20 marzo 2018

Trovatelli e Ruota di Pietraperzia: Cenni storici - 1^ Parte

CENNI STORICI SULLA NASCITA DELLA RUOTA 


Si racconta che Papa Innocenzo III, in seguito alla visita di alcuni pescatori che gli avevano mostrato le loro reti, tratte dal Tevere, piene di piccoli cadaveri, decise di prendere una posizione in merito: nel 1198 istituì, per la prima volta in Italia, la così detta "Ruota". La ruota volle essere la risposta all’infanticidio dei figli indesiderati.
Consisteva in un meccanismo  di legno a forma di cilindro, ruotante su un asse verticale, diviso in due parti chiuse e munite di uno sportello; le parti combaciavano con una apertura posta sulla cinta esterna dell'istituto e permettevano di collocare il bambino abbandonato, senza essere visti. Facendo girare la Ruota, la parte che conteneva il bambino, veniva immessa all'interno dove, aperto lo sportello, si poteva prelevare il bambino; vicino alla Ruota vi era un campanello che avvisava una guardiana di turno nota come "Rotara", dell'arrivo del bambino. 


La Ruota degli Esposti dell’antico ospedale di Santo Spirito a Roma
La prima Ruota però nacque in Francia nel 1188 presso l'Ospedale dei Canonici di Marsiglia, per poi diffondersi anche in Grecia e Spagna.
A Pietraperzia, nello stesso periodo, le cose non andavano diversamente e dei neonati abbandonati e mai recuperati non c’è riscontro. Il primo trovatello battezzato di cui si ha notizia risale al 12 dicembre 1602 ma non si conosce il luogo del suo ritrovamento.
La zona indicata del primo ritrovamento,14 marzo 1607, si individua nei pressi della Chiesa San Rocco, allora fuori del centro abitato.
Nella tradizione comune, i Sacerdoti avvicinati da genitori d’un neonato per impartirgli il sacramento del battesimo, dopo avere declinato e trascritto nel registro dei battesimi le proprie generalità, chiedevano ai presenti, quelle dei genitori e il nome da dare al battezzando. Per i trovatelli si seguiva la stessa procedura e in assenza dei nomi dei genitori inventavano le formule più disparate, come quelle già riportate nei tanti altri documenti: “figlio dello Spirito Santo”; “figlio di meritrice”; “figlio di donna libera”; “figlio di genitori sconosciuti”; “trovato davanti … e seguivano le precisazioni e tante altre diciture consimili.
Il 21 marzo 1756 in uno dei tanti atti di battesimo, a cura del Sac. Don Pietro Giarrizzo e Nicoletti Cappellano Sacrale di questa Ven. Chiesa Madre S. Maria, si legge per la prima volta “ho battezzato un bambino esposto la notte scorsa nella ruota dei proietti di questa città” dicitura che non ripete, undici giorni dopo, nel successivo documento del 2 aprile 1756, redatto dallo stesso Sacerdote, ma afferma: “ho battezzato una bambina sub condizione, trovata davanti la porta della Chiesa S. Maria della Cava nelle ore mattutine, nata verosimilmente otto giorni fa”.
Il 20 marzo 1759 il Cappellano Don Giovanni Emma battezza una bambina trovata nella ruota di questo ospedale.
Il 9 aprile 1773 il Sacerdote D. Michele Gregorio, battezza un bambino trovato in questa ruota di orfanotrofio.
il 22 aprile 1780 il Sac. Don Vincenzo Vitale battezza un bambino trovato, nella ruota di questo ospedale.
4 dicembre 1782 l’Arcipresbitero Michele Ramistella battezza una bambina trovata nella ruota di questo ospedale.
Tutte le informazioni sulla nascita, o eventuale ritrovamento del neonato, arricchiti da tutti i particolari possibili, venivano forniti al Sacerdote, dalla persona, precedentemente identificata durante il rito e veniva subito annotata nel relativo libro dei battesimi.
Dai tanti riscontri finora effettuati nel 1756 non si è rilevata l’esistenza di una struttura pubblica chiamata ruota dei proietti e nemmeno nel 1759 ruota dell’ospedale.
Ruota di orfanotrofio” citata nel 1773, ruota d’ospedale del 1780 e del 1782 sarebbero state i toccasana non solo del 1773 ma di tutti gli anni a venire, purtroppo, anche di queste citate strutture non si è riscontrata traccia.
In tutto il 1700, e in particolare nella prima metà del secolo, si riscontra il maggior numero di trovatelli abbandonati, all’interno e alle periferie dell’abitato.
Sarebbe veramente strano pensare, anche se non impossibile, che genitori, in presenza di strutture pubbliche, fatte per ridimensionare il loro rimorso e soprattutto per alleviare le sofferenze dei neonati, scegliessero di abbandonarli a cielo aperto o chi sa dove.
L’abbandono a cielo aperto della propria creatura, era sicuramente frutto di sconforto, di disperazione assoluta e della mancanza di strutture ricettive idonee all'accoglienza.
Luoghi solitamente destinati ad abbandonare i figli indesiderati erano le porte delle case di famiglie benestanti o nelle vicinanze di chiese e conventi. A metà 700 almeno quattro ritrovamenti furono fatti davanti la casa di Rosaria Montalto, Forse nota come donna pia e caritatevole. Un altro luogo prescelto dalle madri disperate era la chiesa della Cava, perché lontano dall'abitato.


Giovanni Culmone




continua...

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