16 aprile 2018

Le Rime - note dell’autore Giuseppe Mistretta




L’antologia le Rime, rappresenta la mia prima pubblicazione, il mio umile ingresso entro il vastissimo e variegato mondo della letteratura contemporanea.
La silloge composta da sessanta liriche è il frutto d’un lavoro creato nel tempo, considerato che le poesie sono state scritte in momenti e luoghi diversi, alcune a distanza di anni.
Il mondo della poesia è qualcosa di etereo forse solo un sentire, nel mio caso direi che s’è trattato d’un divenire, un’esigenza, certamente un dono. Il mio essere mi ha portato ad interessarmi di tutto, l’attività indagatoria artistica è partita molto presto con la musica alla quale si aggiunta la pittura e poco più tardi la scrittura.
Un paesaggio primaverile è di per sé poesia, esso può essere incastonato entro i versi oppure nella tela, in una musica o in tutte e tre le cose.
Ho fatto questo esempio perché alla “consociazione” delle arti io credo molto, così in molti casi le mie rime sono state ispirate dalla musica romantica ottocentesca, Chopin in primis, in esse le avvolgevo per farle brillare d’oro romantico.
Non fronzoli, cicisbei e maschere pirandelliane, ma ho cantato degli Ultimi, della nebbia e delle stagioni, della storia di alcuni luoghi a me molto cari, dei sensi umani, dell’amore e la fiducia verso l’umanità per i giorni a venire.
In ultimo, mi preme evidenziare quanto per me sia stato difficile impormi con il mio modo di scrivere, ciò nonostante, non ho mai mollato né creduto di dover rinunciare alla mia originalità. Sì facendo testardo come sono, ho pubblicato due libri e sono in procinto d’annunciare il terzo che dovrebbe uscire tra qualche settimana. La deriva decadentista moderna non mi entusiasma, anzi mi preoccupa molto, per quanto riconosca la validità del verso libero, preferisco scrivere cercando di non cancellare mai la radice classica e la parola aulica che in me nasce spontanea.
Io costruisco “bolle poetiche”, come un Imago, un Cantastorie romantico, per pochi istanti servendomi dell’etere della musica eccelsa, trasporto le genti in giro nel tempo sino a far apparire loro le immagini che voglio.
La poesia è pura filosofia, la scienza che abbraccia la fede, le razze che si stringono la mano, ogni cosa persino un sasso, attraverso la poesia può prendere vita, questo il poeta lo sa bene, egli avverte la responsabilità del suo dono, la parola poetica così sarà asservita al messaggio della fede, della speranza, alla divulgazione della conoscenza pura e mai edulcorata.

Giuseppe Mistretta





12 aprile 2018

Invito alla lettura: La convocazione



Ray Atlee docente di legge all'università della Virginia riceve, insieme al fratello, una lettera dal padre il giudice Reuben V. Atlee malato terminale, che vive in una villa malandata di Mapler Run nel Mississippi.
Nella lettera il giudice richiedeva la presenza dei due figli, Forrest ritenuto la pecora nera della famiglia e Ray, per discutere l'amministrazione dei beni di famiglia. In realtà il giudice possedeva solo la villa che per il suo decadimento valeva poco e sul conto in banca 6000 dollari.
Ray arriva per primo all'appuntamento e trova il padre morto con accanto una scorta di morfina e ben in vista un foglio con scritte le ultime volontà.

Nell'attesa dell'arrivo del fratello si mette a rovistare tra i documenti e negli armadi. Con grande stupore trova una pila di scatole piene di banconote: tre milioni e mezzo di dollari. La morte del padre e lo shock per il ritrovamento del denaro lo scuotono profondamente. La prima sua preoccupazione è quella di nascondere il denaro e tenere il segreto per preservare il fratello, un tossicomane, avrebbe speso tutto per acquistare droga.
Ray è perplesso, si pone una serie di domande sulla provenienza del denaro. Il dubbio che il giudice possa essere stato un corrotto lo tormenta, ma Ruben Atlee è stato nella sua vita un uomo onesto, duro con gli altri, duro con i figli, duro con se stesso ma integerrimo. Un uomo anche generoso disponibile ad aiutare i più deboli. Decide di indagare, di capire la provenienza di tutti quei soldi, di sapere se sono banconote false. Qualcun altro però è a conoscenza del malloppo trovato nelle scatole dentro l’armadio, qualcuno inizia a perseguitarlo, cerca d’incutergli paura. I giorni successivi vive come una preda braccata, capendo che quei soldi potrebbero ucciderlo, si troverà ad affrontare e subire una vita d’intrighi che lo porteranno a scoprire la provenienza del denaro e chi lo terrorizza, naturalmente il racconto si conclude con l’immancabile “colpo di scena” finale.
Una storia familiare, le vicissitudini di due fratelli, uno professore l’altro un balordo tossicomane e un padre non amato che li “convoca” per le sue ultime volontà. Certo non un romanzo irresistibile ma sicuramente, come tutti i thriller” di Grisham, una lettura piacevole, un racconto pieno di suspense che tiene inchiodati alla lettura per sapere come si conclude. Un libro che consiglio di leggere anche per le atmosfere che Grisham riesce a creare.

