02 luglio 2018

Invito alla lettura: La ragazza del treno




Quando si inizia a leggere un libro può capitare alle prime pagine che vorresti abbandonarlo. Non ricordo chi tempo fa mi disse: leggi le prime 30 pagine, solo allora ti renderai conto se vale o no la pena di continuare. Di questo romanzo ho avuto questa tentazione, di tralasciarlo, perché mentre leggevo perdevo il “filo” del racconto nel collegamento temporale, narrato dai tre personaggi come in un diario. Subito però, il romanzo ha iniziato ha interessarmi, sia la trama che il profilo psicologico dei personaggi. Tre donne Rachel, Anna e Megan raccontano ognuna dal suo particolare punto di vista, la stessa storia originale, che ci accompagnerà fino al suo epilogo. Rachel e Tom sono due sposi felici. Rachel rimane incinta ma sfortunatamente non riesce a portare a termine la sua gravidanza perdendo il bimbo; sopraffatta dal dolore inizia a bere cadendo nell'alcolismo e nella disperazione. Perde il lavoro, perde se stessa e perde il marito. Tom s’innamorerà di un’altra donna, Anna, si sposeranno e avranno una figlia.
Rachel ha lasciato la sua casa e si è trasferita a Ashbury, periferia di Londra, dalla sua amica Cathy, alla quale ha nascosto di avere perso il lavoro. Ogni mattina prende il treno per raggiungere Londra girando a vuoto tutto il giorno. Il treno è sempre affollato di pendolari, ognuno coi propri pensieri, chiacchierano, chi legge il giornale, chi un libro, c’è chi ascolta musica, chi sonnecchia e chi si perde con lo sguardo nel paesaggio. Rachel, estranea a tutti, guarda dal finestrino le case che costeggiano la ferrovia, guarda in particolare la sua casa dove adesso vivono Anna e Tom con la loro bimba. In un terrazzino accanto osserva per giorni una coppia di sposi che si scambiano tenerezze, felici e innamorati, immaginando che la sua vita sarebbe potuta essere perfetta e somigliare a quella coppia.
Una mattina vede la donna sul terrazzo baciarsi con un altro uomo. Il giorno dopo sul terrazzo non c’è più la donna e dai giornali viene a conoscenza della sua scomparsa. il nome è Megan una donna attraente, una vita alle spalle travagliata, irrequieta, sempre alla ricerca di una felicità mai raggiunta. Il marito Scott è tra gli indagati. Rachel va alla polizia e racconta ciò che ha visto dal finestrino (dell'altro uomo) ma non viene creduta, ne tanto meno presa in considerazione, ritenuta poco credibile a causa del suo stato di alcolizzata. Inizia per suo conto a indagare e a scoprire la verità sconvolgente di Megan.
Un romanzo mozzafiato che si legge con la voglia di conoscere subito il finale e solo alla fine sarà chiaro ogni avvenimento. L’autrice tesse un abile labirinto dove ogni sospetto e ogni sospettato si confonde. La vita di tre donne molto diverse, vittime e protagoniste di una storia con un finale, naturalmente, inaspettato.


Lina Viola



25 giugno 2018



Puntara lu Parcazzu (foto di Filippo Arena)



SALVATORE GIORDANO, è nato a Pietraperzia, dove è vissuto fino all’età di vent’anni. Si è poi trasferito a Torino, città in cui vive, ora in pensione, dove ha esercitato la professione di maestro e successivamente quella di Dirigente Scolastico.


La “Puntara di lu Parcazzu”, roccia calcarea dalla forma caratteristica, attrazione turistica della Riserva Naturalistica dell’Imera meridionale, sorge a cinque Km ca da Pietraperzia, all’interno dell’ex feudo Minniti che, appartenuto ai Baroni Tortorici, venne  smembrato e suddiviso in tanti piccoli appezzamenti per effetto della Riforma Agraria(1950). Prima della riforma, nel periodo estivo, per molti anni della mia infanzia la Puntara fu luogo delle mie scorribande ed esplorazioni. Ricordo che al sorgere del sole la sua ombra si proiettava e copriva la casa colonica dove abitavo con la mia famiglia. Tra i suoi antri trovammo rifugio durante la seconda guerra mondiale.
La “Puntara di lu Parcazzu” compariva come  uno dei soggetti simbolici che illustravano il calendario del 2014 fatto pubblicare dal Circolo di Cultura di Pietraperzia.

All’ombra di la Puntara

Salvatore Giordano
Giganti eressero
questo tempio megalitico
all’alba dei tempi!
Monumento alla vita e alla fertilità
il nome ispirò agli antichi
la sua forma bizzarra.

Dimora prescelta di uccelli rapaci,
conigli prolificano tra gli anfratti
strisciano bisce tra le sterpaglie;
spontaneo cresce il cappero tra le pareti,
il ficodindia intorno domina incontrastato;
l’odore dell’origano si diffonde nell’aria.
Rifugio sicuro offrì agli umani
in tempi calamitosi.
All’ombra della puntara di li Minniti
ho vissuto i primi anni di vita
fin dai primi vagiti!
Allora ancora lo spirito di Cerere
aleggiava tra queste terre a lei care:
il biondo ondeggiare delle messi
il cuore riempiva di speranze,
il mandorlo fioriva
al sorriso di Kore, la fanciulla.

