07 maggio 2022

La principessa d’Irlanda di Elizabeth Chadwick

 Irlanda, 1166. Dotata di una bellezza straordinaria, di una voce incantevole e di un’intelligenza fuori del comune, Aoife, figlia di Diarmait, re d’Irlanda, ha soltanto quattordici anni quando suo padre viene deposto ed è costretta a seguirlo in esilio in Inghilterra. Solo conquistando il favore e l’appoggio di re Enrico II, padre e figlia potranno tornare in patria e scacciare i loro nemici. E Diarmait sa che Aoife può avere un ruolo fondamentale nell'impresa. Proprio grazie al suo fascino, infatti, la ragazza riesce a sedurre il sovrano inglese, che accetta di aiutarli. Un'alleanza che li condurrà al carismatico Riccardo di Clare, conte di Pembroke e di Striguil, un giovane al servizio del re, ambizioso e affamato di potere. Diarmait promette a Riccardo ricchezza, terre e addirittura la mano di Aoife in cambio del suo aiuto in Irlanda. Ma Aoife non vuole essere una pedina nelle mani dei potenti: consapevole delle sue doti, sarà lei a voler condurre il gioco, a suo vantaggio e alle sue condizioni…

Il Times ha definito Elizabeth Chadwick: “un’eccezionale narratrice degli intrighi di corte.”

Questa definizione viene confermata ogni volta che scrive un romanzo.

La stressa autrice della fortunata serie su Eleonora d’Aquitania in La Principessa d’Irlanda narra le vicende della giovane Aoife, figlia del re Diarmait, costretta a seguirlo in Inghilterra quando questi viene deposto dal suo trono.

Gli intrighi non mancano, come in qualsiasi corte che si rispetti, e qui la giovane principessa impara a destreggiarsi dimostrando lealtà nei confronti della sua famiglia ma non rinunciando alla sua libertà di scelta e rifiutando di essere una pedina nelle mani dei potenti.

La Chadwick descrive le scene con tanta maestria e precisione da dare l’impressione che lei stessa abbia vissuto in persona ciò che narra.

Un romanzo affasciante e anche cruento, una ricostruzione con un’accuratezza storica davvero impeccabile.

Ciò che viene fuori da questo romanzo è la figura di una donna consapevole delle sue capacità.

Nonostante la sua bellezza decantata, Aoife non è vittima di questa, né tantomeno la usa per perseguire uno scopo o una causa ma, attraverso l’intelligenza fuori dal comune di cui è dotata, si muove alla corte di Enrico II facendosi osservare ma mai avvicinare.

Una donna che attraverso le sue azioni fa capire quanto possa essere determinante nella riuscita di un’impresa. Una donna moderna che conosce il proprio valore e si pone alla pari di uomini potenti.


 Ilaria Matà

GioiaLibro




24 gennaio 2022

IL MAESTRO EBANISTA FILIPPO PANVINI GRANDE ARTIGIANO E ARTISTA


 

FILIPPO PANVINI, figlio di Francesco, agricoltore, e di Russo Rosaria, casalinga, nacque a Pietraperzia il 13 Agosto 1893. Fin da piccolo visse in casa del nonno materno, signor Russo Angelo, che si era già distinto nel campo dell’artigianato del suo tempo. Alcuni lavori esistenti nella Chiesa Madre lo ricordano: i sei candelabri, in legno indorato, dell'altare maggiore; la polla di legno dove e inserita la bandierina segnavento (anemometro) che si vede svettare al centro della parte superiore della facciata della Chiesa; il pulpito che costruì assieme ad artigiani ennesi. Nella bottega del nonno, Filippo cominciò subito a prendere dimestichezza con gli arnesi di lavoro. Egli conservava un piccolo candelabro di legno di ulivo, tornito da lui stesso al1'eta di sette anni.Terminata la scuola elementare (1904) il ragazzo venne assunto nella bottega del falegname Rosario Ragusa, dove rimase fino alla morte del nonno materno (1916). Ereditatone il laboratorio, dopo qualche anno (30 Aprile 1921) sposò la signorina Alfonsina Giordano di Pietraperzia, che visse fino al 1950. 

