01 ottobre 2019

Clarissa Pinkola Estés e la sua interpretazione di Barbablù di Charles Perrault




Trama Barbablù: Barbablù è un uomo ricco e crudele, che ha avuto sei mogli che sono improvvisamente scomparse. Nonostante il suo passato ombroso, riesce a sposarsi con la figlia più giovane di una dama sua vicina, anche grazie all'ostentazione delle sue grandi ricchezze. Non passa molto tempo che Barbablù annuncia alla moglie di doversi assentare per almeno sei settimane, per questioni di lavoro. Prima di partire, egli la guida attraverso l'intera villa, mettendole a disposizione ogni cosa e consegnandole il mazzo con tutte le chiavi della casa. Lei è libera di usare tutto, di aprire tutto, di andare dappertutto tranne che oltre la porta della camera segreta aperta da una particolare piccola chiave che Barbablù le mostra. (fonte Wikipedia)

Non ho mai letto la fiaba “Barbablù” di Charles Perrault ma sono rimasta affascinata dall’interpretazione che la scrittrice Clarissa Pinkola Estés dà ai suoi protagonisti. Ne parla nel libro “Donne che corrono coi lupi”.
La scrittrice vede nel personaggio di Barbablù l’uomo nero che abita la psiche di tutte le donne e nella favola l’intera rappresentazione del dramma che la donna vive.
La donna, giovane sposa, che non ha ancora imparato bene a riconoscere il predatore.
Una donna giovane che non ha ancora la chiave per capire che il suo sposo, con il “permesso” datole di poter fare quello che vuole all’interno della dimora, in realtà la sta tenendo prigioniera. Deve semplicemente attenersi ad una sola regola, non aprire una porta, così facendo limita la donna perché le impone di non dare ascolto alla sua indole che è sempre alla ricerca della verità.
“Barbablù proibisce alla giovane donna di usare quella chiave che la porterebbe alla consapevolezza” cit. Barbablù
Una donna consapevole delle sue capacità è una donna capace di superare qualsiasi avversità.
La consapevolezza che permette di scoprire «quello che sta sotto» che vuol essere tenuto nascosto.
E una volta aperta quella porta e svelato il mistero, la donna deve affrontare l’uomo nero che abita nel suo inconscio. Una volta affrontato e sprigionata dalla sua presenza avrà finalmente conosciuto la sua natura combattiva che dà alle donne la consapevolezza di possedere un’energia tremenda.




