06 novembre 2017

NOVITÀ IN LIBRERIA - ALESSANDRO ZACCURI

Come non letto. 10 classici +1 che possono ancora cambiare il mondo
Alessandro Zaccuri
Ponte delle Grazie
Con la letteratura, forse, non si mangia. Ma si può dare da mangiare. I libri, se non altro quelle opere che si meritano il nome di classici, da sempre sono un nutrimento per l'anima, e in certi casi possono anche rivelarsi utili per nutrire i corpi o comunque per aiutare a vivere una vita più dignitosa. È quanto ha sperimentato lo scrittore e critico Alessandro Zaccuri nei suoi incontri pubblici, intitolati Come non letto, che sanciscono una positiva alleanza tra letteratura e solidarietà. Basta avere un concreto progetto di assistenza per i bisognosi, beni (non soldi) da raccogliere e un libro di cui parlare: Zaccuri racconta e interpreta, il pubblico porta in cambio la sua offerta materiale.
Come non letto è nato così, ma adesso è cresciuto a sua volta in un libro, i cui diritti saranno devoluti all'Associazione Nocetum di Milano. Suddiviso in dieci capitoli più uno, affronta altrettanti capolavori della narrativa, soprattutto grandi romanzi dell'Ottocento, individuandone le rispettive tematiche fondamentali: il sogno per Don Chisciotte, la vendetta per Il conte di Montecristo, il mistero per Moby Dick, il male per Dracula e così via. Offre in questo modo un'originale chiave di lettura e suggerisce nuove, impreviste prospettive per accostarsi alle opere, e intanto incoraggia il lettore a darne una propria interpretazione (e ovviamente a leggerle o rileggerle). La grande letteratura dimostra di non essere un passatempo per privilegiati e si conferma un'esperienza fondamentale e incisiva, non solo per il piacere del singolo lettore, ma per il bene della società nel suo complesso. E se anche non vogliamo più chiamarla "impegnata", resta capace di dare il suo piccolo contributo per rendere il mondo un posto migliore.

L'INTERVISTA di Salvatore Carrubba
Spesso l'autore si dimentica del lettore, ma da questa distrazione può nascere un capolavoro: gli autori si distraggono e si mettono in ascolto dei personaggi, lasciando un po' di spazio ai lettori. In questi casi, gli autori lasciano degli spiragli che ci permettono di guardare con più intensità nel laboratorio dello scrittore e di capire più in profondità i meccanismo del racconto – spiega Alessandro Zaccuri, che nel suo libro "Come non letto. 10 classici + 1 che possono ancora cambiare il mondo" prende in esame una serie di capolavori della letteratura che permettono al lettore di avere uno sguardo diverso sulla realtà.



03 novembre 2017

PAROLE AFFIORANO IN SUPERFICIE DAGLI ABISSI DELL'ANIMA

Riflessi d'acqua
Filippo Minacapilli

Le parole di Filippo Minacapilli sono come veri e propri riflessi sull'acqua: seguono un leggero moto ondoso, si scompongono e si ricompongono, instancabili esprimono sensazioni e immagini che ritornano limpide e senza increspature.
Emozioni e sentimenti hanno, in questa raccolta, un ruolo privilegiato, senza tuttavia togliere spazio a considerazioni meno intimistiche, di vocazione politico-sociale.