Nel 1926, per interessamento del poeta pietrino Francesco Tortorici Cremona, il Panvini partecipò ad una mostra di artigianato svoltasi a CaItanissetta. Una giuria giudicò i suoi lavori degni del primo premio e il 21 Febbraio 1927 gli fu comunicata l'assegnazione del diploma di medaglia d'oro.
L'anno successivo, per ordine del duce Benito Mussolini, venne organizzata una mostra di artigianato a Tripoli (Libia). CaItanissetta pensò a Panvini che venne invitato dalla Camera di Commercio Provinciale a partecipare, a spese della stessa, a tale mostra. Fece scalpore la scelta del nostro compaesano quale rappresentante della provincia nissena, della quale Pietraperzia ancora risentiva l'influsso pur facendo già parte della nuova Provincia di Enna(1926). Panvini viene presentato dalla stampa come l'esponente principale deII’artigianato italiano. I mobili deI Panvini su richiesta del Governatore italiano di Tripoli, dopo essere stati prelevati dallo stand, vennero usati come seggio reale di S.M. il Re Vittorio Emanuele III in visita a TripoIi proprio in queI periodo. A titolo di riconoscimento per i suoi meriti artistici il Ministero della Economia Nazionale fece pervenire, da Roma, a Panvini, tramite i! Municipio di Pietraperzia (13 Agosto 1928), una medaglia d'oro. Questa si aggiunse ai diploma "Gran Premio" che il maestro aveva ricevuto dal direttore della fiera campionaria di Tripoli, Gino Mazzon, in seguito a lettera dei 20 Maggio 1928. Nel 1931 Enna affidò al Panvini il grave onere di organizzare lo stand per partecipare come provincia alia Fiera del Levante di Bari (6-21 Settembre). Questa fu l'ultima mostra a cui il Panvini intervenne. Da allora si dedicò esclusivamente a lavori su commissione che gli provenivano da dentro e da fuori Pietraperzia.

Il poeta pietrino Francesco Tortorici Cremona conosciuto come "Cicciu Cudduzzu" che lo avviò a partecipare a delle mostre di artigianato



 ACCENNO AD ALCUNE SUE OPERE ED ELENCO DELLE FAMIGLIE E GLI ENTI PUBBLICI che, a detta deIl'autore, le possiedono.

  •  l mobili presentati alla fiera di TripoIi furono acquistati daI dottor Vincenzo Nicoletti di Pietraperzia;
  • Nel Municipio di Pietraperzia (Sala del Sindaco) si trovano un grande tavolo e diverse sedie costruite dal Panvini;
  • Nel Municipio di Mazzarino la sala del Sindaco e la stanza del segretario furono arredati con mobili acquistati presso iI Panvini;
  • Opera del Panvini è I'Urna usata nella processione del Venerdì Santo a Pietraperzia realizzata in stile baroccheggiante nel 1933 (Non sono, però, opera sua il Cristo morto e l'angelo); 
  • Opera del Panvini è pure l'Urna del Venerdì Santo a Barrafranca.

  Urna con il Cristo morto che accompagna la suggestiva processione del Venerdì Santo "Lu Signuri di li Fasci" di Pietraperzia, in stile barocco realizzata dal maestro Filippo Panvini nel 1933

 Il nostro compaesano ha, inoltre, costruito:

  • Un completo di studio per il dottor Pistone di CaItanissetta;
  • Due compIeti di studio per il notaio Ielo di CaItanissetta (palazzo Giordano);
  • Mobili vari (più porte) per l'abitazione deI primo podestà di Pietraperzia, Barone Michele Tortorici;
  • Mobili per una stanza da letto ordinata dal dottor SaIvatore Mendola;
  • Mobili per una stanza da letto ordinata dal signor Palascino Salvatore;
  • Per la famigIia  Giarrizzo-Bauccio: otto sedie, trumeau e completo stanza da letto.
  • Nella sua abitazione era possibile ammirare due soffitti a cassettoni, un pavimento in legno e mobili in stile vario: tutto opera delle sue preziose mani.

