L'autore, Michele Alesso, è stato uno storiografo nisseno esperto di costumi e tradizioni popolari locali. Il volume è conservato nella biblioteca Scarabelli di Caltanissetta.
ESCURSIONE ARCHEOLOGICA
A
PIETRAPERZIA
MICHELE ALESSO
La Madrice
Nella parte più elevata di Pietraperzia, in prossimità del Castello Barresio, e rivolta a mezzogiorno, sorge la chiesa madre, la cui erezione sembra rimontare alla prima metà del secolo XVI. Da una epigrafe, graffita nelle imposte, si sa che questo tempio, dedicato a Maria della Stella, fu costruito a spese del marchese Matteo Barresi, benefico signore di quella città.È abbastanza ampio e completo.
L'interno, a tre navate, nulla offre di notevole. Degno di nota v'ha il grande quadro posto sull'altare maggiore, di squisita fattura, dovuto al pennello del pittore fiorentino Filippo Paladino.
Nella tela è raffigurata l’Assunzione della Vergine, ed è probabile che sia stata dipinta fra il 1614 e il 1616(1).
Nella parte superiore della tela, in delicato atteggiamento, stanno la Vergine col Bambino, fra due vezzosi puttini, che graziosamente sorreggono una corona. Più in alto, fra un artistico intreccio di nuvole, scorgesi la figura dell'Eterno Padre.
Ai due lati della Madonna, in vaghe e gentili mosse, fan corona gruppi di angeli che suonano delicati ed armoniosi strumenti musicali, violino, arpa, mandola, mentre altri par che intonino inni di gloria e armoniosi concerti in onore della Gran Madre.
In basso, dal lato destro, si notano le figure di due Vergini Martiri: S. Agata e Santa Lucia; a sinistra stanno S. Pietro e S. Paolo. Fra le prime e le seconde figure spicca un paesaggio di sfondo.
________________(1) Altri quadri consimili, dello stesso pittore, si ammiravano un tempo in Caltanissetta, uno nella chiesa di S. Maria degli Angeli, rappresentante anch'esso l'Assunzione di Maria, e l' altro nella chiesa di S. Domenico, che raffigura la Vergine del Rosario. In questi ultimo leggiamo la firma dell'autore e l' anno 1615.
Di notevole Importanza, vanno ricordati alcuni frammenti architettonici con sculture, gaginiani, che si osservano, ora, appoggiati, qua o là, alle basi delle colonne di sostegno degli archi che dividono le tre navate.(1)
Questi frammenti architettonici, nel 1912, vennero osservati dall'Ufficio di Conservazione dei Monumenti, che, constatatone il valore artistico, li dichiarò d'importante interesse: per cui ora sono sottoposti alle disposizioni contenute nella legge 20 giugno 1909, n.364.
Si vuole che tali frammenti di marmo bianco costituissero, un tempo, gli architravi con le cornici e i pilastri, destinati ad adornare le tre porte d'ingresso che si aprono nel prospetto principale della Madrice, dalla parte di mezzogiorno.
Il disegno dei tre architravi risulta di un grazioso intreccio a fogliame, misto con frutti. Ciascuno di essi ha, nel centro, lo stemma barresio, spiccante fra il complesso degli adorni. Nei pilastri, sul fondo uniforme, spiccano, a bassorilievo, trofei di armi degli antichi romani: elmi, corazze, coturni, flauti, trombe, archi, mazze ferrate, guanti, lance, alabarde e fasci di verghe, che, armonizzando tra loro, nell'insieme si alternano con mazzolini di foglie e frutti, sostenuti ed intrecciati capricciosamente con un nastro serpeggiante per tutta l'estensione del pilastro.
Gli architravi misurano, ciascuno, m. 2,59 in lunghezza per m. 0,50 in larghezza. Le cornici, che sono due, hanno le dimensioni: una di m. 2,67 e l'altra di m. 1,66 in lunghezza; entrambe di m. 0,15 in larghezza.
Di pilastri completi, aventi, cioè, il capitello e la base, ve ne sono due solamente, ciascuno delle dimensioni di m. 2,80 per m. 0,30. Altri frammenti di pilastri mancano o del capitello o della base.