L'opera è divisa in tre parti, per le quali l'autore ha scelto tre diverse forme espressive: le poesie, gli haiku (brevi componimenti poetici giapponesi, utilizzati soprattutto per celebrare la natura) e gli aforismi (di interesse filosofico-pedagogico).
In copertina un uccello si specchia sull'acqua confondendo la vista dell'osservatore, in un gioco di specchi che celebra il vero e l'illusorio al tempo stesso, categorie ossimoriche alle quali appartengono le parole: “reali e invisibili”, forti eppure ineffabili. Parole che come “perle” sanno nascere anche dalla “malattia”, dal dolore dell'abbandono.
I componimenti ruotano soprattutto intorno ai temi dell'amore (urlato, sussurrato, desiderato, perduto...) e della natura. La natura maestra, alla quale l'autore, capace di sentirne le urla silenziose, presta i suoi versi. L'amore inesauribile fonte d'ispirazione, che suggerisce le parole anche quando sembra sottrarle. Paradosso, quest'ultimo, ben espresso in Poesia senza versi:
[…] Non serve il mio canto
se tu non vuoi
più ascoltarlo
Ho perso i versi
Equilibristi accompagnano il lettore in un viaggio sensoriale, avvolto da atmosfere oniriche e sinestetiche. La figura circense riappare di tanto in tanto fra le pagine, per ricordarci che la vita è un bellissimo gioco fatto di fragili e preziosi equilibri nel quale “avanziamo come funamboli sul filo del sogno. Pronti a cadere”.
Il libro può essere apprezzato in ogni sua parte (ognuna vive e brilla di luce propria) ma chi lo legge seguendo l'ordine che va dall'inizio alla fine, potrà coglierne la fluidità dialettica. Il filo conduttore di questo cammino non potrà allora che trovare, ancora una volta nell'acqua, la metafora più calzante e feconda.
Maura Campo

Maura Campo nasce nel 1989 a Catania.
Vive tra Enna e Venezia dove nel 2015 consegue la laurea magistrale in Filosofia della società dell'arte e della comunicazione presso l'Università Ca' Foscari.
È attualmente iscritta al Master in Editoria dell'Università di Verona.
Appassionata di lettura, scrive recensioni per il blog 84 Charing Cross.






02 novembre 2017

La Lupa tra Eros e Thanatos

L’entusiasmo acceso dalla serata “Incontro con l’Autore” fa fatica a scemare nell’animo dei protagonisti, degli organizzatori e della folla di uditori, pertanto è doveroso un ultimo
atto:  tirar fuori dagli scaffali polverosi un personaggio verghiano, conditio sine qua non perché lo scrittore torni a sonnecchiare ripiegato tra una pagina e l’altra, in attesa del prossimo famelico lettore.
L’arduo compito tocca proprio a gnà  Pina, la Lupa, forse il più contorto dei personaggi usciti dalla sua penna. La novella, inclusa nella raccolta Vita dei campi pubblicata nel 1880, tocca probabilmente gli echi più alti del pessimismo verghiano: una donna avulsa dalla morale e dal perbenismo femminile della stantia Sicilia, vive totalmente immersa nella passione e nelle pulsioni del suo corpo, seducendo il genero Nanni e tradendo la figlia Maricchia. Una vinta, nell’ottica secondo cui i vinti siano le ostriche che si distaccano dallo scoglio, coloro che infrangono le darwiniane e immutabili leggi, coloro che non si adeguano al loro status sociale e naturale (la donna martire dedita al sacrificio, come molte figure femminili presenti nei Malavoglia), per questa ragione essa soccomberà alla follia incontenibile di Nanni. Eppure neanche coloro che sembrano seguire il vademecum verghiano sono esenti dalla fiumana: Il genero è tormentato dai sensi di colpa e si macchia di omicidio, Maricchia subisce un duplice tradimento ed è sempre descritta come remissiva e piagnucolante, una lupacchiotta.




D’altro canto la Lupa, nella gravitas che caratterizza il finale, va incontro al suo assassino fiera e superba, consapevole del suo destino ma non per questo turbata, tiene in mano dei papaveri rossi simbolo dell’accecante passione che l’ha divorata in vita, ma rosso è anche il colore del sangue che da lì a poco si verserà, sembra quasi rivelarci il mistero dello yin e dello yang, dell’Eros e del Thanatos. Può definirsi una vinta colei che fino alla fine dei suoi giorni vive con una tale fierezza, cosciente di aver vissuto in simbiosi con la sua essenza più intima? Già la contraddittorietà del personaggio ci viene annunciata nell’incipit, secondo cui: “Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna - e pure non era più giovane - era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano”.

La verità è una sola: la verità non esiste. D’altronde Verga era siciliano, come Pirandello, come Sciascia, come noi che aneliamo certezze in una terra che, per sua natura, non può darne.

Buonanotte Verga, puoi tornare ad appisolarti, se vuoi.

Anna Marotta