A Barrafranca nella Chiesa Maria SS. Della Stella si trova l'Urna con il Cristo Morto, eseguita dal maestro ebanista di Pietraperzia Filippo Panvini nel 1958. Purtroppo oggi non abbiamo la versione originaria, stravolta dopo il "restauro". Documenta l'urna originaria questo dipinto di Gaetano Vicari del 1986.
Filippo Panvini non è stato soltanto l'artista indiscusso del legno a Pietraperzia, ma anche il musicista (suonava egregiamente il violino in complessi dell'epoca ed in compagnie d'operetta), il fisico a cui lo iniziò un altro grande ed illustre cittadino, il Dr. Vincenzo Vitale, tre volte premio Rolli per la medicina, il chimico per il modo in cui trattava il legno. E' stato anche un cultore delle lettere,
sensibile ai classici, in particolare mitologia e storia.

Lo storico violino del maestro Filippo Panvini che suonava egregiamente in complessi dell'epoca ed in compagnie d'operetta, realizzato nel 1946. Lo suonò anche nel Gran Salone del Castello di Pietraperzia 


Lino Guarnaccia nel suo libro “Il Castello di Pietraperzia” cita il Panvini come: “L’ultima persona vivente che vide il busto di Giovanni Antonio II Barresi (che si trovava nella nicchia lungo la scala di accesso al Gran Cortile del Castello), fu il maestro ebanista Filippo Panvini da Pietraperzia che chiamato a Palermo dai principi Trabia per autenticarlo verso il 1935, lo attribuì all’insigne scultore Francesco Laurana,”

Locandina della rappresentazione teatrale dell'opera di Giovanni Giarrizzo "Tutto meno l'amore" alla quale il maestro Filippo Panvini partecipò come violinista

Presso la sua bottega e la sua casa, in Via della Pace al numero 15, la sera si riunivano diversi uomini di cultura locali  per conversare di arte, di musica, di libri, di letteratura,  scambiandosi le rispettive conoscenze. Si intratteneva spesso a suonare insieme al dott. Filippo La Monica e al maestro Vincenzo Laurella e molta gente si fermava sotto le finestre ad ascoltare questi concerti privati. Da testimonianze raccolte risulta che il maestro Panvini si esibì sin da ragazzo come musicista nel Gran Salone del Castello Barresio (suonando il violino e un altro strumento musicale). Memorabile anche una sua partecipazione quale violinista nell’orchestra della compagnia di prosa di Ida Ciolli e Luigi Carrubbi, che nel gennaio 1950 rappresentò a Pietraperzia l’opera teatrale del concittadino Giovanni Giarrizzo: “Tutto meno l’amore”.
"Filippo Panvini, che morì nel gennaio del 1990 a circa 96 anni, è ricordato a Pietraperzia come esempio di coraggio, di lavoro, di dedizione, di arte, di sentimenti e di nobiltà d’animo" (cit. Felice Guarnaccia).


La teca portabandiera donata dal Comune di Pietraperzia alla locale Caserma dei Carabinieri il 21 Marzo 1935 realizzata da Filippo Panvini.


 La cassa lignea portabandiera e il violino

Un doveroso riconoscimento va rivolto al dott. Salvatore Palascino in quanto è solo grazie al suo interessamento e alla sua intraprendenza, se due importanti manufatti del maestro Filippo Panvini di valore storico e artistico sono ancora oggi conservati a Pietraperzia: LA CASSA LIGNEA PORTABANDIERA custodita nella Caserma dei Carabinieri di Pietraperzia e il suo violino realizzato nel 1946 .

