30 luglio 2018

Invito alla lettura: ZERO K di Don DeLillo




Zero K è l’ultimo romanzo del grande scrittore statunitense Don DeLillo. Il titolo fa riferimento allo zero Kelvin, la temperatura più bassa teoricamente raggiungibile e tratta il tema dell’immortalità attraverso la crioterapia, il congelamento dei corpi e delle coscienze in attesa di un futuro in cui poter godere una nuova vita grazie ai progressi della scienza.
La storia è narrata in prima persona da Jeffrey Lockhart, figlio del magnate Ross Lockart e principale finanziatore della clinica segreta realizzata in un luogo sperduto del Kazakistan e che offre il servizio d’ibernazione. Ross svela al figlio il progetto Convergence e lo prega di accompagnarlo alla base tecnologica per dare l’ultimo saluto ad Artis, la matrigna gravemente malata, sottoposta alla terapia di pre-ibernazione prima dell’ingresso nella capsula conservativa.
Jeffrey è sconcertato e turbato dalla rivelazione, e fin dalle primissime pagine è possibile cogliere l’attrito esistente tra padre e figlio, (i motivi di tanto astio saranno svelati in seguito). Jeffrey Lockhart incarna nel libro lo scetticismo sulla fede in un’altra vita e l’opinione che la scienza sia fonte d’illusioni quanto la religione. È forte il diverso approccio dei due uomini nei confronti della morte ma anche della vita e di come spenderla.
Il romanzo è diviso in due parti ben distinte: la prima è ambientata nella clinica segreta che ospita i pazienti sottoposti al processo di crioconservazione, la seconda si svolge a New York e ha come protagonisti il figlio Jeffrey, la sua compagna attuale Emma e Stack, il figlio adottivo di lei.
Si fa fatica a passare dall’una all’altra parte, la seconda ancora più visionaria della clinica dai corridoi labirintici con porte color pastello che non portano da nessuna parte.
Jeffery dà voce a tutte le sue paranoie, tipo controllare il gas, controllare tasca-chiavi-portafoglio o giocare con le parole, stressandole fin nella singola lettera. E tra le pagine appaiono i ricordi d’infanzia, la morte della madre, i dubbi sul funzionamento dei loculi surgelati, dei trapianti di organi e tessuti, degli individui che si risvegliano “rimessi a nuovo” o il senso dell’immortalità: ma è proprio vero che vogliamo vivere per sempre?
Perché l’obiettivo di Convergence è ottenere il controllo sulla morte, conquistare la libertà di decidere se non quando nascere, almeno quando morire, confidando nel potere supremo della scienza. Al risveglio, i nuovi corpi saranno sani, giovani, perfetti, e parleranno una lingua nuova, unica e universale.
Lo stile minimale di DeLillo è ancora più spoglio del solito, lo definirei gelido e asettico come l’ambientazione. Confesso che ho preferito di gran lunga la prima parte, più interessante e accattivante, trovando la seconda troppo sconclusionata anche nel linguaggio adottato. Mi è piaciuto il personaggio di Jeffery in cui ho ritrovato l’approccio alla vita cinico e sprezzante dei giovani d’oggi, senza speranza e arresi a un futuro senza prospettive. Non si direbbe sia un romanzo scritto da un ottantenne.
DeLillo non è uno scrittore facile, ho letto tre dei suoi diciassette romanzi e ogni volta mi è rimasto in bocca un pizzico di delusione. Zero K non mi ha convinto completamente ma leggere questo grande autore è comunque un’esperienza che consiglio.

Fabiola Gravina



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