12 marzo 2018

Invito alla lettura: L’ultimo giurato




È un romanzo di John Grisham ambientato nel Mississippi, il cosiddetto profondo sud che Grisham conosce bene per esservi nato.
A Clanton, piccola cittadina immaginaria, dove ha ambientato molti suoi romanzi c‘è una grande piazza che fa da palcoscenico ai suoi personaggi e che spesso ritroviamo in diversi romanzi.
Questa volta John Grisham ci presenta un giovane giornalista proveniente dalla vicina Memphis, Willie Traynor, che negli anni 70 acquista, per poche migliaia di dollari, un giornale fallito e ne diventa direttore, caporedattore, editorialista, corrispondente di cronache locali, giornalista sportivo e chissà con quante altre mansioni.
Era interesse dunque di Traynor scrivere tutto quanto trovava giusto e che i suoi lettori fossero informati su quanto succedeva a Clanton perché il giornale tornasse ad avere una buona tiratura.
Spesso la sua passione giornalistica lo spinge a intraprendere difficili battaglie per i diritti civili della gente di colore. Denuncia la corruzione nelle istituzioni, lotta per la integrazione scolastica dei bambini e con i suoi pezzi forti sui fatti di cronaca giudiziaria è sempre per la difesa dei deboli e contro le ingiustizie.
Rhoda Kassellaw una bella vedova, viene stuprata e accoltellata, nella sua casa, davanti ai suoi due figli da un delinquente, Danny Padgitt; appartenente a una ricca famiglia di malavitosi.




Prima di morire Rhoda riesce a trascinarsi presso la casa dei vicini, dove anche i suoi bambini, terrorizzati, si erano già rifugiati, riuscendo a rivelare il nome del suo aggressore.
Danny Padgitt viene arrestato, processato e condannato all'ergastolo. Durante il processo, prima della condanna, minaccia di morte in modo plateale tutti i membri della giuria.
Della giuria faceva parte Callie una nera colta, molto religiosa, che Traynor ha conosciuto a Clanton e con la quale ha instaurato una amicizia filiale. Traynor diventa quasi un membro della sua numerosa famiglia; Callie è madre di otto figli e tutti laureati. Una condizione insolita all’epoca per una famiglia di colore.
Callie è un personaggio singolare nel racconto di Grisham.
È cresciuta nella casa di una ricca famiglia italiana stabilitasi a Clanton anni prima e Callie era l’unica donna di colore e forse l’unica persona che parlasse correttamente in italiano in tutta la contea. Mi è piaciuto questo personaggio per come Grisham ha voluto caratterizzarlo. È un personaggio sorprendente, una donna per cultura lontana che ama la lingua italiana e l’Italia e che sogna di poterla visitare.
Dopo solo nove anni Danny Padgitt viene rilasciato in libertà vigilata e il giornalista Traynor scopre che nel Mississippi la condanna a vita può significare fare 10 anni di prigione e anche meno.
Subito iniziano ad essere uccisi due dei giurati è un terzo subisce un attentato con una bomba ad orologeria... Il colpo di scena finale lo lascio alla vostra lettura.
Il racconto mi è piaciuto, lo definisco un legal thriller atipico. Mi sono ritrovata immersa nella vita tranquilla di una cittadina di un altro Sud dove s’intrecciano molti temi, i valori della famiglia, dell’amicizia, della fede. Un romanzo coinvolgente che consiglio di leggere, senza voler trovare in questo libro di Grisham il solito giallo.

Il libro è disponibile in biblioteca, se amate certe atmosfere non vi deluderà.


Lina Viola




06 marzo 2018

Fra’ Giuseppe d’Avola un beato a Pietraperzia nel convento di Santa Maria

Chiostro di S. Maria di Gesù – Pietraperzia 

A Pietraperzia visse un frate francescano che aveva il dono della profezia e per grazia di Dio compì miracoli e prodigiose guarigioni: il beato FRA' GIUSEPPE D'AVOLA.
Le notizie che riportiamo sono ricavate dal primo tomo del LEGENDARIO FRANCESCANO, redatto dai padri Benedetto Mazzara e Pietr’Antonio di Venezia (1721).