Ilaria Matà




21 settembre 2019

MERAVIGLIE alla scoperta della penisola dei tesori di ALBERTO ANGELA


Un articolo di Emiliano Spampinato


Dalla maestosità delle Dolomiti alla scabra magia dei Sassi di Matera, dalle immense pietre dei nuraghi sardi alla Valle dei Templi siciliana, dalla rappresentazione ricca di simboli del Cenacolo di Leonardo, a Milano, alla Reggia di Caserta, in Italia le meraviglie sono ovunque. Non mancano le città d'arte, ma neppure gli splendidi scenari naturali. Ci sono alcune delle destinazioni più famose al mondo, come Firenze, Venezia o le Cinque Terre; e poi ci sono le perle nascoste, autentiche bellezze poco frequentate dai turisti, come il Pozzo di San Patrizio a Orvieto, il Labirinto di Fantanellato, la Laguna veneta o il Lago di Fusaro.
Luoghi che raccontano di un passato glorioso e di uomini e donne che hanno fatto la Storia. Se ci soffermiamo a riflettere, scopriremo che non esiste un secolo in cui in Italia non sia stato creato qualcosa di incredibilmente prezioso.
A essere dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità sono stati finora ben cinquantacinque siti in Italia, tantissimi considerate le dimensioni del nostro territorio, una densità che non ha eguali in nessun altro Paese del mondo.
Questi siti esprimono la nostra storia comune, la diversità delle culture, la relazione fra l’uomo e l’ambiente naturale. Rappresentano l’anima e la memoria delle popolazioni e dei territori che le esprimono.
Affermano il valore universale della bellezza e della curiosità, che è la nostra grande ricchezza.
Il nuovo libro di Alberto Angela: "MERAVIGLIE alla scoperta della penisola dei tesori" è il frutto diretto del programma tv e racchiude tutto il bagaglio d’informazioni, esperienze, racconti e curiosità raccolte durante le riprese e la preparazione della serie televisiva "Meraviglie". Si basa sul lavoro corale che ha impegnato per tanti mesi tante straordinarie professionalità nella produzione del programma e nella sua post-produzione.
Un lungo viaggio attraverso l'Italia con la troupe della Rai che ha percorso oltre 10mila chilometri da Nord a Sud. Dai tesori sommersi nel mare di Baia ai mosaici bizantini di Ravenna (170mila abitanti, otto siti), dalla corte di Federico da Montefeltro agli splendori dei Gonzaga, dal barocco di Lecce a quello dei luoghi di Montalbano, in Val di Noto. E poi Roma con i segreti di piazza Navona fino alle glorie del Teatro San Carlo a Napoli.
Ogni monumento viene premiato perché è frutto di una tradizione locale - dice Alberto - ovunque ci sono capolavori, noi stessi abbiamo avuto difficoltà a sceglierli, abbiamo spaziato dal Nord ai paesaggi di Montalbano. Quando ci si trova di fronte a un capolavoro, si resta a bocca aperta, ma noi abbiamo a disposizione una serie di capolavori, la cultura diventa una sinfonia. Credo che questo programma, più che darci l'orgoglio di essere italiani, ci dia un'identità, ci racconta quali sono le nostre radici, ma soprattutto ci spinge a pensare di dover difendere quello che abbiamo. Angela non si ferma: scala il Monte Bianco e va alla scoperta delle Grotte di Frasassi, una meraviglia naturale. "È la mia regola, esplorare i luoghi - racconta - muovendomi sempre, perché il pubblico non si annoi. Dalla Sardegna ad Amalfi, poi Parma, Ragusa, Mantova, Urbino. Ogni pietra racconta una storia, penso che la cosa più bella del mondo sia viaggiare e non smettere di essere curiosi".
Lui, che da ragazzino ascoltava i racconti del padre come se fosse il suo Salgari, oggi ha messo la curiosità al servizio della divulgazione.
Ho viaggiato in tutto il mondo- spiega Alberto - e proprio per questo dico che l'Italia è un Paese tutto da scoprire. Spesso andiamo all'estero a cercare la bellezza e non sappiamo di averla a portata di mano. Val di Noto col suo barocco color miele mi ha colpito, mi ha emozionato la Sardegna, il museo di Cagliari è tutto da scoprire”.
Sul libro si trovano le foto e le descrizioni dei siti che sono stati esplorati, spesso considerati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, arricchiti da curiosità, spigolature e contenuti inediti.
Si avrà anche la possibilità, grazie al QR Code, di vedere sul nostro cellulare le immagini relative ai siti in questione e rendere in questo modo il libro e il racconto più coinvolgenti.
L’autore ha pensato di non mettere i siti in ordine geografico, come tante bandierine su una cartina, ma ha ritenuto fosse più importante metterli in ordine cronologico, partendo dalle civiltà più antiche della nostra penisola fino ad arrivare ai nostri giorni. Emerge così l'incredibile bagliore storico e culturale del nostro passato. È un valore unico su tutto il pianeta che deve servirci anche da guida per il futuro. Non sono parole di circostanza. Se vi chiedete come mai l'Italia sia l'unica nazione ad avere una televisione pubblica che mette un programma culturale sulla sua rete ammiraglia il sabato in prima serata, la risposta la troverete (anche) guardando al nostro passato e al "paesaggio" culturale che ci circonda fin dalla nascita.
Nato a Parigi nel 1962 e figlio del noto divulgatore scientifico Piero Angela e di Margherita Pastore in Angela, Alberto accompagnò spesso il padre nei suoi viaggi sin da bambino. Dopo essersi diplomato in Francia, s’iscrisse al corso di Scienze Naturali all'università La Sapienza di Roma, laureandosi infine con 110 e lode e un premio per la tesi, poi pubblicata. Continuò gli studi frequentando diversi corsi di specializzazione in università degli Stati Uniti d'America (Harvard, Columbia University, UCLA), approfondendo la paleontologia e la paleoantropologia.
È sposato con Monica Angela e ha tre figli: Riccardo (1998), Edoardo (1999) e Alessandro (2004). Parla correntemente, inglese, francese e swahili.
Alla propria attività di studioso ha fatto seguito la professione per la quale è più noto, quella di divulgatore scientifico, in particolare attraverso la televisione.
Ha realizzato in questo settore riprese e servizi in tutti i continenti, su siti archeologici e paleontologici, centri di ricerca, santuari naturalistici e anche su etnie e culture in via di estinzione. Di recente ha ricevuto la laurea Honoris Causa in Filosofia, conferitagli dall’Università del Piemonte Orientale che fa seguito a quella in Archeologia e in Comunicazione del patrimonio culturale .
Fra i suoi libri, tutti best seller tradotti in molte lingue: Una giornata nell’antica Roma, Impero, Amore e sesso nell’antica Roma, Viaggio nella Cappella Sistina, I Bronzi di Riace, I tre giorni di Pompei, San Pietro.
Acquistando questo libro si contribuisce, inoltre, al restauro di un’opera, una vera meraviglia, che è stata salvata dal terremoto del 2016 a Castelluccio di Norcia: la Madonna Adorante, risalente alla fine del Quattrocento.
È un modo anche per non dimenticare la distruzione e le sofferenze di quella tragedia.
Leggendolo e ammirando le innumerevoli immagini delle meraviglie del nostro Paese, sentirete chiaramente un potente messaggio: il nostro patrimonio è la nostra identità.