Monumento di relativa importanza è il sarcofago marmoreo che s'erge appoggiato alla parete, a sinistra della porta di centro. Questo sarcofago, eretto nel 1582, che chiude le spoglie di don Matteo, di donna Eleonora, madre dello stesso, e delle figlie(2), dimostra chiaramente la nobiltà e la grandezza della famiglia dominante allora in Pietraperzia.
_______________(1) Dobbiamo alla squisita gentilezza del Can.co Salvatore Di Blasi e del Parroco can. Antonino Assennato la conoscenza di alcune notizie. A loro rendiamo sentitissime grazie.
(2) Amico V. Dizionario topografico della Sicilia, alla voce Pietraperzia.
Il sarcofago s'innalza su uno zoccolo di semplicissima architettura, senza adorni di sorta.
Su lo zoccolo poggiano le basi di quattro colonnine, alle quali stanno addossate quattro statuette, a bassorilievo, le cui figure par che rappresentino la medicina, la giustizia, la scienza e la beneficenza. La prima delle quattro statuette sorregge, nella destra, una coppa e, con la sinistra, stringe per il collo un serpente: la seconda impugna, con la destra, una spada e, nella sinistra, tiene il globo: la terza stringe, fra le braccia, una pergamena arrotolata; e la quarta, infine, versa, da un'anfora in un'altra, il liquido benefico della carità. Queste quattro figure simboleggiano, come ben si comprende, le doti di cui andavano orgogliosi i signori Barrese. Sui capitelli delle quattro colonnine, di stile dorico, poggia un'arma, adorna di ricchi bassorilievi a fiorami e disegni vari, di stile rinascimento, su cui spiccano mirabilmente due artistici serafini, che sostengono, dall'un lato e dall'altro, lo stemma inquartato delle famiglie Barrese e Valguarnera. Sulla copertura dell'urna, che fa da coperchio, si distende in posizione supina, come dormente, una figura di donna, forse donna Laura Sottile Cappello, moglie di Giovanni Antonio II, barone di Pietraperzia.
L'epigrafe, graffita nella fascia superiore dell' urna, ci fa sapere che detto sarcofago accoglie anche il corpo di donna Antonia Buxemar o Ademar, altrimenti intesa Santapau, moglie del marchese don Girolamo Barrese, e dei loro figliuoli; vi si conservano anche le spoglie dei figli di Beatrice Barrese, figlia di donna Laura, sorella di don Matteo, e sposa dl Giovanni Valguarnera, conte di Assoro. Questo ricordo marmoreo conserva altresì gli avanzi di donna Eleonora e dl donna Gerolama Barrese. In essa si legge:(1)
IVSSV ET FORTVSIS ILLVSTRIS HEROIS DON MACTHEI
BARRESII PRIMI HVIVS COGNOMINIS MARCHIONIS
EXTRVCTVM EST OPVS IN QVO CONDITVR HEROA
HEC LAVREA EIVS NATA ET EX BEATRICE
ASSORENSIVM DOMINA NATARVM ALTERA
NEPTES HIERONIMA ET LEONORA PVELLVLÆ
INSVPER ET ANTONINA BVXEMAR DNA
IPSIVS NVRVS.
________________
(1) Questa epigrafe è riportata dal PIRRO nelle Eccl. Sicil. Sacr. Cat. I lib. 3 e dal GUALTIERO nell' opera: De Antiquis Tabulis Sicilianis.
Parallelamente alla fascia superiore dell' urna, vi ha un'altra fascia inferiore, nella quale è graffita un'altra iscrizione, che ricorda il nome di donna Antonella Valguarnera, moglie di don Matteo Barrese, col quale procreò una figlia, di singolare bellezza, cui a battesimo fu dato il nome di Laura. In essa si legge:
LAVRE HIC BVSTA JACET BARRESE STIRPIS
ALVMNE. QVAM FATI INPIETAS SVBSTVLIT
ANTE DIEM. NON DAPHNIS LAVRO VATIS
NO LAVREA TVSCI. SIC CELEBRIS MAJVS
TERCIA NVMEN HABET. HEV DOLOR IN
LACRIMAS NE SOLVITE CORDA PARE(N)TES.
