiò alle nubi
Respira
squarci di cielo con l’auspicio di trovare forza di cambiamento:
(“Squarcio
nel Cielo”)
Una striscia bianca
nel cielo…
Quanto tempo ancora
dovremo aspettare,
perché i potenti in silenzio
sappian ascoltare
(“L’Ambulante“)
Oggi tutto si compra
col vile denaro,
anche la vita di un
uomo, col destino lontano
Giuseppe
Mistretta ci dà in questo libro la sua versione della realtà e della storia e
lo fa con testi che in alcuni casi risultano dettati da occasioni, in altri da
intenti didascalici, in altri da esigenze sociali e problematiche di cui il
nostro tempo è caratterizzato.
È
un autore che tende a far risuonare nei sui versi i valori più autentici di
umanità bistrattata e consumata da un progresso che non guarda all’essere ma
all’avere che tende ad ingannare l’uomo sulle domande di senso che da sempre lo
accompagnano.
La
poesia di Giuseppe Mistretta è limpida nel suo fluire, realistica nella sua
tessitura concettuale e attraversata da sogni e incanti; il poeta pronunzia il
suo atto di fede nella vita anche alla vista di studenti che gli riaccendono i
filmati della memoria giovanile:
il canto di scolari
festanti all’uscita,
eredità delle genti
in terra,
mi riportano alla
gioia per oggi,
al coraggio per
domani,
alla ricerca della
felicità come esempio,
per l’imminente
futuro
La
ricca gamma di sensazioni, aspirazioni ed emozioni che fluttua nell’animo del
poeta prorompe con genuinità sia nelle Odi che nei Canti; la forza le immagini (“il tono del vento”, “le foglie in terra“, “pecore in balia dei lupi”, “frizzi di luce“, “un bacio d’amore”, “un
sussurro sopito”, “il manto degli angeli”, etc.) offre al
lettore una versificazione dai cui trasuda tutto il processo creativo del poeta
e la carica allusiva e simbolica delle sue policromie interiori.
Giuseppe
Mistretta riporta infatti nei suoi versi tutta la sua carica umana e spirituale
con un linguaggio e con parole che si fanno epifania di un tormento e di una
apertura ai valori del trascendente, capace di donare equilibrio alla sua vita:
Non è semplice
ma alle volte è
possibile trovare
quell’equilibrio
interno
che ci fa pensare
E
il poeta si disvela come uno che pensa, che legge, che si abbevera a fonti di
vario genere, tant’è che in queste “Rime” c’è un appendice in cui esprime un
“Grazie figurato” a vari autori dell’antichità e contemporanei, tra i quali
Seneca, Aristotele, Leonardo da Vinci, Giuseppe Parini, G.B Marino, S. Francesco
d’Assisi, Guttuso, Friedrich Nietzsche fino a giungere ad Umberto Eco, quasi a
volere dire quanto il suo rapporto con il mondo dell’arte, della letteratura e
della filosofia sia entrato nella sua dimensione esistenziale con forza e
convinzione.
Le
sue pagine sanno di vita, di domande, di sussurri e di riflessioni; sanno di
responsabilità e di amicizia, di sentimenti che imperlano ogni scelta
linguistica, la quale si mostra coraggiosa e convinta superando possibili
perplessità, e regalando ai suoi lettori le armonie più vere della sua fantasia
e della sua immaginazione.
Domenico Pisana
Nessun commento:
Posta un commento
Il tuo commento sarà pubblicato tra breve. Grazie.