Tra le stoppie riarse
punto nero, bambino mi rivedo
nell’ora della canicola,
sotto il sole che abbaglia
e il frinire incessante delle cicale
monotono risuona.
Contro il cielo di cobalto
i falchi bucano l’azzurro,
lievi oscillano alla leggera brezza
e dolcemente planano
lasciandosi cullare.
Accesi da gioia selvaggia
emettono acuti stridi
e improvvisamente si tuffano
a ghermire sicuri.
Dai miei sogni mi desta il grido della vittima.

A voi ritorno luoghi mitici
della mia prima età
come alla culla che mi tenne in fasce,
come al seno di mia madre
da cui succhiai umore e nutrimento.

Custode dei sogni e delle mie fantasie
maestosa si erge la Puntara
testimone solitaria di un tempo senza storia
L’avvolge la nebbia dei ricordi.
Di fronte ammicca la barresia rocca di Petra.
                                                      



Ritorno al mio paese

Maria Giordano
Dopo parecchi lustri e qualche mese,
tornai a visitare il mio paese.
Scopo primario andare al cimitero
dove papà riposa nel suo seno.
Incrociando il suo sguardo
sentii una stretta al cuore,
un fremito m’invase 
misto ad un gran dolore.
Mi sentii d’improvviso 
la guancia accarezzare,
fui certa che papà
mi volle incoraggiare. 
Nel rivedere i nonni,
ebbi un grande sussulto,
presto di loro due
mi ricordai di tutto:
di nonno rimembrai
molte delle sue storie;
della nonna i sermoni
insieme alle leccornie.
Il giro terminai 
di amici e di parenti
e quanti ne incontrai 
di vecchi conoscenti.
Quando giunsi in paese
mi ci volli inoltrare,
una giornata intera
gli volli dedicare.
Mi colpì il gran silenzio
delle sue antiche strade,
porte sbarrate vidi
e arrugginite grate.

Passai davanti casa, 
che una volta fu mia,
anch'essa trovai chiusa,
mancava ogni allegria.
Mi accorsi di un oltraggio
che a lei fu procurato:
il bel barocco attorno
le avevano asportato;
e col prospetto improprio
che venne realizzato
è stata deturpata 
la casa e il caseggiato.
La lapide sul muro
fa a tutti ricordare
che l’eroe dei due mondi 
vi venne a soggiornare.
Rividi con piacere 
la cara vecchia scuola:
la ritrovai dimessa,
cadente, triste, sola.
Quanti ricordi in me
di lei conservo ancora!
E il cicaleccio sento, 
urla piene di gioia
della dolce stagione 
che mai mi venne a noia.
Di san Francesco il colle 
un tempo degradato 
fu motivo di gioia
vederlo trasformato:
alla Via del Dolore 
è ora dedicato, 
da Quattordici stazioni 
il percorso è segnato.

La statua del Risorto 
spicca sulla salita,
l’Opera resterà oltre la vita. 
Santa Maria Maggiore,
solenne e maestosa,
la bella Cattedrale,  
domina su ogni cosa.
L’incontro con la piazza 
fu grande delusione,
la ricordavo enorme 
con tanta confusione;
essa mi apparve invece
piccola e striminzita, 
perché anche per lei
crudele fu la vita:
la bella gioventù 
la volle abbandonare
che oltre al suo passeggio 
nulla poté più dare. 
Fu ameno dall’aereo 
contemplare il mio mare
e con un nodo in gola 
continuare a pensare. 
                                   
       

18 giugno 2018

Eccidi Borbonici a Pietraperzia e Garibaldi nella casa della famiglia Di Blasi


A Pietraperzia il pensiero conservatore, configurato nella politica borbonica e appoggiato da una parte del clero istituzionale, si oppose alla cultura liberal-massonica di tipo progressista che fu prevalente nella seconda metà dell'Ottocento fino agli inizi del Novecento e che, tendenzialmente, era legata alle vicende storiche dell'unità d'Italia, soprattutto al garibaldinismo.
La mattina del 26 maggio 1860 la guarnigione borbonica, composta di 2000 uomini e comandata dal Maresciallo Afan de Rivera, arrivò a Pietraperzia. Essa proveniva da Caltanissetta ed era diretta a Catania. Quei soldati e i loro comandanti, esasperati probabilmente dalle notizie delle sconfitte che i loro commilitoni avevano subito a causa dei volontari garibaldini, che erano sbarcati a Marsala l'11 Maggio 1860, e vedendo come un dileggio l'accoglienza gioiosa dei pietrini - che imprudentemente avevano issato il tricolore sulla torre del castello - attaccarono la folla "con diverse scariche di fucile a punte di baionette", uccidendo quattro persone e ferendone molte (1). La gente attribuì alla Madonna della Cava il miracolo che le vittime fossero state soltanto quattro. L'esperienza dolorosa e tragica causata dai soldati borbonici convinse diversi volontari pietrini, assistiti economicamente da sponsor di Pietraperzia con 38 ducati raccolti, a recarsi a Palermo per stare agli ordini di Garibaldi. In un documento riportato dalla "Rivista Storica del Risorgimento" (Torino 1934) Luigi Enrico Pennacchini ci fa sapere che dal 21 luglio al 22 agosto 1860 si riunirono a Caltanissetta 72 giovani "anticipando tutte le spese necessarie di propria tasca" per formare il battaglione "Niederhausern". Dai cognomi riferiti sembrerebbe che alcuni siano di provenienza pietrina.
Le nuove idee liberaleggianti, che circolarono con la venuta di Garibaldi in Sicilia, influenzarono l'andamento politico della nostra contrada, dove per iniziativa del liberal-massone Filippo Perdicaro, fu istituita il 9 marzo 1862 una sezione della "Società Unitaria Nazionale" di ispirazione garibaldina, divenuta poco dopo "Associazione Emancipatrice Italiana". Essa aveva due scopi: appoggiare economicamente le campagne militari dei garibaldini e inviare dei volontari per liberare i territori di Roma e Venezia che ancora non facevano parte dell'Italia. In quella prima seduta del 9 marzo i soci nominarono Giuseppe Garibaldi Presidente onorario dell'Associazione e il "patriota Francesco Crispi" socio onorario.