SI BREVIS ETERNAM CONTVLIT ARCA
DIEM BARRESIA HEC ILLVSTRIS
VIRAGO TENERIS SVB AN(N)IS ET
ADHVC VIRGO MIGRAS CONDITVR
HIC AN(N)O XPI ) MDXXXII
FORMA ET MORIBVS EGREGIIS
Chiude II sarcofago un grand'arco a sesto romano, poggiante su due mensole sostenute dai capitelli di due colonne di marmo bianco, che s' innalzano dalla base, per un'altezza di circa tre metri.
Il fronte dell'arco è adorno di fregi stile cinquecento. Sotto la volta dell'arco, che poggia alla parete, in ciascuno degli otto scomparti, (quattro da un lato e quattro dall'altro) fan risalto in bassorilievo le teste di otto cherubini, paffutelli, ed artisticamente modellati; nello scamparto di centro, anch'essa in bassorilievo, si vede una colomba raggiante, che simboleggia, probabilmente, lo Spirito Santo.
Sottostante all’arco, murato nella parete di fondo, spicca un bellissimo bassorilievo in marmo bianco, che ritrae l'effigie d'una Madonna col Bambino, cui fan bella corona un coro di nove cherubini, spiccanti fra un artistico intreccio di nuvole che li circondano.
Questo bassorilievo, che viene attribuito al Gagini, è tenuto in grande estimazione. Vi è chi asserisce che l' insieme del sarcofago sia pure opera del Gagini. Noi, invero, accettiamo tale asserzione col beneficio dell'inventario.
All'angolo della navata a sinistra, in prossimità della porta di ingresso, si scorge un elegantissimo e maestoso sarcofago in marmo verde, cosi detto cimiliano, simile a quelli che si ammirano nel duomo di Palermo.
L'urna massiccia, dal fondo ovale, poggia su le spalle di artistici leoni, dello stesso marmo, e richiama alla memoria i fasti e la grandezza della nobile benefica famiglia Barrese, salita in tanta rinomanza da meritarsi, giustamente, la benevolenza del popolo di Pietraperzia.
Il sarcofago fu eretto in memoria di donna Dorotea Barrese e Santapau, sorella dl don Pietro Barrese, che andò sposa a don Giovanni Branciforte, col quale generò un solo figlio, di nome Fabrizio; rimasta vedova, sposò il marchese don Vincenzo Barrese, ma questo matrimonio fu di breve durata, per la morte del marito. Una terza volta andò a nozze, perché fu chiesta od ottenuta in sposa dal viceré di Napoli Giovanni Zunica. Morta nel 1591 in Pietraperzia, ebbe, in quella chiesa madre, onorata sepoltura.
Una epigrafe, graffita in uno dei lati dell'urna, ricorda le virtù di questa principessa o viceregina di Napoli, che era nata dall'unione di Don Girolamo Barrese di Pietraperzia con donna Antonia Santapau, unica erede del principe di Butera.
Nell'iscrizione si dice:
D. O. M.
D. DOROTHEÆ BARRESIÆ, SANCTAPAV PRINCIPI
PETRAPERTIÆ H. PRINCIPI BUTERÆ HI VT QVÆ.
VIVENS ROMÆ ET NEAPOLI REGIAM PERSONAM
PRO DIGNITATE GESSIT, APVD REGEM REGII FILII
MOX PHILIPPI III DOMINI QVOD SVPREMVM
DECVS EST ALTERA VELVTI MATER MORIBVS ATQVE
EDVCATIONI PRÆFECTA EXCElSÆ MVNVS VIDEI
SVMMA EXPLEVIT FIDELITATE ET OBSEQVIO
MAGNOSQVE INTER HYSPANIARVM PROCERES.
NVMERATA. SVIS IDEM POSTERIS GLORIÆ,
CLARITATISQVE VESTIGIVM RELIQVIT.
MORTVA NVNC POST HONORVM TOT DECVRSUS
NEMINI SICVLORVM ANTEA COGNITOS SI NON
ILLVSTRI VT PAR HONESTO TAMEN SITA SIT
LOCO. FABRITIVS BRANCIFORTIVS, BARRESIVS,
SANCTAPAV TANTÆ MATRIS FILIVS VNICVS
PIETATIS, ET REVERENTIÆ P. ANNO MDXCI.
VIXIT. ANNIS LVIII.
