13 febbraio 2018

Invito alla lettura: Gli intrighi della politica e la razionalità della matematica




Quello che si riceve in regalo, si sa, non dovrebbe essere regalato ad altri; una regola, in realtà, tanto citata quanto disattesa. Di solito, tuttavia, i regali dei quali tentiamo di disfarci sono quelli che proprio non hanno colpito nel segno; difficilmente ricicliamo quelli che ci sono piaciuti e ci ha fatto piacere ricevere. Tutto questo giro per dire che il libro che intendo regalare alla biblioteca in questa occasione, è un regalo che ho ricevuto a mia volta. Ma ci tengo a dire anche che appartiene alla categoria dei regali graditi; anzi, in questo caso, doppiamente graditi perché mi è stato regalato da uno dei miei  figli e  perché si tratta di un libro che ho letto con piacere e curiosità e che ho trovato molto originale. Il titolo è “La Trappola del


gioco” e l’autore è Nicola Oddati. Il genere è il giallo
(genere sempre verde) e del giallo ha tutti i connotati canonici: l’omicidio (in questo caso una sequenza di omicidi); le indagini; la soluzione finale del mistero. 
Quello che subito appare piuttosto particolare è invece il contesto nel quale la storia prende corpo e decisamente originali sono i personaggi coinvolti nelle indagini e ancor più le metodologie che risultano decisive per risolvere gli enigmi.

  Siamo a Napoli, inizio degli anni 2000, in piena emergenza rifiuti. Le strade sono invase dall’immondizia, le discariche sono stracolme, nei depositi si accumulano le famigerate ecoballe in attesa di essere smaltite.
  
Ma l’emergenza rifiuti oltre ad ammorbare l’aria e attentare alla salute delle persone, profuma di affari e su di essa lucra e si muove una consorteria politico – affaristico - camorristica che alimenta un circuito che è perfetto fintanto che tutto si tiene ed allora sono guadagni e carriere politiche spianate; quando salta la catena sono invece morti ammazzati e carriere politiche che si infrangono tragicamente.

  La prima vittima a cadere su questa strada è un consigliere regionale che ha fatto le sue fortune politiche appunto nel settore della gestione dei rifiuti; il cadavere viene trovato (viene fatto trovare lì, perché appaia chiaro il messaggio) in un sito di stoccaggio di ecoballe.  E’ quello che si dice un morto eccellente; un personaggio chiave del sistema, un politico ambizioso che ha costruito la sua carriera con spregiudicatezza, anche a spese dei vecchi sodali di partito e macinando le loro carriere; uno che era uso a coltivare rapporti pericolosi e curare dossier in grado di compromettere tante persone: ce n’è quanto basta per agitare il sonno di molti.

 Ma non è che l’inizio. A questo segue un secondo morto ammazzato (una intraprendente donna d’affari introdotta nel mondo politico napoletano, con interessi nel campo dell’impiantistica ambientale) ed un terzo ( l’amministratore delegato di un colosso nazionale nella realizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti).  Morti tra di loro collegate e tutte quante interne al sistema.

  Da dove partono i colpi e perché? La miscela è davvero esplosiva: i contrasti e i risentimenti dei politici, gli interessi della camorra e delle imprese che lucrano sull’affare dei rifiuti? Tutto questo insieme o qualcos’altro ancora? E dove è saltata la catena? Perché il sistema che deve produrre utilità per chi è dentro, produce morti?  E quei morti sono il segno che il sistema si è destabilizzato o sono morti che devono prevenirne la destabilizzazione?

  Questo lo scenario che hanno davanti gli investigatori. Come si viene a capo del groviglio di interessi che muove la storia? Come valutare ruolo e comportamento degli attori che agiscono su tale scenario? Con il rigore delle scienze matematiche.

 È così che la chiave per venire a capo degli intrighi politico-affaristico-criminali che reggono la storia sarà fornita da Pietro Maiorana professore di matematica all’Università di Napoli (ma palermitano di origine) che è associato alle indagini come speciale consulente degli inquirenti.

  Quella di Pietro è una mente insieme razionale e visionaria che introdurrà nelle indagini le chiavi interpretative giuste per  inquadrare il comportamento dei singoli personaggi che popolano la scena venendo a capo del mistero. Di che si tratta? Dell’applicazione alle indagini di una metodologia interpretativa del comportamento delle persone derivata dalla teoria dei giochi.

  La teoria dei giochi è una scienza vera e propria che si avvale della matematica più complessa per analizzare e studiare il comportamento dei soggetti coinvolti in una competizione che può svolgersi in uno qualsiasi dei campi dell’interazione umana e valutare le strategie poste in essere da ciascuno per ottenere il massimo vantaggio per se stessi o ridurre uno svantaggio.

  Nel modello analizzato, ogni soggetto coinvolto ha un preciso obiettivo: deve decidere come meglio muoversi per volgere la situazione in proprio favore senza sapere cosa faranno gli altri (può solo ipotizzarlo) ma sapendo che anche gli avversari applicano il medesimo procedimento logico.

