08 ottobre 2018

Il Crocifisso della chiesa di Santa Maria a Pietraperzia


                                                                                  

 Tratto da
OFFICINA SICILIANA 
a cura di Paolo Russo
editrice MAGIKA












Il Cristo "appassionato" dei Riformati di Pietraperzia

Originario di Petralia Soprana, un piccolo paese arroccato sulle Madonie, il frate scultore, al secolo Giovanni Pintorno1, scolpì «molte Figure di Christo appassionato, e della Vergine», come ricordava nella seconda metà del secolo il suo "biografo", laico francescano anch'egli, Pietro Tognoletto.
Egli fu autore tra il terzo e il quarto decennio del Seicento di un nuovo tipo di crocifisso ligneo per la pietà e la devozione destinato a larga e duratura fortuna, e consistente, in buona sostanza, nella rielaborazione moderna, a partire cioè dal modello corrente del crocifisso della "maniera", del tipo del crocifisso medievale appartenente alla tradizione dell'ordine.
Del crocifisso manierista trattiene i caratteri dell'elegante complessione del Cristo, dall'accurato naturalismo della anatomia della figura, resa con sorvegliato disegno del corpo e della muscolatura.
Del cosiddetto "crocifisso gotico doloroso" il modello pintorniano reinventa i motivi esteriori, crudamente realistici, della rappresentazione, con una interpretazione marcatamente patetica dell'immagine del Cristo crocifisso, caratterizzata dalla scoperta ostentazione dei segni del martirio e dall'esasperazione descrittiva degli "accessori pietistici" (quali ferite, piaghe, sangue che scorre a fiotti irrorando il "bel" corpo del Cristo, o che si rapprende in grumi dalla evidenza plastica).
Una insistenza sui motivi "dolorosi" della passione di Cristo di cui è provato il rapporto con la letteratura mistica ed ascetica medievale che incontrò una rinnovata fortuna nell'età della Controriforma, e specificamente in ambito francescano riformato, dove è documentata la lettura di autori come Santa Brigida e le sue Rivelazioni, o lo Pseudo Bonaventura, e le Meditazioni ad esso attribuite2.
Ancorché non figuri nell'elenco delle «trentatré immagini del Crocifisso di legno, le quali tutte operano miracoli» scolpite da Frate Umile, stilato dal Tognoletto3, il Crocifisso della chiesa di Santa Maria di Gesù dei frati minori osservanti della riforma di Pietraperzia, è stato attribuito dalla tradizione locale allo scultore francescano (figg. 12-13 e tavv. V-VI).

12. Crocifisso. Pietraperzia, chiesa di Santa Maria di Gesù

Sul Crocifisso invero non disponiamo di molte notizie. Certamente la sua realizzazione è successiva allo stabilimento dell'ordine in città, intorno al 1636 secondo le cronache e la storiografia più antica, anno di fondazione del convento, pochi anni prima la scomparsa dello scultore (1639), su iniziativa di due nobildonne palermitane naturalizzatesi a Pietraperzia, le sorelle Francesca e Maria Santigliano (spose rispettivamente di don Giovanni Bonet, governatore di Pietraperzia, e don Gaspare Rignone).
La testimonianza fin qui più antica sul Crocifisso è rappresentata dalla Relazione critico-storica di un frate di quel convento, padre Dionigi di Pietraperzia, pubblicata nella seconda metà del Settecento, nella quale si ricorda che nella cappella appartenente alla compagnia del preziosissimo Sangue di Cristo «... si adora un Vener. Crocifisso, scolpito, come dicono per le mani del Santo Frate Umile da Patralia»4.

13. Crocifisso (particolare). Pietraperzia, chiesa di Santa Maria di Gesù

E sotto tale paternità, seppure dubitativamente, il Crocifisso di Pietraperzia è stato considerato generalmente dalla letteratura successiva5. Di fatto, sebbene l'autografia pintorniana sia decisamente da scartare, il Crocifisso di Pietraperzia può senz'altro collegarsi alla propaggine Più tarda della famiglia di crocifissi lignei prodotti in Sicilia nel corso del Seicento per la devozione nelle chiese dell'ordine, spesso opera degli stessi frati scultori, tra i quali si distinse giustappunto la figura di Frate Umile, cui sono stati ricondotti numerosi crocifissi disseminati in tutta la Sicilia e anche oltre i confini regionali. Il Crocifisso mostra di condividere la stessa cultura figurativa delle creazioni di Frate Umile, largamente rappresentata nel territorio della provincia ennese dai crocifissi, verosimilmente autografi, di Agira (chiesa di Santa Maria Latina), Cerami (chiesa del Carmine - fig. 14) e Aidone (chiesa di Sant'Anna); e, in stretta contiguità con questi, dai meno certi Crocifissi di Enna (Montesalvo), Piazza Armerina (chiesa di San Pietro) e Gagliano Castelferrato (chiesa di Santa Maria di Gesù)6.