Emiliano Spampinato




16 giugno 2019

Le Ultime Parole: Un Racconto di Paolo Cortesi


per gentile concessione di Paolo Cortesi
http://www.paolo-cortesi.com/racconti.html


Io apro la porta dell'ingresso principale dell'Hotel Majestic Royal Splendid.
In effetti, è una grande porta girevole con uno spesso vetro color brandy e tanto ottone smerigliato ai bordi; io sono lì a fianco, a destra, di questa grandiosa porta girevole luccicante; vesto una giacca bianca che sembra quella d'un capitano di marina, ma si vede subito, dall'insieme del mio abbigliamento e altro ancora, che sono un servitore: ho i guanti bianchi, i calzoni neri con un filo d'oro, un berretto a visiera dura lucida.
Sto con le mani unite, una sull'altra, posate proprio sul pube; così resto per i minuti in cui non entra nessuno e la porta compie un lentissimo giro, residuo del moto precedente.
Quando arrivano i signori, io allungo un braccio, tocco appena la porta: la rallento se il signore ha spinto troppo forte, la forzo un po' se il signore non ha spinto abbastanza.
C'è gente che dà dei colpi, preme come se dovesse abbattere un ostacolo. Altri - donne, per lo più - sembra che abbiano paura del gran vetro rotante e lo sfiorano mentre fanno un sorriso timoroso, per far vedere che se sbagliano non è colpa loro.
Appena il signore ha superato il cilindro brillante, non mi guarda più. Prima, mentre doveva vedersela con quella meravigliosa baracca dorata, aveva un po' bisogno di me, o almeno doveva riconoscere che io, se non altro per il lavoro che facevo, sull'aggeggio ne sapevo più di lui.
Così, il tipo magari mi guardava per un attimo, magari sorrideva un poco, come per dire: "siamo accomunati da quest'affare della porta rotante". Ma poi si vedeva anche sulla faccia questo pensiero: "tu sei pagato per aiutarmi con quest'aggeggio".
(Perché, son convinto, una porta rotante non è una porta qualunque, anzi non è una porta vera. La porta, da che mondo è mondo, è una tavola rettangolare che chiude o apre il varco. Ma una porta girevole non esiste in natura; mentre in natura esiste il pietrone che ostruisce la bocca della caverna, e questa è una porta a tutti gli effetti. Dunque, una porta girevole dà sempre un pochino di imbarazzo; ed è per questo che hanno inventato il mio lavoro: quello che aiuta ad usare la porta girevole. E' anche per questo che i ricchi che entrano per la gran porta girevole dell'Hotel Majestic Royal Splendid si aspettano che ci sia lì accanto uno come me che li aiuta, che sorveglia che il loro ingresso sia sciolto, disinvolto, elegante perché chi è ricco non sarà mai più goffo).
Dunque, io regolo la rotazione della porta; e non pensate che dia troppa importanza al mio ruolo perché è quello che faccio io: le porte girevoli sono davvero qualcosa di strano e complicato e ci si può chiedere perché siano il simbolo degli alberghi costosi e preziosi, dato che non sono porte facili.
Credo però che sia anche per questo che la porta girevole è dei grandiosi alberghi padronali: perché è un apparato non facile, ed io so - per anni di esperienza - che ai ricchi piace quello che sanno appare agli altri poco facile.
Un giorno pioveva. Era un temporale grandissimo, che non solo riempiva e scompigliava tutto il cielo, ma arrivava giù fino a terra, fino alla strada che era diventata un fiume nero scintillante, con i tombini che ribollivano della pioggia schiumosa tanto che pareva la risputassero fuori, gorgogliando e spruzzando.
Il traffico si era rallentato; i passanti cercavano riparo sotto tettoie e negli androni dei palazzi, e molti guardavano al cielo, per calcolare quando quel turbinio sarebbe finito, e anche per vedere da quale tempesta si stavano sottraendo in quel rifugio diviso con altri, che stavano zitti, o parlavano sottovoce dell'acqua furibonda.
Io, dentro all'hotel, guardavo il marciapiedi deserto. 
Nella furia dell'acqua, arriva alla porta dell'hotel una donna magra, ricca. La magrezza delle ricche è diversa da quella delle povere: per le ricche, la magrezza è un lusso che pagano. Per le povere, la magrezza è una malattia. Nelle donne ricche, la magrezza ha un aspetto artificiale; si vede bene che loro non sarebbero mai così se non fossero ricche.
E' una magrezza falsa e faticosa.
