15 ottobre 2023

RICORDO DI MARIA GIORDANO

 


RICORDO DI MARIA GIORDANO 

 

                                                        LA NASCITA

Quella domenica, era un 29 Giugno, fu la nonna paterna a dare l’annuncio della mia nascita all’amica della mamma che la chiamava per andare a messa, com’era nelle loro abitudini. Si sapeva che il lieto evento era imminente ma fu ugualmente una sorpresa perché si verificò con un certo anticipo. L’amica, nostra vicina di casa, disse che avevo scelto un giorno particolare, il giorno della festa dei santi Pietro e Paolo. Ed è grazie a tale particolarità che, con maggiore facilità, ogni anno parecchi sono quelli che si ricordano, il ventinove di giugno, di farmi gli auguri per il mio compleanno. Mi fu dato il nome di Maria Cava che era quello della nonna paterna: le usanze erano quelle e bisognava rispettarle, del resto quale più bel nome di Maria? L’aggiunta di Cava al nome Maria, (il suo significato è “della Cava”) è una peculiarità del nostro paese, dove ha grande rilevanza ed è abbastanza diffuso; il nome di Maria Cava non si riscontra fuori da Pietraperzia, almeno credo. Il motivo di tale particolarità è legato a un evento miracoloso, citato anche nella Storia di Pietraperzia di Fra’ Dionigi, che si verificò quasi otto secoli fa, intorno al 1223 presso una località di campagna non molto distante dal paese. Tale località, nota per la presenza nella zona di cave di pietra per costruzione e di sabbia, prima chiamata Runzi, fu denominata Cava in seguito al ritrovamento, dopo vari tentativi di scavo, di un’immagine della Madonna col Bambino, per opera di un giovane sordomuto trapanese cui la Madonna era apparsa in sogno. Si tramanda che il muto all’atto di scoprire l’immagine, ricevendo miracolosamente la parola, si sia messo a gridare “Viva Maria SS della Cava”. La lastra di pietra su cui è dipinta la Madonna mentre allatta il Bambino troneggia, fin dall’epoca del ritrovamento, sull’altare del piccolo santuario fatto erigere sul luogo e meta di pellegrinaggi da parte dei pietrini. A Pietraperzia, che proclamò la Madonna della Cava sua patrona, si sviluppò una grandissima devozione alla Madonna che si esprime nelle più varie forme interessando singole persone, famiglie, organizzazioni di categorie e sodalizi, in ogni periodo dell’anno. Tra le forme più suggestive vanno ricordati i pellegrinaggi del mese di maggio, organizzati nei giorni di sabato (da cui I Sabati della Madonna) dalle varie categorie di lavoratori La festa ricorre il 15 Agosto giorno dell’Assunta giornata nella quale la devozione dei pietrini riveste la forma più solenne. 