14. Frate Umile da Petralia, Crocifisso, Cerami, chiesa del Carmine — 15. Giovan Battista Mistretta, Crocifisso, 1665, Nicosia, chiesa di San Michele

Vale la pena qui aggiungere, tra le espressioni più tarde del genere doloroso, "sanguinolento", pintorniano, la segnalazione di quel «Crocefisso così al vivo scolpito, che muove le stesse pietre a pietà», oggi conservato nella chiesa di San Michele di Nicosia, ma proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Gesù dei Riformati di Nicosia, opera siglata alla base della croce: «Giovan Battista Mistretta 1665» (figg. 15-16)7. L'elegante architettura del corpo sdutto, dal fluido disegno del corpo e della muscolatura, del Crocifisso petrino, al di là della ricorrenza degli stessi elementi realistici (come, ad esempio, i segni dei legacci alle caviglie e il rilievo dei tendini del piede, o le tracce dolorose della cruenta flagellazione subita e l'abbondante evidenza del sangue) e di altre analogie iconografiche con il modello pintorniano (simile è la foggia del perizoma, ripiegato e stirato sul davanti, in luogo del rimbocco centrale, con un ricasco drappeggiato laterale che si incartoccia con avvolgimenti tubolari), spinge tuttavia a collocarne l'esecuzione ad un'epoca più avanzata.

16. Giovan Battista Mistretta, Crocifisso (particolare), 1665, Nicosia, chiesa di San Michele

Si rilevano alcune difformità dal modello, quali il fiotto di sangue che scorre dalla ferita sul costato, qui privo dell'evidenza plastica delle ferite dei Crocifissi pintorniani; o, tra i motivi non immediatamente riconducibili al repertorio di Frate Umile, la forma a pseudo-stella delle larghe ferite diffuse sul corpo; caratteristico è anche il modulo proporzionale allungato della figura.
Le lunghe ciocche dei capelli sono riunite in fasce piacevolmente ondulate, con soluzione di intaglio meno calligrafica, meno sottile della maniera pintorniana, non già sommaria ma semplificata; allo stesso modo i baffi sono dipinti e non scolpiti; singolare è pure il carattere ornamentale dei riccioli della barba divisa sul mento.
Il piano facciale appare stilizzato, dove invece in frate Umile la fisionomia era contrassegnata dai lineamenti idealizzati.
Si coglie, insomma, una più generale mitigazione dell'intaglio realistico (mentre la tonalità livida dell'incarnato è frutto di un intervento successivo) e un processo complessivo di alleggerimento e consentanea riduzione ad un livello superficiale del capitale doloroso dell'immagine originaria.
In conclusione, i caratteri salienti del Crocifisso di Pietraperzia sono, senz'altro riconducibili alla scultura devozionale della metà del Seicento largamente influenzata dalla produzione artistica di Frate Umile, e tuttavia l'impostazione monumentale complessivamente più composta e nei particolari semplificata, concorre a una ipotesi di datazione dell'opera entro l'ultimo quarto del XVII secolo.



Note:
1   Giovanni Pintorno nacque a Petralia Soprana intorno al 1601 — decisivo il rivelo del 1607 che lo dice di sei anni: G. Macaluso, Frate Umile da Petralia Soprana scultore del secolo XVII, in "Archivio Storico Siciliano", s. III, vol. XVII (1967), pp. 160-161, 226-228 — e morì nel 1639, probabilmente a Palermo, all'età di 38 anni. Entrò nell'ordine dei frati francescani Riformati dell'Osservanza nel 1623 ca., assumendo l'appellativo di frate Umile. Cfr. P. Tognoletto, 11 Paradiso serafico del regno di Sicilia..., 2 voll., Palermo, D. D'Anselmo 1,16671,1. Romolo [vol. Il, 1687], 1667-1687, t. Il, pp. 307-309; e, più recentemente, R. La Mattina, E Dell'Utri, Frate Umile da Petralia. "L'arte e il misticismo", Caltanissetta 1986, con bibliografia precedente.

2   Cfr. P. Russo, La scultura in legno..., cit., pp. 211-224.

3   P. Tognoletto, Il Paradiso.. ., cit., p. 308.

4   Relazione critico-storica..., cit., pp. 256 e ss. La cappella fu dotata grazie ai legati perpetui dei coniugi don Michele Cravotta e donna Angela Maria Balistreri,"genitori della vivente Baronessa di Maria di questa". La chiesa fu danneggiati durante il secondo conflitto mondiale e rifatta sotto padre Antonino Marotta con stucchi e pitture murali ad opera della ditta di Giuseppe Emma di San Cataldo. Il convento, requisito nel 1862 dallo Stato e ceduto al Comune, fu restaurato nel 1982.

5   Cfr. R. La Mattina, E Dell'Utri, Frate Umile..., cit., pp. 162-163.

6   P. Russo, Questioni di scultura ligneo meridionale in età moderno: testimonianze, recuperi e acquisizioni culturali nella Sicilia dell'interno, in Studi, Ricerche, Restauri per lo tutela del Patrimonio Culturale Ennese ("Quaderni del patrimonio Culturale Ennese", I, Servizio Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Enna), Palermo 2012, pp. 384-390, con bibliografia precedente alle pp. 397-400.

7   Provenzale, Nicosia Sacra..., cit., p. 25. Nel 1578 i frati dell'Osservanza si erano insediati nel preesistente convento d'antica origine che, dopo un breve periodo di abbandono, su iniziativa della Città veni» «rianimato» e arricchito di «statue e dipinti non dispregevoli»: G. Beritelli, La Via, Notizie storiche. . , cit., p.176. È anche il caso di ricordare come proprio nel convento di Nicosia pare che Frate Umile avesse svolto il suo noviziato.







Nessun commento:

Posta un commento

Il tuo commento sarà pubblicato tra breve. Grazie.