16 settembre 2021

LA PESTE NERA


La PESTE NERA del XIV° secolo ispirò l'affresco noto come "IL TRIONFO della MORTE", esposto alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo, uno straordinario dipinto tardogotico risalente ai primi decenni del '400.

Protagonista spaventosa del dipinto è la Morte che in groppa ad un altrettanto inquietante cavallo irrompe tra nobiluomini e nobildonne, vescovi e papi, menestrelli e popolani, portando scompiglio e morte.

La peste nera precipitò sia l'Europa che il mondo islamico in un incubo senza fine, durato quasi cento anni con ondate continue di focolai che si portarono via un numero impressionante di persone. Si stima che perse la vita più della metà della popolazione europea. La Sicilia perse il 60 per cento dei suoi abitanti passando da 850 mila a 350 mila persone. Fonti dell'epoca documentano che il morbo si presentava sottoforma di patologia polmonare, si trasmetteva con il respiro e presto portava alla morte.

Tutto cominciò nel 1347 con una nave genovese in fuga dalla città commerciale di Caffa in Crimea, assediata dalle truppe mongole che vi avevano portato il morbo (sempre dall'oriente). La nave sbarcò a Messina, insieme alle mercanzie, alcuni clandestini, i topi, annidatisi nelle balle di stoffa ammassate nella stiva, che portavano le pulci della peste.

L'umanità, nel corso dei secoli, ha molte volte vissuto l'incubo delle pandemie come quella del '300 e come questa che ci è toccato vivere nei nostri anni. Ma noi, a differenza del passato, viviamo in un'epoca di grandi conquiste della scienza che ci ha messo a disposizione vaccini in grado di fronteggiare e sconfiggere il morbo.

Armando Laurella




11 settembre 2021

ANTONIETTA, UN RACCONTO TRA MODICA E PIETRAPERZIA - 1^ parte

 


In quei lunghi pomeriggi di un settembre ancora ostinatamente caldo, trovava quiete cullandosi sulla sedia a dondolo che, amorevolmente, il marito le aveva sistemato sulla grande terrazza che dominava la piatta e ordinata campagna modicana, così diversa da quella aspra e gibbosa dei luoghi dove aveva vissuto gli anni felici dell'infanzia e dell'adolescenza.

Le procurava piacere riandare a quei giorni, la famiglia e la grande casa con gli alti magazzini al piano terreno ricolmi di grano, il suo paese nel cuore della Sicilia.

Il padre, commerciante benestante, grossista di grano e mandorle, che per lei, la piccola arrivata dopo i maschi, nutriva un’autentica predilezione che non si preoccupava di nascondere.

Don Rosario

Lei era affascinata da quel padre, austero con tutti tranne che con lei, alto, bello, autorevole, elegante, con i pollici sempre nei taschini del panciotto, don Rusà (Rosario). Lo ricorda con lo sguardo severo e vigile quando, proprio sul finire dell'estate, organizzava il lavoro dei mezzadri per la raccolta e la successiva lavorazione delle mandorle. Il lavoro che consisteva nel liberare il frutto dal guscio per ottenere la ndrita, avveniva intorno ad una lunga tavolata all'ombra del grande noce al centro del cortile nel casale di campagna. A lei che partecipava con i cuginetti, fino al calare del sole, sembrava un grande gioco. Ricordava la soddisfazione del padre nel prendersi cura della vigna e conservava nelle narici il profumo dolce del succo dell'uva appena spremuta con la pressa che aveva spedito da Roma lo zio ufficiale dell'esercito.

La mamma, discreta e frugale, che entrava in ansia quando arrivavano i telegrammi dell'agente di Catania che comunicava le oscillazioni dei valori di mercato della ndrita, le mandorle sgusciate, al punto che il marito la invitò con fermezza a non leggerli.

I fratelli che delusero le attese del padre per la precoce indisponibilità a proseguire negli studi, ma che rivelarono talenti diversi da quelli auspicati che li portarono presto lontani da casa.

Giuliano, il grande, aveva frequentato da piccolo la sartoria di un lontano parente mostrando vera passione per quell'arte al punto che il fratello del padre, l'ufficiale, lo portò con sé a Roma dove intraprese una fortunata carriera di sarto alla moda. La sua sartoria era frequentata da esponenti della buona società romana e da qualche importante gerarca dell'allora regime fascista. Tutti gli anni, al cambiare delle stagioni, arrivavano da Roma per il padre paltò e vestiti.

Il piccolo, Emilio, spirito guascone, refrattario ad ogni disciplina, si rese protagonista, insieme ad un suo compare, di scherzi feroci ai danni di malcapitati, che a quanto pare li meritavano, e che furono a lungo argomento spassoso nelle chiacchiere dei paesani. Ancora minorenne scappò da casa per andare a combattere come volontario in qualcuna delle guerre di Mussolini in Africa, lasciando nella costernazione la madre.

E poi arrivò lui, da un'altra parte della Sicilia, veniva per contrattare con il padre l'acquisto di una importante partita di grano o qualcosa del genere.

Se Rosario avesse immaginato lo scompiglio che l'arrivo di quel giovane dinoccolato modicano avrebbe prodotto nella famiglia, avrebbe evitato di invitarlo a cena e presentargli Antonietta.