La teca portabandiera donata dal Comune di Pietraperzia alla locale Caserma dei Carabinieri il 21 Marzo 1935 (a tale anno corrisponde il XIII dell'Era Fascista) e realizzata da Filippo Panvini, detenuta presso la compagnia di Piazza Armerina, grazie alle diverse segnalazioni e alla mediazione del dott. Salvatore Palascino, è finalmente ritornata in data 20 Ottobre 2008, nella sua dimora originaria e cioè  presso la Caserma Gaspare Farulla di Pietraperzia. Sul cartiglio ligneo, scolpito nella parte centrale della cassa portabandiera, è stampigliata la scritta "Bandiera Nazionale donata dal Comune di Pietraperzia alla stazione dei RR. CC. il 21 Marzo - Anno XIII". 

“Pietraperzia negli anni ha perduto tantissime ricchezze di necessità sociale, e di natura archeologica, storica e artistica, per colpa di gente ignorante e infida non solo di Pietraperzia; e il recupero di un manufatto di notevole interesse storico e artistico non è cosa di poco conto.”

Il geologo dott. Salvatore Palascino

 Anche il violino del maestro Panvini realizzato nel 1946 che, dopo la sua morte, rischiava di  andare perduto o di essere venduto altrove è attualmente custodito dal dott. Salvatore Palascino dopo averlo acquistato direttamente dal figlio.

Emiliano Spampinato




05 gennaio 2022

LA NEMICA DEL RE - Recensione di Ilaria Matà

 

A volte seguire il proprio cuore è l'unica via d'uscita. Era il 1340 quando una giovanissima Giovanna di Kent, cugina di Edoardo III e futura principessa di Galles, segue per la prima volta il suo cuore: contraendo un matrimonio clandestino con Thomas Holland, che diverrà conte di Kent. Ma il re Edoardo ha altri progetti per lei. Impegnato a traghettare l'Inghilterra in una sanguinosa guerra, la lunga battaglia dinastica per il trono di Francia che si trasformerà nella Guerra dei Cent'anni, negozia per lei le nozze strategiche con William Montagu, secondo conte di Salisbury, in grado di fornire supporto e aiuti all'esercito del re. Ma Giovanna, ancora tormentata dagli incubi che le ricordano la terribile esecuzione di suo padre per le mani dello stesso re, non ha intenzione di accettare la decisione di Edoardo, e non si rassegna al destino di dover sposare un uomo che non ama. E quando Thomas tornerà dalla Francia, dove anche lui ha combattuto la sua battaglia, non temerà il giudizio del re, né di chiunque altro, nel tornare dall'uomo cui aveva fatto la sua promessa. Ma la vita ha in serbo ancora altre sorprese per lei...

 “Ci sono donne che non si arrenderanno mai a un destino deciso da altri.”

 Seguiamo le vicende della vita di Giovanna di Kent, passata alla storia come Fair Maid of Kent, dall’anno 1338 fino al 1361.

In questo romanzo si evince la lotta interna della giovane Giovanna tra l’indipendenza cercata e il compimento del proprio dovere, dovuto dal suo rango di principessa reale, presso la corte del re Edoardo III, padre di Edoardo il principe nero, suo terzo marito.

Costretta dalla famiglia ad un matrimonio con William Montacute, figlio ed erede del conte di Salisbury, lotterà per ricongiungersi con Thomas Holland, I conte di Kent e suo vero amore.

L’obiettivo di Candace Robb, scrittrice statunitense laureata in letteratura medievale, è narrare la storia che ha portato Giovanna a contrarre matrimonio in segreto con Holland attraverso la ricostruzione di eventi e testimonianze.

Quello che ne viene fuori è un romanzo pieno di passione e conoscenza storica con la descrizione di una giovane donna molto indipendente in grado di lottare per il proprio futuro a discapito del gioco politico che vede le donne come pedine da usare per stringere alleanze attraverso il matrimonio.

Ilaria Matà

GioiaLibro

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