Lina Viola


Il libro è disponibile in biblioteca.





09 aprile 2018

Trovatelli e Ruota di Pietraperzia: "Rotare" di Pietraperzia - 3^ Parte



Gioacchino Toma – La guardia alla ruota dei trovatelli

Ruota dei trovatelli e "Rotare" di Pietraperzia


La "ruota" rimane l'istituzione più conosciuta per accogliere trovatelli. Ogni paese della Sicilia, dopo il Decreto del 30 aprile 1810 si dotò della struttura con la sua "pia ricevitrice" o “Rotara”, così chiamata la donna deputata a accogliere i proietti.
La "pia ricevitrice" poteva essere scelta tra religiose predisposte all’accoglienza con spiccata tendenza a svolgere il ruolo materno difficile ed impegnativo nei primi giorni di vita di una creatura abbandonata. A Pietraperzia si preferì affidare tale oneroso incarico a donne, già mamme, molto esperte ed affidabili. La donna che avrebbe dovuto ricoprire l’incarico era passata al vaglio di una commissione comunale formata da laici, religiosi e noti studiosi.

“Niuna donna sarà ammessa a quest'ufficio, se non avrà contestato di esser morto il suo figlio, o di averlo slattato, per prevenir le frodi che si van commettendo da talune non buone madri, le quali espongono fittiziamente i propri figli, ond'esserne incaricate della nutrizione con una mercede”

La Rotara o pia ricevitrice, a pieno titolo dipendente comunale, per contratto doveva dormire accanto al vano della ruota, per udire tempestivamente il vagito del bimbo che doveva accogliere per offrirgli le prime cure. All’occorrenza chiamava la balia, che teneva a disposizione, e lo faceva allattare. Appena possibile si recava in chiesa per il battesimo e autonomamente dava un nome e un cognome al bimbo.

A Pietraperzia il 22 maggio 1815, per la prima volta, si riscontra il nome della Rotara in occasione del battesimo somministrato al trovatello Calogero Vincenzo. A quella data Lorenza Puzzo aveva già compiuto 58 anni. Il sacramento fu celebrato da Don Vincenzo Toscano, Cappellano Sacramentale della Ven. Chiesa Madre. In quella circostanza, in assenza di altre persone, la stessa s’era prestata a fare da Madrina al piccolo.
Lorenza si era unita in matrimonio a Epifanio Puzzo il 15 Febbraio 1774, abitante in via Caterva n. 62, numero civico oggi non più verificabile per la nuova vigente toponomastica.
Era nata il 9 Agosto 1756 da Andrea e Filippa Bevilacqua con i nomi Francesca Paola Lorenza e concluse la sua vita terrena a 71 anni il 21 Aprile 1828 dopo avere dato alla luce e cresciuto otto figli tra cui Filippa che avrebbe “ereditato” lo stesso incarico della madre.
Il nome di Lorenza Puzzo si riscontrerà tante altre volte, fino al 20 settembre 1827 quando apparve per l’ultima volta per denunziare all’ufficio anagrafe il ritrovamento dell’ennesimo orfanello.

Filippa Arcadipane, figlia di Lorenza ed Epifanio Puzzo, nata il primo Aprile del 1785, il dieci Febbraio 1808 sposò Liborio Arcadipane ed il 15 agosto del 1828 venne selezionata a succedere alla madre. A quella data aveva già compiuto 43 anni ed era mamma di 3 figli di cui la più piccola aveva 5 anni.

Maria Cancemi, nacque l’11 Ottobre 1818 da Giuseppe e Giordano Maria, genitori nisseni, si riscontra la prima volta nel registro dei battezzati del 15 Marzo 1865. Di seguito a riscontro si riporta il particolare:
“15 Marzo 1865 io Sacerdote Pietro Nicoletti, Cappellano Sacramentale, ho battezzato un bambino, trovato oggi nella ruota di questo ospedale, a cui è stato imposto nome Giuseppe Jummo. Madrina fu Maria Cancemi, la stessa Rotaria”.

Antonnina Comunale, figlia di Gaetano e Giuseppa Madonia, nacque il 3 Dicembre del 1817, seconda di quattro figli, morì a 85 anni. il 9 Dicembre del 1902, dopo vere lavorato ininterrottamente alle dipendenze del comune fino alla vigilia della sua dipartita. Ebbe 3 figli tra cui Rosaria.

Rosaria Comunale, nacque il primo Luglio del 1844 da Antonina Comunale e da padre ignoto, sposò il 3 Novembre 1876 Filippo Russano ed ebbe due figli Giovanna e Filippo. Morì il 19 marzo 1925.

Giovanna Russano nacque il 22 Ottobre 1877, alla morte della mamma aveva già compito 48 anni e ritenuta idonea venne subito assunta dal comune con la qualifica di Rotara, restò in servizio fino alla soppressione dell’istituzione.

La ruota fu abolita nel 1923 e sostituita con il regolamento generale per il servizio di assistenza agli esposti del primo Governo Mussolini.
A Pietraperzia la Ruota, ubicata in Discesa Carmine, accanto all’ex ospedale Rosina Di Natale, continuò a funzionare anche dopo il 1931.

Giovanni Culmone




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