04 giugno 2018

La Terra di Pietra-Perzia: storia e origini



La fonte principale a cui far riferimento riguardo la storia di Pietraperzia è quella di Fra’ Dionigi Bongiovanni[1] nato a Pietraperzia nel 1744. Divenne sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori Riformati di S. Francesco, oltre che insegnante e predicatore. Egli fu anche il primo storico locale ad aver tentato di risalire alle origini della sua patria, seppur ricorrendo ad ipotesi azzardate laddove mancassero documenti e fonti scritte. L’opera si propone di far conoscere la storia del ritrovamento dell’icona della Madonna della Cava dipinta su parete, divenuta poi Santa Patrona del paese, ma in essa non mancano riferimenti dettagliati alla descrizione di Pietraperzia e dei suoi abitanti, contenuti nel primo capitolo del testo.
Le origini di Pietraperzia risalgono intorno al 300 a.C. a partire dal sito di Caulonia nell’entroterra siciliano, esteso per tutta la contrada Ranfallo (o Granfallo) fino al territorio La Guardia; eppure, osservando i ruderi della Rocca, non sembra assurdo affermare che su questi sia esistito un villaggio primitivo neolitico. Lo storico che per primo ne parlò fu Strabone, secondo cui la Caulonia di Sicilia fu fondata dagli abitanti di Caulonia di Calabria, esiliati in Sicilia da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa.

Sito Rocche


L’antichità del luogo è testimoniata dal ritrovamento di alcune monete nei pressi del Castello; nel 1955 infatti venne rinvenuta una moneta risalente al periodo cartaginese, in particolare un Esadramma siculo-punico del 350 a.C. Ma questa non fu l’unica, poiché nel 1970 fu ritrovato un Tetradramma d’argento risalente al periodo di Dionisi il Vecchio (396 a.C.); un altro esemplare di questa moneta è visibile al Museo numismatico di Londra, sul cui verso è riportata la testa di Eracle ricoperta da una pelle di leone, sul retro invece è raffigurata una figura femminile che indossa un doppio mantello, con il braccio destro alzato e il sinistro appoggiato ad una colonna; sulle due facciate della moneta si può leggere Petri e Petrinos. Lo storico locale Lino Guarnaccia[2] inoltre asserisce di aver visto una moneta d’argento, esattamente un Tetradramma, risalente al periodo del tiranno Gerone II (270-216 a. C.), di cui però non conosce il luogo di ritrovamento.

Anche numerosi siti preistorici testimoniano oggi l’antichità di Pietraperzia, come il sito Satanà, a due miglia da Pietraperzia, di cui ha scritto lo storico Diodoro Siculo; di esso sono ancora presenti medaglie, mattoni, pietre intagliate e costruzioni antiche; poco distante vi è anche il sito detto Rònze; non molto lontano da Caulonia vi era la città subalterna Calata Pilegio, dove ancor oggi sono presenti grotte artificiali. In contrada Raggadesi è stato ritrovato un vasto sepolcro, che testimonia l’antica presenza di un casale. Nella tenuta Petra dell’Uomo furono ritrovate numerosissime testimonianze dell’antichità del luogo; ma il sito archeologico più importante è quello di Cuddaro di Crasto: «Età preistorica, si parla di età del Rame tardo (2600 – 2400 a.C.). Alcuni frammenti di questa età, nella loro sottospecie della cultura preistorica siciliana, […] sono stati scoperti nell’area archeologica. Si presentano a superficie rossa, lucidata e creata con un impasto grezzo e grossolano. Poi ecco l’età del Bronzo antico (2300–1450 a.C.) […] E’ una cultura preistorica che si caratterizza per l’uso di tombe a forno senza pozzetto verticale, normalmente situate alle pendici di zone collinari […] A Tornambè – Fastuchera le caratteristiche della facies castellucciana sono perfettamente individuabili nei frammenti trovati nell’area. Tombe a grotticella bucano diverse pareti di roccia, ricreando un’atmosfera sacra, tipica di ogni luogo legato ai defunti. Vi sono diverse teorie circa questa costruzione. Si parla dell’opera dei Siculi che durante il XV secolo a.C. cacciarono gli indigeni Sicani. Si ipotizza anche che la costruzione sia stata voluta da Dionisio I, Tiranno di Siracusa, durante la guerra greco-cartaginese, volendo creare uno sbarramento tra la Sicilia per l’appunto greca e quella legata all’epicrazia cartaginese»[3]. Non mancano neanche i resti di un’antica piramide, che doveva sicuramente far parte di un villaggio siculo-sicano, come testimoniano nelle vicinanze i resti di abitazioni neolitiche.

Sito Cuddaru di Crastu

Successivamente, durante la Prima Guerra Punica, i Romani distrussero Caulonia poiché non si era sottomessa al loro dominio
«così ebbero fine le glorie di sì nobil Città, perdutandone oggidì l’amplo sito, le pietre intagliate, quadrate, i mattoni doppj, ed un gran numero di grotte ritagliate nelle vive Pietre»[4]; soltanto a questo punto la vicenda di Caulonia si intrecciò con quella di Pietraperzia.

Secondo Padre Dionigi, Pietraperzia (o meglio Petra di Sicilia) nacque da Caulonia, tesi sostenuta anche da storici come Filippo Cluverio e il Marchese di Villabianca, quest’ultimo in particolare affermò che Pietraperzia fu quella risorta dopo la distruzione dei Romani.