Il 13 luglio 1862 la "Società Unitaria Emancipatrice di Pietraperzia", su proposta del suo presidente Filippo Perdicaro, invitò Garibaldi a venire a Pietraperzia. Garibaldi accolse quell'invito, tramite una delegazione di pietrini facoltosi che andarono a trovarlo a Caltanissetta. il poeta e cultore di cose patrie, Francesco Tortorici Cremona, in un interessante articolo intitolato "Notizie Storiche di Pietraperzia", scrisse: "nello scorcio dell'estate del 1862 Giuseppe Garibaldi con i suoi volontari fra le acclamazioni entusiastiche del popolo, entrava trionfalmente in Pietraperzia, dove la famiglia Di Blasi gli offerse generosa ospitalità quale si conveniva a tanto uomo. La marea della gente, accorsa in Via S. Francesco (attuale Via Principessa Deliella) per vederlo e sentirlo parlare, obbligò il duce ad affacciarsi al balcone da cui pronunziò parole inneggianti alla libertà conquistata a prezzo di sacrifici. Terminò il suo dire col grido "O ROMA O MORTE! " e l'eco si ripercosse in migliaia di petti e migliaia di voci ripeterono le fatidiche parole."


Fu ospitato in Via San Francesco (oggi via Principessa Deliella) nella casa della famiglia Di Blasi, cioè dei suoceri di Filippo Perdicaro che aveva sposato donna Agata Di Blasi. Si ritiene che il giorno della presenza di Garibaldi a Pietraperzia sia stato l'11 agosto.
La propaganda garibaldina di volontari per la spedizione della liberazione di Roma e Venezia ebbe a Pietraperzia buon esito. Si raccolse una consistente somma con cui si equipaggiò un battaglione di 60 pietrini al comando di Michele Furitano. Essi dopo il 16 agosto si disposero a partire.

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Nell'articolo di Francesco Tortorici Cremona così si legge: "L'indomani si videro capi di famiglia prendere concedo dai figli e dalla sposa; giovani plebei e di famiglie agiate tralasciare il lavoro, gli studi, disinteressarsi della carriera, abbandonare i genitori, le amanti e tutto ciò che avevano di più caro, di più sacro, per seguire la sorte dell'Eroe." 


tratto da: PIETRAPERZIA n° 1 Anno VI Gennaio/Marzo 2009 - Sac. Filippo Marotta
(foto di Antonio Caffo)


(1)    Il Priore dei francescani di Pietraperzia, fra' Francesco Nicoletti, in data 27 e 28 maggio 1860 invia lettere di protesta e scrive che furono uccisi «fanciulli innocenti, imbelli donne, pacifici ed inermi contadini... si deplorano sinora circa trenta vittime, si son trovati dei cadaveri divorati da cani, si fa ricerca di fanciulli dispersi o uccisi nelle campagne vicine» (Lino GuarnacciaIl Castello di Pietraperzia, Tipografia Di Prima, Pietraperzia, 1985, p. 151). 

Nel registro dei morti della Matrice dell’anno 1860 le annotazioni con le vittime uccise dai soldati borbonici vanno dal n°147 al n°151 del giorno 27 maggio e riportano la dicitura “quia intefectus fuit a Militia Regis”, mentre nei registri comunali e riportato il luogo dove vennero uccise e la data della morte, che fu il 26 maggio. 
Le vittime accertate furono cinque:
Salvatore Guarnaccia di anni 64, ucciso presso la propria abitazione;
Rosario Culmone, di anni 66 , ucciso nella campagna vicino il canalicchio;
Leonardo Fiore, di anni 28, ucciso nella campagna dietro alla Santa Croce;
Luigi Miccichè, di anni 15, ucciso nella casa rurale della Santa Croce;
Vincenzo Viola, di anni 18, ucciso nella porta dell’orto dello spezio.