 Un contributo importante alla teoria dei giochi lo diede J. F. Nash (genio assoluto e premio Nobel nel 1994, la cui vita è raccontata in un film di qualche anno fa “A beautiful mind” con Russel Crowe: assolutamente da recuperare e vedere) che formulò appunto il teorema che porta il suo nome: in una situazione dove gli attori non cooperano, anzi sono in competizione tra di loro e non possono fidarsi l’uno dell’altro o accordarsi, la mossa vincente, per tutti e per ciascuno, è arrivare ad una condizione nella quale tutti i giocatori hanno un valido motivo per non cambiare la propria strategia, che si presume sia seguita anche dagli altri: tale condizione è detta appunto equilibrio di Nash.

  In una condizione siffatta, applicata all’indagine, per l’investigatore tendono a chiudersi gli spazi perché i protagonisti (non solo il colpevole o i colpevoli, ma anche tutti quelli che hanno da temere qualcosa dal disvelamento della vicenda) non si muovono più, minimizzando così il possibile danno per se stesso che può derivare dal progredire delle indagini; una condizione di stallo che pregiudica la possibilità di risolvere il caso.

  Per stanare i giocatori ed indurli ad una ulteriore mossa, bisogna introdurre elementi di squilibrio nel gioco: gli inquirenti devono modificare la tendenza all’inerzia del sistema tendendo una trappola ai giocatori per non rimanere intrappolati nel loro gioco.

 Ed è appunto Pietro ad architettare la trappola finale; l’equilibrio si sfalda e nessuno si sente più al sicuro semplicemente non agendo; devono esporsi per ripristinare l’equilibrio.

 Ma è bene fermarsi qui nel racconto: di un giallo non si deve anticipare troppo per non compromettere il piacere della lettura.

 Su una cosa sono pronto a scommettere: chi si dovesse appassionare alla lettura del libro e non ne sa abbastanza sulla teoria dei giochi, sicuramente sentirà il bisogno di saperne di più sull’argomento. A me è andata così.

Salvatore Di gregorio




08 febbraio 2018

Sofia: città dai mille volti. Invito a visitare la capitale bulgara


Non nascondo ai lettori che scrivo questo articolo con un po’ di egoismo: tornata da Sofia, ho ancora le sue immagini davanti agli occhi quando li chiudo... così ho pensato di farlo diventare per me l’occasione di metabolizzare il mio viaggio e fissarlo nella memoria, per voi un invito a recarvi in questa città meravigliosa.

Santa Sofia, martire cristiana.
Statua eretta in luogo della precedente
raffigurante Lenin.
Sòfia è la capitale della Bulgaria. Sulla carta ha circa 1.270.000 abitanti, ma nella realtà i sofioti stessi dicono d’essere almeno 3 milioni. Una miriade di civiltà vi si sono mescolate nel tempo: dai primi Traci che l’hanno fondata come Serdica nel VII secolo a.C. -il che ne fa la terza capitale europea più antica dopo Atene e Roma- ai Romani che l’hanno conquistata nel 29 a.C., dagli Unni che vi irruppero nel 447 d.C., ai popoli zingarici che, originari dell’India, giunsero a più riprese verso l’Europa a partire dal Mille d.C., passando proprio per i Balcani, dai Bizantini ai Turchi Ottomani che la conquistarono nel 1382, fino ai Russi.
Giunti a Sofia avrete la sensazione di fare un tuffo negli anni ’80. Ad edifici di stampo comunista (il Regime vi permane dal 1946 al 1989), si affiancano edifici dalle architetture teutoniche – quelli oggi visibili in una qualunque città tedesca – tracce lasciate dal governo filo-tedesco a partire dalla Prima Guerra Mondiale, nella cui sfera d’influenza la Bulgaria rimase fino alla Seconda.

Sede del Partito Socialista bulgaro
Scorcio di una via con il classico
tram cittadino

Vista di Sofia con alle spalle il monte Vitosha 
La città sorge ai piedi del monte Vitosha. Al mattino i raggi del sole adagiano una patina d’oro sulle cime innevate dei monti Balcani che la abbracciano, e lasciano cadere una calda carezza sui lineamenti seriosi delle abitazioni. La luce muore sui palazzi squadrati e severi per poi risorgere riflessa dalle cupole d’oro delle chiese ortodosse e dai pinnacoli abbaglianti delle chiese russe.


Sferzate di vento gelido si mescolano all’odore seducente di rosa, che vi inonderà non appena aprirete le porte dei tipici negozietti di souvenir. La Bulgaria produce, infatti, da sola l’80% dell’olio essenziale di rosa del mondo, in una valle – la Rozova Dolina – che fra maggio e giugno si ricopre di migliaia di rose bianche, rosse e rosa.