Fu amore, come si dice, a prima vista e quando, dopo solo qualche settimana, il commerciante tornò per dichiarare le proprie intenzioni all'esterrefatto don Rosario, facendo seguire il consistente elenco dei beni di cui disponeva nella, poi non così lontana, Modica, l'adesione della giovanissima Antonietta fu entusiasta ed immediata.

Andò a vivere in quella casa grande e bella con quel terrazzo che si affacciava su una campagna piatta e ordinata, così diversa da quella aspra e gibbosa della sua terra natale, ma in fondo altrettanto bella.

Armando Laurella





21 luglio 2021

L'INESISTENZA DEL TEMPO di Primula Galantucci

 



Il romanzo si apre su uno scenario fiabesco che è la “Città dei balocchi”: così è denominata Como con gli addobbi del periodo natalizio.

È appunto la vigilia di Natale quando la scrittrice, in prima persona, sta girovagando tra le bancarelle godendosi la magica atmosfera delle feste.

Quasi per caso incontra Silvana, la vera protagonista del racconto, senza riconoscersi iniziano a conversare in merito ad un articolo in vendita.

Sono passati un po’ di anni dall’ultima volta che le due amiche si erano viste: il tempo ha cambiato entrambe, nella fisionomia e nel carattere, conseguenza degli eventi che sono intercorsi durante questo periodo.

La gioia di rivedersi è talmente grande che decidono di approfittare del tepore di una caffetteria nella quale si siedono per rifocillarsi dalla fredda temperatura esterna. La scrittrice è un po’ rammaricata per il fatto di non avere più ricevuto notizie da Silvana in tutto questo tempo, ma la protagonista le confida di aver dovuto lottare contro una brutta malattia, dalla quale è in seguito guarita, e che durante le varie terapie che ha dovuto sopportare, non ha avuto voglia di vedere o parlare con nessuno.

Mentre le due protagoniste si stanno raccontando delle rispettive vite Silvana manifesta la volontà di voler scrivere la propria storia e chiede alla sua amica scrittrice se è disposta a farlo.

Inizia così a narrarle, tra un thè e una cioccolata, le fasi e i passaggi più significativi di tutta la sua esistenza.

Il libro spazia attraverso diversi archi temporali e flashback alternando capitoli al presente e al passato che sono narrati direttamente dai vari personaggi protagonisti del racconto secondo il punto di vista personale di ognuno di essi.

Il tema principale è il ricordo della gioventù della protagonista: le gioie, gli amori, i dispiaceri e in particolare il rapporto conflittuale con la madre.

Nel romanzo sono trattati diversi argomenti come ad esempio: l’affetto incondizionato della nonna; l’amore e la comprensione del padre che cerca sempre di accontentarla portandola però a riflettere sulle sue decisioni; l’incompatibilità di carattere con la madre e la continua ricerca da parte della protagonista di capirne il motivo intorno al quale si articola l’intero romanzo; l’amore giovanile e acerbo e l’amore maturo che diventa passione e dipendenza; la relazione extraconiugale della madre con un altro uomo, antecedente la nascita di Silvana, vissuta in modo segreto in un’epoca generazionale nella quale tutto era proibito e le ripercussioni che derivano dal fatto di non poter coltivare questa passione; la differenza tra il lavoro artigianale del padre svolto con estremo impegno per il benessere della famiglia e il lavoro imprenditoriale del compagno di Silvana svolto con superficialità per un’impresa già avviata da amministrare ricevuta in eredità e senza aver fatto alcuna fatica; il contrabbando inteso solo come facile guadagno; la persuasione di poter soddisfare qualsiasi desiderio pagandolo profumatamente; la perversione e il tradimento atto a soddisfare le proprie fantasie sessuali; la superficialità dei sentimenti; la scoperta del tradimento da parte della protagonista e lo sconforto; l’abbandono; la morte; la malattia; la sofferenza e la terapia intesa come l’unica ancora di salvezza.

I protagonisti del romanzo presentano i loro profili psicologici parlando di se stessi, raccontandosi e soprattutto esternando i loro pensieri che si incrociano con i pensieri degli altri e quindi vengono analizzati da punti di vista differenti.

Che cosa succede a una persona alla quale è stato negato l’amore sin dal tempo dell’infanzia e la stessa, non conoscendone il significato, cerca di trovarlo nelle persone che incontra lungo il percorso della propria vita?

Probabilmente questa persona si autoconvince che anche una piccola attenzione dimostratale da qualcuno sia da intendere come manifestazione d’amore non sapendone valutare la vera essenza compiendo così degli errori enormi.

Il romanzo gravita proprio intorno alla continua ricerca dell’amore, da parte della protagonista che pur di allontanarsi da una situazione familiare poco adatta a lei si lega ad un uomo egoista e narcisista che è totalmente incapace di amare qualcuno.

I sentimenti predominanti narrati nel romanzo e quelli provati dalla protagonista stessa sono dunque l’amore, quale affetto materno negatole, e la volontà di comprenderne il vero motivo ripercorrendo ogni istante di una vita intera nella speranza di trovare una giustificazione che sia Silvana che il lettore stesso riusciranno a scoprire quasi per caso proprio nell’ultimo tentativo di ricerca con un vero colpo di scena inaspettato.

La pluralità dei personaggi e degli argomenti trattati rendono il romanzo scorrevole, accattivante e pieno di emozioni che incatenano il lettore dalla prima all’ultima pagina.

Primula Galantucci