Furono tutti contenti della mia nascita ed anche del fatto che fossi una bambina, così mi è stato detto, perché nella famiglia un maschietto c’era già, il mio fratellino Salvatore che aveva tre anni. Era stata la nonna Maria Cava ad aiutare la mamma a farmi nascere: la mamma in quei momenti voleva vicina la suocera che con la sua serenità le dava sicurezza. Forse la nonna aveva anche delle attitudini particolari se spesse volte veniva chiamata dalle sue vicine per essere assistite nel momento del parto. Ad assistere la mamma durante la mia nascita, assieme alla nonna, c’era donna Antonietta Attanasio la levatrice che prima di me aveva fatto nascere il mio fratellino e dopo di me mia sorella Ninetta. Michela invece, la mia ultima sorella, nata dopo la morte della nonna paterna, venne al mondo con l‘aiuto di donna Giovannina “la Nuda”, levatrice amica della nonna materna, nonna Nina. Donna Antonietta Attanasio era quasi una nostra parente avendo sposato un fratello della zia Angelina Attanasio moglie del prozio Michele Calì fratello di bisnonna Francesca. Seppi dalla mamma che donna Antonietta nell’imminenza di un parto veniva a dormire a casa nostra perché sapeva che ai primi sintomi noi eravamo pronti a nascere e che se fosse dovuta partire da casa sarebbe arrivata a parto avvenuto. Il parto quindi si svolse in modo spontaneo, tutto andò bene come la prima volta per la mamma, quando era nato mio fratello. Adesso c’ero anch’io; la nonna annunciò che era arrivata una bambina e grazie ai sonorissimi strilli che seguirono all’annuncio si capì che avevo dei bei polmoni. Mamma finalmente poté vedere il mio viso e fu molto felice; papà, sempre molto equilibrato nel manifestare i suoi sentimenti, non nascose il suo appagamento. Il corredino era pronto; la mamma si era molto adoperata a prepararlo aiutata da entrambe le nonne. Era costituito da camicine giacchettini, scarpette, cuffiette, completati e impreziositi da delicati ricami all’uncinetto che vi aveva applicato nonna Maria Cava, arte che aveva appreso dalla sua mamma, la bisnonna Francesca. Nonna Nina, molto abile nel taglio e cucito, si era invece occupata dei lunghi coprifasce completandoli con rifiniture in pizzo, il necessario per avvolgere i neonati, i grandi quadrati di stoffa piqué le lunghe fasce in damasco, lo stesso, riciclato, che era servito per il mio fratellino. Crescendo ebbi modo di ammirare parecchi capi dei corredini preparati per noi: mamma li custodì a lungo; il ritrovarli era occasione per ricordare e raccontare episodi dei primi momenti e dei primi anni della nostra vita e le persone che ci erano state vicine. Sentivo così la mamma confermare molti particolari su di essi e sugli eventi che seguirono, che la nonna materna mi aveva raccontato nei nostri quotidiani dialoghi: del primo bagnetto, del piumino soffice col quale mi aveva cosparso di borotalco, di come mi aveva essa stessa agghindato con il lungo coprifasce per presentarmi a tutti che volevano vedermi. Non sono in grado di dare alcun giudizio su come ci si può sentire dentro le fasce a fine giugno, so che mi era stata risparmiata la tortura della cuffietta per il troppo caldo. Non mi mancò invece quella dei forellini ai lobi delle orecchie: era d’obbligo, allora, che una bambina portasse gli orecchini. Durante tale operazione fui molto irrequieta, l’intervento non riuscì perfetto e ciò è ancora evidente, il forellino di un orecchio, infatti, è più alto di quello dell’altro. Non mi mancava più nulla per entrare in società. I nonni materni, nonna Nina e nonno Pasquale, non erano in paese il giorno della mia nascita perciò fu per essi una grande sorpresa al loro rientro da Marcatobianco trovarmi già nata. I nonni addirittura credevano di aver anticipato il ritorno dalla campagna rispetto al giorno previsto dell’evento, pensavano di poter essere vicini alla loro figlia in un momento così importante ma io ero stata più veloce. Il loro stupore si mutò subito in gioia, la nonna si sentì alleggerita di un grosso peso, essa sapeva, come diceva, che la figlia era in buone mani, la mamma stessa la tranquillizzò su questo. Come tutti i nonni, mi trovarono bellissima e di più il nonno che poco esternava i suoi entusiasmi, disse che ero una bambina speciale. Essendo ora, nonna anch’io capisco benissimo nonno Pasquale. Per la nonna paterna era un momento propizio, dopo il maschietto, la femminuccia la quale, cosa importante, portava il suo nome. La sua gioia si accentuava quando ero presentata ai parenti e agli amici che venivano a conoscermi e a felicitarsi, tutti concordi nell’affermare che somigliavo a papà: di lui il naso, gli occhi; per il resto ero il ritratto della nonna, il suo.



        PROBLEMATICHE MATRIMONIALI DI MARIA GIORDANO


Corteo matrimoniale - Foto d'epoca anni '50


 

PROBLEMATICHE MATRIMONIALI

- poesia di Maria Giordano -

Mentre scrivo mi sento divertita

nel ricordare eventi della vita:

un'usanza da tempo tramontata

che oggi può stupire, ma c'è stata.

Per me sono ricordi ancor precisi

di giovani che erano confusi

che giunta l'ora dell'innamoramento

più che gioia, per loro era un tormento.

Il giovane insisteva a far la corte

ma incerta restava la sua sorte.

Per fortuna la mamma lo capiva

e ne parlava alla nonna ed alla zia.

Si discuteva insieme della cosa

per decidere se chiederla in sposa.

Si faceva un'indagine accurata

sulla ragazza e sulla sua casata.

Se finalmente veniva accertato

che proprio con nessuno aveva parlato

si ripeteva in casa come un credo:

speriamo che abbia pure un bel corredo.

Allora si mandava l'ambasciata

tramite una persona conosciuta:

“per vostra figlia ho pronto già il marito,

un bel ragazzo, un ottimo partito”!

Subito si inventava un espediente

perché la gente non sapesse niente:

per la sua vita di sposa futura

s'inscenava una vendita di mula.

Mentre il giovane la bestia esaminava

lei dietro la persiana lo osservava.

(Ma la ragazza, non era al corrente

della proposta del suo pretendente?

Era informata all'ultimo momento

della ragione di tanto movimento?)

Il padre della giovane che era astuto,

ricevuto il segnale convenuto

concludeva l'affare in un minuto;

di sollievo tirava un gran sospiro

che mai si sentì così leggero.