Altro mausoleo di marmo a colori, in buonissimo stato di conservazione, si ammira appoggiato alla parete che vi ha tra la porta centrale e quella della navata destra. È di stile barocco, con diversi adorni di marmo a intarsiature.
Nella parete, in un quadretto anch'esso di marmo bianco, si osserva una Madonna in piedi col Bambino. La parte superiore del monumento è sormontata da un'artistica cimasa. Dall’un lato o dall'altro stanno due putti ignudi, sdraiati sulla cornice e in mesto atteggiamento, simboleggianti l'anima addolorata del popolo, che piange la morte di colui che in vita tanto bene gli aveva fatto. Nel centro si eleva uno scudo, in cui si intrecciano lo insegne delle case Valguarnera, Barrese e Moncada. La grande cornice è sostenuta da due sirene che poggiano per metà su mensole, aventi ciascuna un mascherone. Fra i due pilastrini, entro un'artistica incorniciatura, a disegni stile cinquecento, si legge la seguente iscrizione graffita sul marmo:D. O. M.
PETRO BARRESIO PETRÆ
PERSIÆ PRINCIPI SUÆ TEMPES
TATIS EQVITVM VIRTVTIBVS
CVMVLATISSIMO EXACTIS
QVINQ, ET TRIGINTA SUÆ ÆTA
TIS ANNIS, FVLMINE DEMVM CÆ
LITVS FLAMMTO IVLLÆ. Q. MONCATÆ:
VXORI SVAVISSIMÆ TRIBVS CVMANNO
LVSTRIS POST XXXIJ SVI NATA
LIS ANNVM LVCTVOSIS
SIMÆ SUPERSTITI.
Don Pietro Barrese, ricordato dal Mongitore, dal Villabianca e dall'Amico, più che della nobiltà del suo casato, andava orgoglioso della sua cultura nelle scienze astronomiche e matematiche: e, qual benefico mecenate, proteggeva i letterati del suo tempo. Il re Filippo II, in ricompensa dei servigi da lui resi come capitano generale della milizia siciliana, gli conferì il titolo di primo principe di Pietraperzia. Mori nel 1571, e il suo corpo, dal castello ove fu sventuratamente colpito dal fulmine, fu trasportato nella chiesa madre, ove ebbe onorata sepoltura, insieme con le spoglie della moglie, donna Giulia Moncada, come ben si rileva dalla iscrizione graffita da Girolamo Mozzicato nel sarcofago di cui è parola. Cittadini e vassalli, per la morte di lui, portarono il lutto per parecchio tempo, memori dei benefici ricevuti e delle virtuose azioni di si nobile signore, che fu l'ultimo principe della sua famiglia.
La Cateva.
È una piccola chiesetta, anzi più che una chiesetta, può benissimo addimandarsi un oratorio o cappella, tenuta in pregio, perché d'antica costruzione. È attaccata, dal lato orientale, alla chiesa madre, ed ha l'ingresso dalla parte meridionale.
Probabilmente la sua costruzione si fa risalire ai primi del cinquecento. Alcuni ritengono ch'essa si sia eretta in epoca anteriore alla Madrice.È pochissimo illuminata ed ha la volta a botte, bassissima; raggiunge un'altezza da tre a quattro metri.
Un tempo formava l'oratorio. Essa si apre al culto dei fedeli una volta all'anno, nel mese di maggio.
Tanto nella volta che nella parete di fondo, ove sta eretto un altarino, vi sono gli stucchi dorati a zecchino, grossolanamente modellati a linee incerte, di stile del cinquecento. Nel centro del secondo arco che divide l'abside dallo spazio destinato ai fedeli, in uno scomparto ottagonale, è la figura del Salvatore, dipinta su tela ed attaccata al muro.
Nella parete di fondo, di fronte all'altare, vi è un quadro raffigurante la Madonna della Stella, di rozza fattura del cinquecento.
Sull'altare si conserva alla venerazione dei fedeli un Cristo sulla croce, dipinto rozzamente su tela, e questa è attaccata alla tavola per tutta l'estensione della croce.
In mediocre stato di conservazione è un paliotto d'altare, in legno, con sculture a bassorilievo, dorate a zecchino, con figure di santi che spiccano negli spazi compresi tra le arcate che formano un insieme di colonnato alludente ai laterali del prospetto d'un gran tempio.
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