La donna arriva trafelata alla porta; gocciola. Non ha ombrello ed è inzuppata di pioggia. La riconosco; è una donna che tenta caparbiamente di essere creduta meno vecchia di quanto sia; che vive per combattere contro l'età, che con creme e operazioni di chirurgia estetica ha trasformato il suo corpo di vecchia in un corpo finto, in cui ogni parte - dal dito alla gamba, ai piedi - mostra senza pudore che non è come dovrebbe essere secondo natura.
Conosco la donna ricca: è la moglie di un uomo ricco, che ha lunghissime basette bianche, una pancia sferica e le labbra nere.
La donna arriva alla gran lastra di cristallo; spinge e non avanza. La porta non gira.
La donna guarda la porta con stupore, e subito dopo con stizza.
Spinge ancora, ma ha pochissima forza e poi tiene tra le braccia due scatole e dalla mano sinistra penzola una sporta di cartone, di quelle che danno nei negozi per ricchi, e contengono oggetti costosi, come maglioni di cachemire.
La donna spinge; la pioggia la batte sulla schiena, sulle spalle, le schiaccia i capelli sulla testa e sulla fronte.
Ora la donna dà dei pugni, ma sono i pugnettini delle donne arrabbiate e non fanno niente; fanno solo male alle donne che così diventano ancora più isteriche.
-Ma mi apri o no?!- urla la donna guardandomi con odio.
Io avevo già mosso un braccio verso la porta.
Dico:
-Certo, signora!-
ma la porta è bloccata; qualcosa si è incastrato sotto una lastra; guardo bene: vedo che un grosso lembo della moquette si è alzato e si è ficcato sotto l'anta girevole, bloccandola.
-Signora- dico - non spinga...-
La donna non mi lascia proseguire:
-Eh che cazzo! Che cazzo dici!? devo stare qui a infradiciarmi per te, stronzo!?-
Dà calci alla porta, che vibra un po' ma resta sempre ben chiusa.
-Apri! Apri! Apri!- strilla la donna.
-Sì, signora. Ma se lei spinge, non posso aprire. Vada un po' indietro:- e indico per terra, per farle capire cos'è che ferma la porta girevole.
-Che indietro!? che indietro, stronzo!? mi bagno tutta! non vedi come piove, cretino!?-
Mi inginocchio; cerco di rimuovere il pezzo di moquette che immobilizza la porta, ma la donna di là spinge come impazzita.
-Signora, guardi.- dico - C'è un pezzo di moquette che sta...-
-Pezzo di merda!- urla quella, e ha la faccia prosciugata e deformata da tese pieghe aride, sembra una mummia polverosa, la bocca aperta -Pezzo di merda, mi fai entrare sì o no?-
Qualche passante, nonostante la burrasca, sta a guardare e non capisce.
Allora provo a liberare la porta anche con la donna che continua a spingere. Afferro il pezzo di moquette come meglio posso, fra pollice e indice delle due mani, tiro fino a farmi male.
-Porco! Stronzo bastardo! Mi prendo una polmonite per colpa tua!- urla la donna, ormai ha la voce roca per la rabbia e per il troppo gridare.
Le sono cadute le scatole in terra, la borsa prestigiosa è a mollo in un rigagnolo. Tutta la roba dentro è diventata nera.
-Apri! Direttore! Ma non c'è il direttore!? Non c'è nessuno che cacci questo porco bastardo a calci in culo!?-
Urla pazzamente; pare non possa fare altro per tutta la vita che le resta da vivere. Sulla faccia si schiacciano i capelli bagnati: lucidi e molli sembrano sanguisughe.
-Signora, la prego- dico in un estremo tentativo - mi ascolti, se lei lascia la porta io posso sbloccarla...-
-Vaffanculo!-
-Signora, mi ascolti: non è colpa mia se non può entrare. Vede, c'è un pezzo della moquette che impedisce alla porta di girare...-
-Stronzo! Chiamami il direttore! Subito! Subito! Chiamami il direttore!- grida, e la pioggia fredda sulla faccia la eccita, la aizza; non ascolta, non ragiona.
-Ma signora...-
-Porco! Bestia! Chiamami il direttore! Subito! Ti faccio licenziare com'è vero iddio!- ora più che gridare, la donna rantola. Ha la voce arrochita, la gola brucia.
-Signora, mi sente?-
La donna è esausta, stringe la porta girevole come se mollare la presa le sarebbe causa di morte. Ansima. Per un po' tiene gli occhi chiusi. Si asciuga il naso che gocciola pioggia con il dorso della mano destra. Poi pare mettersi a piangere; vedo per un istante la smorfia che precede le lacrime. Poi le labbra si stringono; la donna dà ancora una spallata alla porta, e dice con voce rotta, faticosamente:
-Vaffanculo.- come fossero le sue ultime parole terrene; il suo lascito.