20 novembre 2017

LE SPERANZE AVVOLTE IN FASCE - 3^ Parte



III)     Ipotesi sull’origine delle fasce (II parte)

Per dare una spiegazione di carattere storico sulla nascita e sulla funzione della fascia nella nostra processione è necessario partire proprio dal significato del termine nella lingua siciliana.
Nel 1786 l'abate Michele Pasqualino nel Vocabolario siciliano etimologico italiano e latino dà questa definizione del termine: “fascia, striscia di panno lino lunga, e stretta, la quale avvolta intorno a chicchessia, lega, e strigne leggiermente”. Prosegue ancora lo studioso: “fasci nel numero di più diconsi tutti panni lini, che involgono e stringono i bambini prima di vestirsi”.
Vincenzo Mortillaro che pubblica il suo vocabolario nel 1838 dà la stessa definizione di fascia: ”…striscia di pannolino, o di altro lunga, e stretta, che avvolta intorno a checchessia, lega e stringe. Dicesi anche di tutte le cose, che circondano, e difendono le altre”.
Già nel '700 e nell’800, quindi, per fascia si intendeva una striscia di panno di lino per avvolgere. E fasci, al plurale, i panni che “…stringono i bambini prima di vestirsi”.
La consuetudine di fasciare i neonati, tanto diffusa e radicata, si perpetua nel tempo giungendo fino a noi e documentata - intorno alla fine degli anni trenta del secolo XIX - dal Pitrè quando segnala che “Più di due terzi della Sicilia serbano l’uso di mettere prigioniero tra le tenaci fasce il neonato e di ficcare in una delle ripiegature della fasciatura lo Abbizzè”  -l’a,b,c- “o Buzzeu o Santa Cruci”, cioè un libricino di poche pagine con immagini, segni e preghiere, la cui funzione è quella di avere “molte virtù e preserva, chi lo ha addosso, di qualche maleficio possibile”. (cfr. Usi e costumi, credenze e pregiudizi ecc. di G. Pitrè volume II, pag. 149). 



Anche a Pietraperzia la tradizione di avvolgere i bambini in fasce per i primi mesi di vita è rimasta in uso fino agli anni ’60 del secolo XX. E’ altresì testimoniato da persone tuttora viventi che nel territorio di Pietraperzia, almeno fino alla fine del XIX secolo, il lino veniva coltivato, lavorato e infine tessuto. Diverse sono le testimonianze in tal senso che risultano interessanti sia per quanto riguarda la produzione del lino sia per l’utilizzo che se ne faceva.
 La signora Carmela Marotta vedova Anzallo (n.23/12/1927) racconta che il nonno del marito si trovava nei pressi del fiume Salso dove aveva un appezzamento di terreno nel quale coltivava il lino. Mentre il signor Anzallo Calogero di Filippo si trovava in quel luogo, giunse improvvisa una forte piena tale da provocare apprensione nello stesso e nei fratelli presenti, da far temere per la loro vita.
Lo stesso Anzallo fece voto di realizzare una fascia di lino se i presenti al fiume si fossero salvati. Allo scampato pericolo seguì la realizzazione di una fascia. La storia narrata dalla signora Anzallo risale all'anno 1890 circa.
Il signor Rosario Caffo (n.28/02/1933) racconta che il lino utilizzato per la realizzazione della fascia della sua famiglia fu coltivato in contrada Vallone dell’Oro, in territorio di Pietraperzia. La fascia, il cui primo proprietario fu il signor Damiano Satariano, porta la data del 1888 ed è la più antica tra quelle in cui vi è ricamato l’anno di realizzazione.
A Pietraperzia, quindi, non solo si coltivava il lino ma si realizzavano anche le fasce che venivano utilizzate per avvolgere i bambini subito dopo la nascita.
Secondo la testimonianza di persone tuttora viventi,  al bambino veniva prima messo il panno, poi il “fascione” e solo in ultimo la fascia vera e propria.
Il fascione era una stoffa quadrata delle dimensioni di circa 80 cm. x 80 cm. posto sotto la fascia.
Negli anni '30 del secolo scorso le fasce venivano acquistate già pronte e misuravano circa cm. 225 di lunghezza, mentre la larghezza era di  circa 20 cm.

Giuseppe Maddalena
  

Nella prossima pubblicazione alcune notizie sui primi proprietari delle fasce.



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