Vista notturna della Moschea
Banya Bashi
Nel giro di un solo giorno ho pregato accanto agli ebrei, abbagliata dalla luce della Stella di David; ho indossato l’Hijab e mi sono rivolta verso la Mecca con i musulmani; incantata insieme ai cristiani, ho stretto le mani giunte e spalancato gli occhi davanti allo splendore delle iconostasi delle chiese ortodosse... e mai in nessuno di questi luoghi mi sono sentita figlia di un Dio diverso.




Iconostasi nella chiesa ortodossa del  Monastero di Rila

"Sinagoga centrale" della città, definita tale perché la più
importante fra le varie presenti in passato


Lettere maiuscole dell'alfabeto cirillico
L’eleganza dell’alfabeto cirillico e le centinaia di icone bizantine che costellano le chiese e i musei vi avvolgeranno in un'atmosfera da mistero sacro, atmosfera che mai mi aveva colta come a Rila, sede di un antico monastero nel cuore dei monti e meta che da sola varrebbe l’intero viaggio in terra bulgara.


A 120 km da Sofia, il Monastero di Rila è il più grande della Bulgaria. Fondato da San Giovanni di Rila nel X secolo, è patrimonio dell’Umanità dal 1983. A 1147 m d’altezza, circondato da vette innevate e ammantate di conifere, protetti dalle sue mura e immersi nel silenzio ci si sente veramente ad un passo dal Paradiso.

Monastero di Rila, il più grande della nazione

Camminando per strada avrete la sensazione che più mondi e più epoche vi sfiorino contemporaneamente. Vi incanteranno i bulgari biondi dagli occhi azzurri e i lineamenti spigolosi tipici dei popoli slavi; vi cattureranno gli sguardi magnetici e diffidenti dei bulgari scuri dagli occhi verdi, profondi come tunnel nei visi dai tratti zingarici; vi strapperanno un sorriso i bulgari dall'espressione calda e dai tratti rudi, che vi faranno sentire a casa, come foste in Sicilia... perché sì, a tratti questa terra crogiolo di razze e di popoli diversi, ininterrottamente contesa e strappata da ogni lembo come un tessuto prezioso, mi è sembrata molto simile alla nostra.

Valeria Bongiovanni



05 febbraio 2018

Invito alla lettura: Il momento di uccidere



Quando ho iniziato a leggere questo noto romanzo, il primo “legal thriller” di un lungo elenco di grandi successi di John Grisham e conosciuto la tragedia di Tonya, una bambina di colore di 10 anni stuprata da due balordi bianchi, ubriachi e razzisti... subito mi ha coinvolto facendomi prendere parte per la vittima.
Il processo per stupro è immediato. Il romanzo è costruito nel contesto tra razzismo, desiderio di vendetta e la rabbia che un padre prova verso coloro che gli hanno sconvolto la vita e rovinato sua figlia, ormai devastata psicologicamente e fisicamente per le violenze subite. Carl Lee Hailey padre della piccola, non può aspettare quella giustizia che forse non si compirà mai. Allora decide di farsi giustizia da sé sparando e uccidendo gli imputati in tribunale. Il processo a Carl Lee, così come i fatti si svolgono nel Mississippi, Ford County, profondo sud degli Stati Uniti, dove il tema razziale è molto sentito: da una parte i neri, in un clima di sudditanza dall'altra i bianchi razzisti, sprezzanti verso i diritti della gente di colore e dove imperversa l’organizzazione razzista del Ku Klux Klan.
Particolare importanza nel romanzo riveste l'avvocato difensore di Carl Lee, Harry Rex Vonner, per la sua forte personalità, consapevole della notorietà che potrà avere da questo processo. Subirà molte pressioni, minacce di morte e la sua casa verrà bruciata... nulla lo fermerà. La giuria formata da una maggioranza di bianchi non riesce a formulare un verdetto per la mancanza dell'unanimità del voto. Per giorni vivono isolati per non avere contatti col mondo esterno. Solo lo stato d'animo della giurata Wanda, attraverso una commovente descrizione dello stesso stupro mette a nudo la propria coscienza e fa riflettere gli altri giurati. In un clima di grande tensione emotiva riusciranno a raggiungere il verdetto.
528 pagine, non sono tante, quando la lettura è scorrevole lo stile semplice e curato. Emozionante, avvincente, coinvolgente, ben scritto, molto dettagliato nelle descrizioni delle varie fasi del processo.
Il libro lo trovate in biblioteca. Che dire ancora? ...Buona lettura!




La lettura di questo romanzo è coincisa con i fatti di cronaca verificatesi a Macerata. Un razzista nostrano spara da un auto a persone sconosciute, colpevoli solo di essere di pelle nera. Una brutta storia d’intolleranza che fa riflettere anche sulla nostra società attuale e dei mutamenti che stanno avvenendo nelle nostre città e di come stia crescendo l’intolleranza verso gli immigrati. Una brutta storia, dicevamo, che può portare ad altri atti di violenza se questa china razzista non viene contrastata e per non cadere nella trappola dell'odio e della violenza.
Lina Viola