Veniva già deciso in quel momento

la grande festa del fidanzamento;

per suggellarlo con tutto il parentato

anche il giorno del sì veniva annunciato.

Non è racconto della fantasia

il fatto avvenne vicino casa mia.

Di me non ho granché da raccontare

nessun cavallo ci fu da rimirare.

Mio marito conobbi da bambino,

da grandi bastò d'intesa un occhiolino.


(Estratto da: Via 4 Novembre e dintorni...c'era una volta Pietraperzia negli anni ‘40-‘60 del XX Secolo racconti e poesie di Salvatore e Maria Giordano).

 

27 giugno 2022

ZITTO E MANGIA! Ricette per l’educazione e la buona tavola




                                            ZITTO E MANGIA! 
  

                                     

“Zitto e mangia. Ricette per l’educazione e la buona tavola” è il libro che. Luca Giovanni e Marco hanno scritto insieme con l’intento di arrivare alle famiglie e di poter comunicare in maniera divertente ed educativa con ciascuno dei componenti al fine di spingerli a riflettere sul loro rapporto con il cibo e la famiglia. Poiché, però, l’educazione è un’esperienza di comunità è proposto pure alla scuola per i percorsi di educazione all’alimentazione e alle realtà ecclesiali come parrocchie, oratori e associazioni”. “Il libro è rivolto a tutti i curiosi e poi tutti siamo stati figli, parte di una famiglia in vari ruoli nel corso della nostra vita. E’ scritto con tono leggero perché non deve sembrare che stare a tavola sia un’imposizione, ci si può stare anche con gioia e serenità, per questo è importante non solo la condivisione del pasto, ma anche la preparazione e ogni momento legato come apparecchiare, sparecchiare, lavare, fare la raccolta differenziata”. 

“Zitto e mangia" ci è stato detto tante di quelle volte da piccoli, dai nostri genitori e dai nonni  da renderlo più che un monito o un rimprovero, una specie di esortazione con la quale ci invitavano a sederci a tavola per mangiare insieme. Quello dei pasti, in passato, era un momento a cui si rinunciava difficilmente: uno spazio da condividere, con tutta la famiglia riunita intorno al tavolo, per dedicare tempo ai figli e agli altri membri del nucleo familiare, per raccontarsi la giornata, affrontare magari qualche piccolo problema. La colazione, il pranzo e la cena rappresentano il fulcro della giornata e la cucina è il luogo della casa in cui si trascorre il maggior tempo della nostra vita, un luogo dove ci si può divertire preparando insieme pietanze e crescere nel rispetto e di sé e degli altri. Il libro nasce dalle esigenze di tante famiglie;  è un progetto condiviso tra due fratelli scrittori, l'uno chef e l'altro insegnante, tra arte del cibo e il mestiere dell’educazione; è una macedonia ben dosata di ricette per buone pietanze e ricette per aiutare a crescere bambini e ragazzi non solo fisicamente, ma anche come persone con dei valori. Propone sperimentate ricette ripetibili con le quali desidera concretamente aiutare genitori, nonni, zii, parenti vari nel momento di preparare colazione, pranzo e cena per tutta la famiglia in presenza di bambini e ragazzi in età scolare. Ha a cuore l’educazione dei bambini,  dei preadolescenti e degli adolescenti, così come la serenità dell’intera famiglia nel delicato tempo della crescita globale dei figli e dei nipoti, offrendo insieme al cibo materiale quello dell’anima e del cuore.


Gli “ingredienti” del libro

Il buon cibo, prendersi cura della famiglia e l’educazione sono alcuni degli “ingredienti” che si trovano alla base del libro “Zitto e mangia. Ricette per l’educazione e la buona tavola” scritto da Luca Giovanni e Marco Pappalardo: si tratta di due fratelli, il primo cuoco professionista a Bologna(Trattoria “Pane e panelle”), scrittore e padre di due figli, l’altro docente di Lettere, giornalista e scrittore esperto di tematiche educative. Buone dosi di tempo dedicato all’educazione: tra figli e studenti, tra vita quotidiana condivisa con bambini, preadolescenti ed adolescenti in vari ambienti educativi, grazie all’osservazione e all’ascolto dei ragazzi per la ricerca e per lo studio, per articoli e libri. Un pizzico di voglia di mettersi in gioco: perché in queste pagine si parla seriamente ma sempre con il sorriso, si affrontano temi importanti ma con ironia, si raccontano temi di tutti i giorni ma in una prospettiva nuova. Un bel po’ di idee nuove e rinnovate: sia sul piano delle ricette che sul piano dell’educazione, tutte sperimentate, condivise, confrontate; sono un punto di partenza ed uno stimolo alla creatività, poiché le varianti, in cucina come nell’educare, sono infinite. Un mix unico, semplice, diretto, coinvolgente: in cui la cucina viene esaltata ed innalzata verso l’arte dell’educazione, e quest’ultima trova nel mondo culinario, in modo originale e stimolante, nuove vie in questo tempo che cambia velocemente. Anche la cucina può avere un ruolo nell’educazione dei giovani, se non si parla di quella professionale, è di per sé un gioco. Come ogni gioco però ha una base di regole e tecniche che vanno rispettate. Le famose regole del gioco che nessuno vuole mai leggere prima di cominciare! Si finisce per giocare male e avere risultati deludenti che poi ti spingono a non riprovare. Le regole sono importanti e, dopo averle imparate, possiamo anche crearci sopra altri giochi. E cosa c’è di meglio che educare attraverso la dimensione ludica?”.