Ad Avola, dov'era nato, la cronaca racconta che fosse un bravo sarto. Con un brutto carattere, un indole altezzosa e superba e abile spadaccino. Prima che Alessandro Manzoni ci narrasse della conversione di fra’ Cristoforo, anche il nostro fra’ Giuseppe ebbe un duello, per questioni che non si conoscono ma immaginiamo dovute al suo cattivo carattere “capriccioso, ed inclinato alla violenza”, duello nel quale rimase ferito. Alla ferita seguì una subitanea conversione. Vendette e diede in elemosina tutti i suoi averi, iniziando una vita di penitenza. Per alcuni anni visse in grotte da eremita. Fu nella città di san Filippo (Agira), dove era venuto a vivere nella stessa grotta del santo, che incontrò i riformati francescani convincendolo ad entrare nell'ordine. Peregrinò tra i conventi di Agira e Piazza Armerina e infine nel convento di Santa Maria di Gesù a Pietraperzia, dove visse fino alla sua morte.
Per dominare la sua indole violenta, si sottoponeva a durissime penitenze corporali. Infliggendosi la privazione del sonno, si coricava mettendosi sulla sponda del letto, cadendo più volte in terra. Portava sempre un cilicio sotto il saio; accettava di sottoporsi a umiliazioni di ogni tipo, sempre pronto all'ubbidienza di chiunque nel convento: “procurava di esser dispregiato da tutti, e stimato pazzo”
Svolgeva i lavori più umili e si nutriva degli scarti, facendosi chiamare frate Asino.
Dedito all'orazione e alla contemplazione estatica fino alle lacrime, passava le notti in chiesa in preghiera. Durante il giorno girava di casa in casa, anche a Barrafranca, visitando infermi e moribondi.
Tra il popolo aveva fama di santità e per le sue preghiere molti tornavano guariti alla salute. Molte guarigioni con i nomi dei miracolati sono narrate nella citata Vita dei santi, beati e venerabili dei francescani.
Morì nel convento di Santa Maria il 15 gennaio del 1647. Alla sua morte stette tre giorni alla devozione di tutto il popolo, che gli tagliuzzò l’abito per averne una reliquia e portando via dalla sua celletta tutte le sue povere cose. Ai confrati rimase solo un cappuccio, ormai andato perduto. Ancora dopo tre giorni aveva le carni morbide come quelle di un “figliolino di due anni” e “rendea un odore mirabile”. Fu sepolto “sotto la fenestra della sagrestia nella parte dell’Epistola”.
Dopo la sua morte vi furono guarigioni prodigiose di infermi che baciando le sue reliquie guarivano all'istante. Tra le guarigioni, per l'intercessione del beato fra' Giuseppe, quella di un certo Luca Valero, (forse da Assoro?) che malato fece "voto" di costruire l'attuale chiesa di Santa Maria: una notte gli comparve   fra' Giuseppe dicendogli di iniziare la costruzione se voleva guarire. Iniziò dunque la costruzione e tornò a star bene. 
Dal “leggendario francescano” veniamo così a conoscere il nome di colui che diede inizio all'edificazione della chiesa di Santa Maria.
Dopo qualche anno, per avere interrotto i lavori, Luca Valero fu colpito da un’altra infermità. Il beato fra’ Giuseppe  tornò ad apparirgli in sogno “con riprendorlo aspramente”:  la nuova apparizione  lo convinse a riprendere la costruzione e guarì una seconda volta.
A distanza di qualche tempo dalla morte ci fu una ricognizione del corpo del beato, dove ancora sentirono “grande odore e soave fragranza” che si sparse per tutta la "Terra", facendo accorrere tutta la gente, stupendo tutti per il prodigio e facendo crescere la venerazione "alla di lui santità".
Sempre dal “leggendario” apprendiamo che nel convento dei francescani di Piazza Armerina, nel chiostro, si può vedere (ancora oggi?) “la sua effige al naturale”. 
Di questo taumaturgo vissuto e venerato a Pietraperzia, Barrafranca e nei paesi dell'interno dell'isola si è persa quasi completamente la memoria. Non so se questa amnesia fu dovuta alla soppressione degli ordini religiosi dopo l’unità d’Italia e alla conseguente partenza dei francescani da Pietraperzia, oppure più semplicemente è caduto nell'oblio dei pietrini, perché il clero di allora non ne coltivò la venerazione.
Fra Dionigi, nell'opera che ci ha lasciato lo cita sempre come beato, solo una volta col titolo di venerabile in una nota a piè di pagina. Nella nota riferisce di una Vita in istampa di fra Giuseppe (pag. 267 nell'edizione trascritta da Salvatore Di Lavore), oltre alla già citata opera di padre Pier Antonio da Venezia, anche in un opera del padre Pietro Tognoletto: il “Paradiso Serafico”.
Riporto la nota a piè di pagina dell'op. cit. di fra Dionigi e l'iscrizione sulla sua sepoltura con la traduzione dal latino del sac. Filippo Marotta.  
In questo Convento nell'Anno del Signore 1647, giorno 15 di Gennaio, Fra Giuseppe d’Avola Terziario, passò da questa vita (terrena) a vita eterna. Per molti anni dedito con gioia ai servizi del Convento, si distinse per pazienza e penitenza, con disinteresse di se stesso. Il suo corpo rimase insepolto per circa quattro giorni per soddisfare la devozione delle genti, poiché persona illustre, ristorava i presenti con straordinario profumo: sepolto, per di più di nascosto in un sepolcro particolare, se e quando fosse stato gradito a Dio, si sarebbe potuto estrarre (dal sepolcro) adeguatamente; per i miracoli in vita (fu) celebre dopo la morte. Sta il di lui Corpo in questa Chiesa (la chiesa non è l’attuale Santa Maria ma una precedente dedicata a Maria SS delle Grazie e sulla quale fu edificato il convento) in cassa di legno, posto nel muro dietro l’Altare Maggiore in Cornu Epistolae (a destra guardando l'altare) dopo aversi più volte da diversi luoghi traslato, in cui si legge la seguente trascrizione:
D.O.M
(a Dio Ottimo e Massimo)