La prova che lo dimostrerebbe risale al 1756, anno in cui si formò nel Convento dei frati Minori Riformati di S. Maria di Gesù un’Accademia letteraria, riservata a coloro che si occupavano di arti umanistiche e scienza. L’Accademia prese il nome di Radunanza dei Pastori di Caulonia e i componenti assunsero i nomi delle Ville e delle più antiche Contrade di Pietraperzia, visibili in patenti stampate.

La Terra di Pietraperzia si deve probabilmente indentificare con la Petra nominata da Cicerone delle Verrine. L’antica città fu grande produttrice di grano, oggetto infatti delle ruberie del pretore Verre, preso di mira da Cicerone. Essa era ubicata in contrada Rocche-Lammersa, dove ancora oggi sono visibili i ruderi di un vasto insediamento umano. Le sue origini risalgono ad un periodo compreso tra l’VIII secolo d.C. e la dominazione araba, ma l’etimologia del nome Petra, divenuta poi Pietraperzia, appare ancor oggi incerta. Potrebbe far riferimento a Petronio, duce di Caulonia, o alla Ninfa Petrea, ma l’ipotesi più valida sembrerebbe convergere nella derivazione araba, con particolare riferimento alla Petra nel regno dei Nabatei, situata fra Damasco e Medina, anche se ancor oggi non esiste nulla di certo.

La Petra Nabatea era «una città scavata nella roccia, case e templi compresi; sovente su più piani anche in punti molto alti e poco accessibili, nelle pareti di una stretta e lunga valle. Un vero e proprio canyon da dove il viaggiatore non poteva fare a meno di passare»[5]. Da questo e altri luoghi spesso si allontanavano uomini e mercanzie per raggiungere le sponde opposte, come la Sicilia e la Sardegna.

Gli emigranti arabi che si ritrovarono nell’entroterra siciliano, nostalgici e consapevoli di non poter più far ritorno nel proprio luogo di origine, attratti da quella flora selvaggia delle Rocche così simile alla loro terra natia, scelsero questa località come luogo di accoglienza, chiamandola Petra.

A sostenere questa tesi vi sono diversi dati, come il poter ancora ammirare le troneggianti rovine oggi presenti sul luogo con caratteristiche identiche alla Petra del tempo, l’accertamento della presenza di quel tipo di flussi migratori e l’abitudine per gli emigranti di chiamare località in cui stabilirsi con nomi familiari, basti pensare alle molte città sudamericane con nomi di origine europea.

Per quanto riguarda il passaggio da Petra a Pietraperzia, secondo Padre Dionigi il termine sarebbe anche attestato dallo storico Claudio Tolomeo e Brezio, i quali riportano Petra-partia, piuttosto che percia.

Così Rosario Nicoletti analizza l’aggettivo partia:


E’ per noi interessante poiché il termine ‘partia’ deriva dal verbo latino ‘partio’ che significa divido, spartisco. Lo stesso significato che ha nella nostra parlata la parola ‘pàrtiri’ che oltre a partire, nel senso di mettersi in cammino, significa anche dividere, spartire, spaccare.

Con espressione molto più vicina alla realtà del fenomeno naturale verificatosi, lo storico Claudio Tolomeo denominò la roccia che, oggi, appare bucata, non ‘perciata’ ma ‘partia’: alla latina.[6]


Un’altra ipotesi risale al periodo normanno, relativamente al racconto dello storico e geografo Muhammad Al Idrisi, nella cui analisi delle località siciliane riporta il termine Petra con l’aggiunta dell’aggettivo perciata o percia, nella cui parlata siciliana dell’epoca, ma anche in quella odierna, significa perforata. Idrisi fece riferimento al gruppo di modeste case che, in forma di borgo medievale, cominciarono a sorgere accanto al Castello. Visitando anche i resti dell’antica Petra, non poté far a meno di notare come su tale sito vi fosse un’imponente roccia bucata: Petra Perciata, tradotta in arabo con Agar al matqub (Agar: pietra; Matqub: foro o incisura).

Storico e geografo Muhammad Al Idrisi


A prescindere dalle varie ipotesi formulate, la lingua araba ha lasciato un’impronta indissolubile sulla parlata siciliana, di cui ancora oggi sono visibili i segni. Col passare del tempo il sostantivo e l’aggettivo, per il naturale processo di semplificazione che travolge ogni lingua, si fusero, cosicché in italiano Petra divenne Pietra, mentre Percia divenne Perzia, da qui il termine Pietraperzia, in siciliano Petrapirzia.



Estratto dalla Tesi di laurea di Anna Marotta, Il bandito Antonino di Blasi alias Testalonga (1728-1767).







[1] Cfr. P. Fra Dionigi, Pietraperzia dalle origini al 1776, Relazione critico – storica della prodigiosa invenzione d’una immagine di Maria Santissima della Cava di Pietrapercia, Tipolitografia Di Prima, Pietraperzia, 2004, ripr. dall’ed. Palermo, Stamperia della Divina Provvidenza, 1776.

[2] L. Guarnaccia, Il Castello di Pietraperzia, Tipografia Di Prima, Pietraperzia, 2008, p. 30.

[3] I misteri di Tornambè e il ‘phrourion’ di Cuddaru di Crasto, tratto da Visita Pietraperzia, http://visitapietraperzia.blogspot.it/p/archeologia_12.html?view=magazine.

[4] P. Fra Dionigi, Pietraperzia dalle origini al 1776…op. cit. p. 103.

[5] R. Nicoletti, Da Petra a Pietraperzia, Tipografia Di Prima, Pietraperzia, 2002, p. 14.
[6] Ivi p. 16.


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