Marco Pappalardo è docente di Lettere a Caltagirone presso il Liceo Majorana-Arcoleo. Pubblicista, collabora con “L’Osservatore Romano”, “Avvenire”, “Credere”, “La Sicilia” e con diversi blog. Ha scritto oltre 30 libri su temi educativi, sociali, religiosi, formativi per le editrici San Paolo, Libreria Editrice Vaticana, Elledici, Effatà, Il Pozzo di Giacobbe, Paoline, alcuni dei quali tradotti in più lingue.




Luca Giovanni Pappalardo è il rivoluzionario chef umanista, autore del bestseller Scuola facile di pesce e dell’ormai indispensabile Pesci Diversi. Ha scritto per anni le ricette dell’inserto Salute del “Corriere della Sera”, ha fondato il gruppo social “Chiedi allo Chef” e ha portato la cucina d’autore nei palati dei ragazzi più giovani. Attualmente è lo chef di “Pane e Panelle” a Bologna. 


05 giugno 2022

Il canto di Calliope di Natalie Haynes

 


Una donna sola corre nella notte, intorno a lei la sua città che brucia. Fuori dalle mura, la regina e altre sventurate attendono un destino che verrà deciso dai vincitori. È la caduta di Troia. Dieci interminabili anni di guerra sono giunti alla tragica conclusione, mentre le avventure dei protagonisti andranno a ispirare, nei secoli a venire, le opere di artisti e scrittori. «Cantami o Musa» invoca il sommo poeta Omero, che ha raccontato le gesta degli eroi. Ma Calliope, musa della poesia epica, questa volta è meno accomodante: è convinta che non tutto sia stato narrato, che qualcosa di fondamentale, legato alle figure femminili, manchi ancora per completare l'affresco. Se il bardo vuole che lei canti, allora lei canterà insieme a tutte le donne coinvolte nella grande tragedia. Dando voce a ciascuna di loro, Calliope prende in mano la storia e ce la racconta da una nuova prospettiva. 

«Cantami, o Musa», invoca il Poeta per scrivere il suo poema senza chiedersi mai se la Musa è disposta a farlo di buon cuore o se ciò le pesa.

Pensa a sé stesso, a cantare di eroi e chiede alla Musa il suo aiuto ma non si preoccupa di darle il giusto merito, di ascoltarla sul serio.

Prende ciò che gli serve.

Alle donne nessun ascolto, nessuna attenzione, è impegnato a costruire un poema in cui uomini, semi dei e dei sono assoluti protagonisti dimentico che in ogni storia anche le donne, che nelle guerre antiche aspettavano i loro uomini a casa, combattono.

Nel canto di Calliope, Natalia Haynes, si erge al ruolo di poetessa e canta di queste donne, per le donne ma non solo, da voce a coloro a cui l’ascolto è stato negato per secoli. Di queste donne si è mai chiesto qualcuno qualcosa?

Di Penelope, regine di Itaca, in attesa per 20 anni del ritorno di Odisseo, non meno astuta di quest’ultimo.

Di Polissena, amazzone ed eroina di Troia.

Di Ecabe, regina di Troia, fredda, regale ma dignitosa fino alla fine.

Di Cassandra, sacerdotessa di Apollo, con il dono di vedere il futuro. Una maledizione che la annienta perché ciò che vede non viene creduto da nessuno.

Natalie Haynes con il suo canto, dona voce a questa principesse, regine, guerriere, le pone allo stesso livello di Achille, Ettore, Paride e tutti gli altri protagonisti. Anche queste donne hanno combattuto, hanno subìto, hanno il diritto di raccontare la storia.


 Natalie Haynes è scrittrice e giornalista. Classicista di formazione, ha pubblicato tre romanzi e due saggi.  Autrice e conduttrice, nel 2015 ha ottenuto il Classical Association Prize come riconoscimenti per il suo lavoro di divulgazione dei classici.

 Ilaria Matà

GioiaLibro