Qui pastum, vestem, Orbem, sensus, segue negavit. Quique Gelu, Aestu, Fletu, Supplicium atque Catenas-contemptusque labores, stragem corporis omnem. Continuasque praeces, soliloquia, et omnia sancta percoluit; jacet hic de Ibla Tertinus Joseph

Colui (qui sepolto) che negò a se stesso il cibo, le vesti, il proprio paese, le passioni; e colui che col gelo, col forte caldo, col pianto (portò) il supplizio e le catene, i lavori disprezzati e ogni strazio del corpo, compì continue preghiere, lunghe meditazioni e ogni azione santa; qui giace Giuseppe d'Avola, terziario)

Ora i suoi resti sono in un loculo, nella chiesa di Santa Maria, sulla parete di sinistra prima di entrare in sacrestia.








03 marzo 2018

Invito alla lettura: La collezionista di libri proibiti



Buongiorno. Oggi vi propongo un bel romanzo dell'autrice, docente e sceneggiatrice, Cinzia Giorgio, il romanzo in questione è: "La collezionista di libri proibiti".

Venezia, estate 1975. Olimpia, nata in una ricca famiglia veneziana, è una ragazza con uno spirito libero e audace. Ha solo quindici anni quando conosce casualmente Anselmo Calvani, proprietario di una storica bottega d'antiquariato. È un incontro decisivo, Anselmo intuisce l'intelligenza e la sensibilità della ragazza, e la incoraggia a seguire la sua passione.

Giovanissima ma già appassionata lettrice, Olimpia comincia a frequentare il suo negozio, a lavorarci, Anselmo gli insegna a riconoscere il valore di antichi manoscritti e libri rari, diventando una vera specialista e aiutata da Anselmo inizia a collezionare preziosi libri messi all'indice dalla Chiesa.

Mentre cresce la sua passione per quei volumi antichi, cresce anche un altro tipo di passione, quella per Davide il nipote di Anselmo, una passione segreta e non dichiarata che brucia dentro l'animo della ragazza. Una notte, durante la lettura dei versi erotici di una cortigiana veneziana del ‘500, i due cedono al loro amore.
Parigi, estate 1999. Olimpia vive ormai da anni nella capitale francese, dove è diventata una grande collezionista di libri proibiti e responsabile di una famosa casa d’aste specializzata in libri e manoscritti antichi.
Olimpia riceve da Davide un pacchetto che contiene delle lettere un tempo censurate, insieme ad un libro in passato proibito, di cui Olimpia riconosce il grande valore. Sono l'eredità di Anselmo. Quindi il suo interrogativo è quello di capire, come un modesto antiquario poteva esserne in possesso e che legame esistesse tra quelle lettere e la bottega da cui provengono.

La storia che l'autrice ci racconta in pagine colme d'amore, sentimenti e passioni ha come protagonista, prima una ragazza e poi una donna in cui immedesimarsi è inevitabile.

Inoltre è una storia piena di suspense, che ti tiene incollata alle pagine e ti trasporta in un mondo che ha l'odore della carta e la magia delle parole.

Lo stile usato è molto fluido, scorrevole e che non annoia, ma incuriosisce e alimenta il fascino di personaggi molto intriganti che si muovono in un contesto pieno di segreti e di misteri da risolvere.

La trama è molto ben costruita e con un finale inaspettato ma allo stesso tempo una lettura leggera, di intrattenimento, indicata per chi ama i libri, per chi ama passare molte ore in biblioteca.

Quindi senza nessun dubbio vi consiglio di leggerlo al più presto.

Marika Mendolia